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Accelerare la Questione Maschile: Cesare Pavese e la Pillola Rossa di massa

Proprio mentre sto cercando di traghettare subdolamente Cesare Pavese nella comunità incel d’oltreoceano, manco a farlo apposta mi linka su Facebook la pagina de “Il Redpillatore”, uno dei siti più noti dell’androsfera italiana (che avevo già segnalato qui):

Mi fa piacere, nel mio piccolo, aver contribuito alla riscoperta di un grande scrittore dimenticato da decenni da una prospettiva prettamente maschile: d’altro canto è l’unica che ho adottato in questo blog parlando della sua vita e soprattutto della sua opera. Sono infatti incoraggianti i commenti lasciati dagli iscritti alla pagina; alcuni offrono persino spunti degni di approfondimento (lo dico con stupore perché di solito su Facebook si linka ciò che non si è letto per farlo commentare a chi non lo leggerà):

«Aspetto orde di femministe pronte a eliminarlo dai testi di letteratura ora»

«Interessante quando Pavese parla degli “olimpici”, cioè gli uomini d’azione. Anche se in realtà spiega che pure le donne possono appartenere alla categoria, da come ne parla è difficile non immaginare i Chad dei nostri tempi. Veramente un precursore della redpill»

«Misogino è un termine troppo facile e forviante per Pavese, e per tanti altri uomini che [si] riconosco[no] nelle sue parole “cattive” (in parte anche me stesso).
Misogino è colui che odia le donne. Io invece vedo un amore disperato per le donne; anzi: per la Donna, quell’essere immaginato come salvifico di cui si conosce il sesso ma non il volto, la cui attesa e desiderio risale chissà a quale momento dell’infanzia; e vedo la delusione e la rabbia di non riconoscerla in nessuna donna incontrata, dopo averci creduto ogni volta, e ogni volta essere stati rifiutati, ingannati, traditi.
C’è molta ingenuità e pateticità nel cercare un fantasma simile (la mamma mai avuta? la propria componente femminile?) in una donna in carne e ossa. Mi chiedo se uomini così siano davvero in grado di amare una donna reale, che non potrà mai essere uno specchio né adeguarsi ai voli dell’immaginazione. Be’, di certo non sono misogini».

Per rispondere in ordine sparso: Cesare Pavese non respingeva l’etichetta di misogino (“Misogino eri e misogino resti”) e il tentativo del commentatore di far risalire a un “fantasma” l’impossibilità di trovare una donna da parte di un certa categoria di uomini, per quanto pregevole e in buonafede, è stato però talvolta utilizzato per far ricadere l’intera colpa degli scacchi amorosi sul Nostro (ne parlo incidentalmente qui); stupisce in effetti che le femministe non ne abbiano ancora invocato l’epurazione dal canone italiano, ma probabilmente ciò è dovuto solo al fatto che non lo legge più nessuno; per quanto riguarda gli “olimpici”, il discorso è chiaramente troppo complesso per essere ridotto a una serie di sigle, però sì, potrebbero essere anche i famigerati Chad, con tutta l’ambiguità che la definizione comporta (non si è ancora capito se vadano considerati “nemici” o “alleati”).

In generale il fatto che l’anima mundi da questo punto di vista cospiri positivamente mi riempie di soddisfazione, anche alla luce dell’ultima sortita editoriale del “Corriere della Sera”, che a partire da settimana scorsa si è messo in testa di allegare al giornale venti titoli pavesiani: segnalo l’evento chiaramente non come “invito all’acquisto”, ma come ennesima occasione per far sì che lo “scandalo Pavese” finalmente erompa nell’ormai stantio e decadente panorama culturale italiano. Come può, infatti, uno dei giornali più bluepillati della galassia permettersi di pubblicare roba del genere in the current year? Se taceranno, sarà un’implicita sconfessione di tutta la loro propaganda pro-femminista; e se parleranno, beh, allora sarà forse giunto il momento per una redpill di massa. In ogni caso vivremo “in tempi interessanti”.

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