L’aborto è la prima testa dell’idra

Sulla questione dell’aborto l’unica risposta possibile sembra esser l’icastica e memetica OK Boomer. Che è poi quella che ha dato Mario Adinolfi (ex cattocomunista diventato poi maurassiano-basato) in una surreale intervista rilasciata a Luca Telese (TPI, 1-7 luglio 2022):

L’abortismo è un frutto avvelenato degli anni Settanta. Vecchia ideologia. L’Occidente che va verso crescita zero non può più permettersi l’olocausto dei suoi figli […] Vi siete svegliati, ma tardi. C’è una nuova generazione in campo: li dipingete con le corna, brutti, fanatici e cattivi. Ma vinceranno. Rassegnatevi”.

La scelta della Corte Suprema degli Stati Uniti di abrogare la tutela costituzionale dell’aborto è in effetti potenzialmente in grado di segnare una generazione. In primis perché è dalla fatidica sentenza “Roe vs. Wade” (1973) che l’aborto è diventato non solo un diritto “americano”, ma “umano”: senza quella svolta, probabilmente non avremmo avuto nemmeno l’altrettanto fatidica 194 in Italia.

In secondo luogo perché la questione dell’aborto, come nota giustamente Adinolfi, fa parte dell’epoca in cui si è trasformato in “diritto”: non è un caso, per fare un esempio tra mille, che il primo tassello dell’abortismo nazionale sia stato posto dal CISA, il “Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto” fondato a Milano proprio nel 1973 dalla Bonino e altri militanti del Partito Radicale.

Il dettaglio della “sterilizzazione” testimonia il collegamento tra promozione dell’aborto di massa e tutte le paranoie e utopie/distopie dei Settanta, dalla cosiddetta “bomba demografica” ai miti di ingegneria sociale fino alla mondializzazione tecnocratica. L’abortismo è dunque una delle tante teste dell’idra e anche chi lo combatte deve tenere a mente la tattica utilizzata da Ercole per abbattere il mostro: testa dopo testa, fino alla mazzata finale. Basta solo intendersi su quale sia la “testa immortale” da eliminare per ultima (ma il discorso si farebbe lungo).

Che l’aborto non sia perciò un diritto a se stante lo dimostra, del resto, la grande confusione che aleggia tra i suoi sostenitori: lasciando da parte le chiacchiere delle sinistre statunitensi, ormai regolate sull’irrazionalismo, il sensazionalismo e l’emotività, possiamo prendere come esempio le obiezioni de “il manifesto” espresse in queste settimane.

Da una parte ci sono le geremiadi del filosof* spagnol* Paul B. Preciado (che da donna è diventato uomo nel 2014), il/la qualə sostiene che la sentenza americana sarebbe espressione di un “fronte fascista patriarco-coloniale” e “petro-sesso-razziale” (perché riguarda anche “la questione dell’uso dell’energia fossile”), mentre una regista californiana (intervistata nella stessa pagina del quotidiano del 26 giugno 2022) afferma che questa decisione sarebbe una manifestazione della “vera religione degli USA, il capitalismo e il denaro”.

Dall’altra parte, però, la stessa compagine sostiene che proprio il capitalismo, nonché il “petro-sesso-fascismo” (o quel che è) siano stati ampiamente avvantaggiati dall’introduzione dell’aborto, in quanto esso “ha contribuito ad aumentare la partecipazione delle donne alla forza lavoro [e] ha consentito a molte donne di finire la scuola, cosa che ha incrementato il loro potenziale guadagno” (sono parole del Segretario al Tesoro di Biden Janet Yellen, riportate fieramente dal quotidiano comunista).

Insomma, carə gattarə, mettevi d’accordo col cervello. Non si può affermare da una parte che mezzo milione di aborti l’anno rappresentino la punta di diamante della lotta al sistema capitalista e dall’altra elogiare il sostegno fondamentale dato allo stesso sistema dall’eventualità che una donna non faccia figli per “incrementare il proprio potenziale di guadagno”. D’altro canto, per citare ancora Adinolfi, la maggior parte delle ragazze “rinuncia ai figli per ragioni futilissime, diciamo pure del cazzo” (ipse dixit). E a volte questo “potenziale”, ad onta dei piagnistei sul gender gap, non va oltre qualche centinaio di euro al mese (con tutto il rispetto per le donne che fanno mestieri umili per necessità e non perché hanno creduto che un aborto avrebbe garantito loro il “carrierone” nell’ambito della Grande Distribuzione Organizzata o delle acconciature).

Peraltro trovo pericoloso, oltre che imbarazzante, il fatto che la “sinistra” voglia importare il dibattito “all’americana” nel momento stesso in cui invece la “destra” se tiene alla larga: basti ricordare che negli USA la questione è a tutti gli effetti affrontata con le modalità della guerra civile. I fondamentalisti protestanti, per riprendere la metafora dell’idra, hanno deciso di uccidere il “mostro” nella loro maniera, con quarant’anni di terrorismo che hanno sostanzialmente prodotto la moltiplicazione delle “teste” (le cliniche abortiste).

Al contrario, il giudice afro-americano Clarence Thomas, cattolico al 100% (nel senso che lo è dalla nascita e non è un “convertito” dell’ultima ora, perciò a livello culturale potremmo persino definirlo “anti-americano” nella misura in cui non vive la sua fede come seconda religiosità, se ricordate cosa scriveva Spengler) è entrato attraverso la “porta stretta” della politica, dell’ordine e della mediazione. Certo, non si può negare che l’elezione di Donald Trump abbia enormemente contribuito al suo “successo” (fino al 2016 le gazzette progressiste lo descrivevano come un’ombra e una nullità), ma lui era alla Corte dal 1991.

(il giudice Clarence Thomas)

Ci sarà pure un giudice a Washington, si diceva. La storia è strana e questa svolta, senza farsi comunque eccessive illusioni, potrebbe veramente rappresentare il proverbiale granello che fa inceppare il meccanismo. Per riprendere gli spunti da cui si è partiti, non si può davvero credere che “aborto” significhi semplicemente “interruzione di gravidanza in casi estremi”, perché se la questione si riducesse a questo allora non ci sarebbero problemi a considerare “modelli” Paesi come la Polonia, il Cile o l’Iran (le “bestie nere” degli abortisti, che pure ammettono diverse eccezioni).

Non si capisce perché, alla fin fine, i cosiddetti pro-choice si affannino a portare il caso pietoso, tipo la sopravvivenza della partoriente, lo stupro (pensare che Nixon nel 1973 commentò in privato la Roe vs Wade ammettendo che l’aborto fosse necessario in caso di unione interrazziale o violenza di un nero su una bianca, lol) o le malformazioni del feto (ma con l’eugenetica come la mettiamo, ri-lol?), invece di ammettere che esso è semplicemente un anello della catena del loro mondo nuovo.

O, per dirla meglio, si capisce benissimo perché non lo fanno e si mascherano dietro a uno pseudo-perbenismo dei diritti, oppure combattono contro i mulini a vento del fondamentalismo religioso (ma non possono nemmeno dire che il giudice Thomas sia espressione di un qualche fondamentalismo, limitandosi a tacciarlo di “estremismo”), quando la verità effettuale della cosa è che accettando l’aborto si deve accettare implicitamente l’intero pacchetto huxleyano delle magnifiche sorti e progressive.

Ecco perché si deve dire OK Boomer (e può permetterselo anche un cinquantenne come Adinolfi): perché quel mondo è finito, la rivoluzione si è suicidata e ora qualcuno deve prendersi la responsabilità di “tornare indietro”, oppure “andare avanti” (dipende dalle prospettive). La propaganda anti-natalista non ha portato alla società perfetta in cui una élite di ottimati governava un piccolo gregge mite e ordinato, ma alla degenerazione totale.

Cosa sono state, in fondo, le manifestazioni contro la Corte Suprema, se non un’espressione di tale degenerazione? A parte che c’erano quasi più trans che donne, ma l’apice delle proteste è stato una sessione di twerking da parte di alcunə ciccionə.

L’unico vero pericolo di tale strategia è quello del colpo di coda delle élite medio-progressista: Donald Trump lo abbiamo pagato con il pandemonio, Clarence Thomas con cosa lo pagheremo? Il terrorismo abortista mi sembra un’ipotesi azzardata, sia perché non avrebbe il minimo sostegno popolare, sia perché l’inconsistenza dell’opposizione rende impossibile a questa gente di prendere qualsiasi iniziativa dotata di senso.

L’idea di “rilanciare il discorso femminista” o robe del genere è altrettanto improponibile, perché il 99% delle donne sceglie l’aborto per motivi edonistici e individualistici e non si capisce come uno stile di vita basato sulla deresponsabilizzazione dovrebbe comportare una re-responsabilizzazione di stampo politico (posto che esista ancora terreno fertile per un certo tipo di propaganda, tipo affermare “il corpo è mio e lo gestisco io” dopo aver fatto la quarta dose di Pfizer per continuare a tagliar capelli).

Trump/Ercole ha tagliato la prima testa e Thomas/Iolao l’ha cauterizzata, per ora possiamo dire solo questo.

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