3 gennaio 1925-2025: il revisionismo sul delitto Matteotti

Chi ha il calendario predappiese del Duce o legge “Repubblica” sarà sicuramente informato sulla ricorrenza odierna: sono cent’anni dallo “storico” discorso con cui Benito Mussolini si assunse la responsabilità della “vicenda Matteotti”, che per la vulgata segna il consolidamento definitivo del regime ma al contempo rappresenta la prima dimostrazione di fragilità assoluta dello stesso. In particolare è questo passaggio ad esser diventato un feticcio ideologico dell’antifascismo:

«Io dichiaro qui al cospetto di questa assemblea ed al cospetto di tutto il popolo italiano che assumo, io solo, la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda! Se il Fascismo non è stato che olio di ricino e manganello e non invece una superba passione della migliore gioventù italiana, a me la colpa! Se il Fascismo è stato un’associazione a delinquere, se tutte le violenze sono state il risultato di un determinato clima storico, politico, morale, a me la responsabilità di questo, perché questo clima storico, politico e morale io l’ho creato con una propaganda che va dall’intervento fino ad oggi».

È banale rifarsi alla retorica del “Paese normale”, ma se davvero vivessimo in una democrazia o una repubblica degna di questo nome (e non addito nessun esempio europeo od “occidentale”, perché l’anormalità è ben diffusa), dopo un secolo si potrebbe finalmente godere di un Matteotti senza aureola, come fa il titolo di quel doppio volume che segna l’apice del revisionismo sull’affaire riguardante il segretario del Partito Socialista Unitario.

A siglare l’opera il professor Enrico Tiozzo dell’Università di Göteborg (probabilmente è “emigrato” in Svezia per poter lavorare a livello accademico?), che tra il 2015 e il 2016 dovette affidare la sua monumentale ricerca a due editori diversi, prima Aracne e poi Bastogi (singolare anche il fatto che questa casa editrice con simpatie filomassoniche si sia presa l’onere di stampare la ricerca di Tiozzo che pure non risparmia accuse -tutte documentatissime- alla Fratellanza). Non è un caso, peraltro, che allo stato attuale sia disponibile solo il primo volume di Matteotti senza aureola (mentre il secondo, dedicato proprio al delitto, in un breve lasso di tempo sia andato fuori catalogo).

Prima di arrivare a Tiozzo, bisogna tuttavia ricordare anche il notevole saggio Il golpe inglese di Giovanni Fasanella e Mario J. Cereghino, che seppur in maniera controversa, evidenzia perlomeno le anomalie riguardanti il caso accennando allo stesso discorso del Duce, che come può comprendere chiunque non sia analfabeta (funzionale o meno) si assume pubblicamente la “responsabilità politica, morale e storica” del clima che ha portato al delitto Matteotti, ma non quella diretta dell’omicidio.

La lettura di Fasanella e Cereghino si articola in vari punti: il settore petrolifero (Matteotti aveva documenti che rivelavano tangenti legate a un accordo tra il governo italiano e l’americana Sinclair Oil, che minacciavano gli interessi della Anglo-Persian Oil Company), l’influenza britannica (secondo i famigerati documenti di Kew Gardens, Churchill avrebbe ordinato di insabbiare il caso per evitare che emergessero relazioni compromettenti) e le origini politiche di Mussolini (che almeno nei primi anni della sua ascesa sarebbe stata una “creatura” dei servizi segreti inglesi).

I due Autori si concentrano sulla figura del capo di sequestratori del leader socialista, Amerigo Dumini, nato negli Stati Uniti da una madre di origini inglesi, che aveva stretti legami con Londra e venne graziato dai suoi presunti “mandanti” nel 1941 in Libia, quando lo catturarono ma poi lo fecero fuggire previa falsa fucilazione. Un personaggio estremamente ambiguo che tramite “memoriali” riuscì a ricattare Mussolini lungo tutto l’arco della sua esistenza senza farsi “suicidare”.

Lo stesso professor Tiozzo ha dedicato una monografia al Dumini letterato, che purtroppo non ho ancora avuto modo di leggere (sicuramente dovrei farlo, ma per l’argomento che sto trattando il volume ha meno attinenza col delitto Matteotti che non con il giornalismo d’opinione del Novecento). Ad ogni modo, Tiozzo non prende granché in considerazione la “pista inglese”, riducendola tra le righe alla tendenza della storiografia antifascista alle narrazioni “demonizzanti” volte a perpetuare un clima di divisione politica e culturale in Italia, impedendo una memoria storica condivisa (Mussolini diavolo “minore” servo degli inglesi) e infine derubricandola a ricostruzione “solleticante e fantasiosa”, seppur concentrandosi non su Cereghino e Fasanella (che ho citato soprattutto per la popolarità) ma sul “movente affaristico” adombrato già a metà anni ’90 del secolo scorso da studiosi come Mauro Canali.

L’Autore di Matteotti senza aureola, d’altro canto, non indulge nemmeno a “complottismi” vari e si limita a citare fonti trascurate, a partire dalle reazione dei capibastone socialisti dell’epoca, che “cantarono vittoria” per un cadavere eccellente con cui recuperare il consenso, e operarono attivamente per la “metamorfosi” del loro compagno da “parlamentare di medio valore, petulante provocatore abituato agli insuccessi” ad autorità civile e morale indiscussa del popolo italiano (non sfugga che per tali atteggiamenti Turati lo definiva in privato “il nostro monello” e lo considerava nel migliore dei casi un utile mestatore per creare caos).

Per sintetizzare all’estremo le oltre mille pagine del lavoro di Tiozzo, che non sono state prese in considerazione dagli accademici e nemmeno dai grandi giornali (ricordo una ridicola stroncatura di poche righe sul “Corriere della Sera” da parte di Antonio Carioti), l’assassinio fisico di Matteotti avrebbe dovuto propiziare l’assassinio politico di Mussolini, non solo tramite una alacre e ormai secolare attività propagandistica, ma anche sul breve termine, con l’attivismo della magistratura dell’epoca, che rappresentata dal campione dell’antifascismo Mauro Del Giudice, cercò di trasformare un omicidio preterintenzionale (secondo il quadro accusatorio) in “premeditato” e attribuirlo direttamente a Mussolini.

Infatti, il sequestro si svolse alla luce del sole in un pomeriggio di giugno (numerosi i testimoni oculari) e dal processo emerse che addirittura Matteotti sapeva che lo avrebbero prelevato (gli era già successo nel 1921) e che gli avrebbero fatto bere dell’olio di ricino, come emerge negli interrogatori del giudice alla moglie, e nelle apparizioni nelle testimonianze dell’austriaco Otto Thierschädl, un uomo di Dumini che faceva il doppio gioco e avrebbe messo al corrente il deputato della pianificazione del suo rapimento.

A quanto pare Matteotti, di salute comunque cagionevole, fu ucciso da un colpo fatale al torace sferrato da uno degli uomini dalla squadretta (più che squadraccia) di fascisti marginali che dovevano rapirlo e che non si sarebbe aspettata un esito del genere, tanto che si ritrovò immediatamente in difficoltà nell’individuare un luogo dove sbarazzarsi del cadavere.

Una delle parti più interessanti della analisi di Tiozzo riguarda gli approfondimenti sulle affiliazioni massoniche dei componenti del manipolo di improvvisati assassini, che a suo parere era sintomo di una lotta intestina al regime, la quale condusse a un pressocché subitaneo inasprimento dei divieti contro le logge. Anche per questo risvolto, la prospettiva più rosea fa sospettare che forse nel 2125 sarà possibile giungere a una ricostruzione minimamente oggettiva della “vicenda Matteotti”.

PS: Come ricordato nei commenti, il professor Tiozzo ha dedicato un altro volume al caso, Dove andava Matteotti? Storia critica di un depistaggio lungo un secolo (Aracne, 2022), che anche se non ho letto mi pare riproponga gli stessi argomenti e fonti del secondo volume di Matteotti senza aureola, probabilmente in forma più stringata (essendo lungo circa la metà).

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3 thoughts on “3 gennaio 1925-2025: il revisionismo sul delitto Matteotti

  1. uanto pare Matteotti, di salute comunque cagionevole, fu ucciso da un colpo fatale al torace sferrato da uno degli uomini dalla squadretta (più che squadraccia) di fascisti marginali .
    Il mandante sarebbe stato il re .

  2. Che Mussolini sia stato originariamente pagato dagli inglesi per spingere verso l’intervento nella 1GM e poi per mantenere l’Italia in guerra è un fatto noto da decenni (ne scrisse Franco Bandini nel suo “Vita e morte segreta di Mussolini”), scelte che comunque il socialista Mussolini appoggiava già di suo, vedendole come il modo per creare i presupposti per la presa del potere da parte del popolo (che fu poi ciò che avvenne in modo quasi incruento con il regime Fascista che, di fatto, rappresentò l’ingresso delle masse popolari italiane nella politica). Il problema fu che la loro creatura poi si rivoltò e da quel momento fecero di tutto per cercare di ammazzarlo fisicamente o almeno politicamente. Ironia della sorte, chi lo uccise materialmente nel 1945 finì a libro paga britannico solo dopo la 2GM (sebbene la condanna a morte sia stata decisa dal CLN di Milano anche su pressione di due agenti inglesi ormai conclamati, ossia Salvadori e Valiani), ma questa è un’altra storia…

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