Site icon totalitarismo

Ma quale Evola! Alessandro Giuli vi darà tutto quel che volete (oddio, spero non proprio tutto…)

Facciamo il punto sulla Curtura De Destra nel Bel Paese: Alessandro Giuli mi ha già rotto i coglioni. Sì, ci ha impiegato un mese di troppo (la delusione doveva essere IMMEDIATA dopo la nomina, per noi seguaci del dogma chudjakiano Nothing Ever Happens), ma ho cercato di dargli un minimo di fiducia perché l’ho conosciuto personalmente (solo per scambi epistolari, a questo punto ci tengo a precisarlo) e mi sono illuso che almeno sulla lunga distanza avrebbe consentito qualche istante di respiro ai pensieri “politicamente scorretti” (parliamo da boomers così ci capiamo). E no, non sto mascherando un’aspirazione a qualche posticino con un leccaculismo espresso in termini di ammirazione intellettuale: perlopiù l’unico vantaggio per quelli come me nella prospettiva di una destra istituzionale di “successo” sarebbe quello di non finire in galera per ciò che si scrive.

Ad ogni modo, mi ha irritato profondamente la nomina dell’avvocato Francesco Spano, classe 1977 (quasi coetaneo di Giuli) a capo di gabinetto del Ministero della Cultura. Una scelta più che imbarazzante, considerando il curriculum di costui, che oltre a essere un omosessuale e militante LGBTQ, è probabilmente la personificazione di tutto ciò che è antitetico al “programma” del novello Ministro, espresso nel volume Gramsci è vivo, scritto in linguaggio -quasi- comprensibile quando era ancora alla guida del MAXXI.

Per comprendere chi è Spano, “rubo” alcuni accenni biografici da un pezzo del “Corriere” non per pigrizia ma perché avendo a che fare con un avvocheto non voglio farmi querelare. Ecco dunque il cursus honorum che ha convinto Giuli a farne il proprio braccio destro (link diretto al pezzo perché in questi giorni archive.org non funziona):

«Francesco Spano [….] non ha nel suo curriculum solo l’accidentata direzione generale a Palazzo Chigi dell’Ufficio nazionale discriminazioni razziali, cominciata nel dicembre 2015 e che dovette abbandonare nel febbraio 2017 (governo Gentiloni) dimettendosi dopo un servizio de “Le Iene”: venne accusato di aver concesso un finanziamento di 55.000 euro a un’associazione Lgbtq descritta, nel servizio, come lo snodo di una rete di prostituzione maschile. Si dimise e andò a denunciare alla polizia di aver saputo delle attività illecite. Le accuse caddero, Spano uscì dalla vicenda senza alcuna contestazione.
[…] La storia professionale di Spano, lontana dalla destra e anzi di schietta radice progressista, è piena di incarichi di responsabilità. Dopo la disavventura a Palazzo Chigi, Spano diventa (2017-2022) segretario generale della Human foundation, l’ente privato di ricerca presieduto da Giovanna Melandri. E poi, nell’agosto 2022, arriva alla segreteria generale del Maxxi (ancora sotto la presidenza di Melandri) dove incontra il nuovo presidente Alessandro Giuli nominato dall’allora ministro Gennaro Sangiuliano.
[…] Prima ancora la sua storia professionale aveva incrociato quella di Giuliano Amato: tra il giugno 2006 e il maggio 2008 era stato suo capo della segreteria al ministero dell’Interno, nel governo di Romano Prodi. Una consulenza legislativa per il gruppo Pd alla Camera tra il maggio 2008 e il dicembre 2012 completa un quadro politicamente molto chiaro».

Non nascondendo lo stupore, l’articolista del “Corriere” (P. Conti) fa riferimento, probabilmente senza malizia, a un’affinità “misteriosa” attraverso la quale già dai tempi del MAXXI i due sono sarebbero riusciti a raggiungere una “immediata e forse impensata intesa”.

Al contrario, Dagospia ci va giù pesante e definisce Spano “cocco gaio” di Giuli, aggiungendo qualche altra “graffiata” (sono tutte matte):

«Quando scocca una scintilla, un’affinità elettiva, un’estasi intellettuale non v’è ragione che tenga. Deve averlo vissuto sulla sua pelle anche il neo-ministro della Cultura (infosfera compresa), Alessandro Giuli. […] La sua stima per il tenebroso Spano è al limite della devozione. […] La stessa premier Giorgia Meloni all’epoca aveva aspramente criticato il finanziamento che Spano aveva destinato all’associazione LGBTI romana, che dopo lo scandalo fu sciolta anche a causa di opache gestioni finanziarie»

Ecco, pur non volendo insinuare alcunché, il fatto che Giuli abbia “imposto” al governo un nome del genere dimostra o una simpatia davvero eccessiva per un soggetto che, con tutto il rispetto, non mi pare sia dotato di capacità intellettuali -o almeno organizzative- fuori dal comune (l’associazione ProVita&Famiglia definisce la nomina di Spano “politicamente più grave del caso Boccia, con riferimento per chi non lo sapesse alla femme fatale – letto con accento partenopeo- che ha costretto Sangiuliano alle dimissioni), oppure un’inguaribile sudditanza culturale – questa sì, senza uscire di metafora, decisamente “passiva”.

Nel volume già citato Gramsci è vivo, al di là dei toni ditirambici sul “nuovo corso di Palazzo Chigi”, Giuli afferma in maniera piuttosto vaga e fumosa (sarà il suo stile “governativo”?) che a destra ci sarebbero molti “pagliacci da accompagnare all’uscio”, delineando due categorie fondamentali di “nemici interni”: gli “abusivi e obsoleti gerarchi minori”, alla “perenne ricerca del Gramsci di turno […] da ibridare con qualche vecchio santino sopravvissuto nel retrobottega delle catacombe nere“, e le “controfigure stentoree ancor nerovestite”, le quali “ignorano di rievocare il fascismo da operetta”.

Va bene, tutto molto bello, ma al di là di slogan poco orecchiabili (“progressivi nella conservazione e conservatori nel progredire”) e di una tendenza ormai inarrestabile al vaniloquio (avevo pensato fosse questo il “granello d’incenso” da bruciare ai “venerati maestri” di sinistra, ma ero stato fin troppo ottimista), com’è possibile credere che uno come Spano possa rappresentare un via d’uscita a questa presunta “immobilità” destrorsa?

Vedo, d’altra parte, che molti pseudo-intellettuali continuano a delirare sulle tenebrose ascendenze reazionare celate dietro le supercazzole di Giuli: per esempio, commentando il nuovo discorso del Ministro alla Buchmesse di Francoforte, dove ha parlato di “riaffermare la centralità di quel che si può chiamare pensiero solare, il punto d’incontro tra la rigidità delle ideologie, della battaglia delle idee, che si discioglie nella luce meridiana dello spirito mediterraneo“, molti giornalisti hanno tirato in ballo il nome di Julius Evola.

Personalmente ho il sospetto che alcuni articoli siano stati confezionati con l’assistenza di ChatGPT, proprio perché in Italia a quanto pare è vietato (anche da parte della stampa “conservatrice”) intervistare qualche studioso (serio) di Evola e farsi spiegare perché l’evocazione del “pensiero solare” di Giuli non c’entri praticamente nulla col filosofo tradizionalista. E già questo dovrebbe far capire chi detenga davvero l’egemonia in Italia e perché l’iniziativa “spaniana” di Giuli contribuisce all’ulteriore avvilimento di qualsiasi barlume d’intelligenza a destra.

Giusto per chiarire, ciò a cui si sta riferendo Giuli, con espressioni “finto-colte” che in verità avrebbe potuto benissimo utilizzare un Sangiuliano qualsiasi (ma anche un pizzaiolo emigrato in Germania che volesse esprimere la superiorità della cucina mediterranea sui bratwurst) è un concetto banalissimo: l’Italia come via mediana tra l’Europa e l’Africa in senso non ironico (il Ministro ha parlato in vari luoghi apertamente di “prospettiva euroafricana”), tramite l’addolcimento delle rigidità teutoniche e l’inquadramento della babele nordafricana, in un mélange al quale probabilmente Evola in persona avrebbe attribuito caratteristiche più “lunari” che “solari”. O forse anche qualcosa di peggio, perché in effetti siamo ai livelli  di Sole mare pizza mandolino.

Ma de che stamo a parla’, poi: sarebbe stato meglio tenersi Sangiuliano, che almeno rispondeva a un’idea di destra scoreggiona in grado di tenere testa alla famigerata egemonia stile Mike Bongiorno vs Umberto Eco, Alvaro Vitali vs Nanni Moretti, Povia vs Vecchioni, Pino Insegno vs Bonolis, oppure, per restare in tema, Sangiuliano vs Giuli.

E non a caso, visto che l’ho nominato, uno dei pochi intellettuali di destra a essersi concesso una vera citazione di Julius Evola è stato per l’appunto il grande e irreprensibile Pino Insegno, durante una puntata del programma “Mercante in Fiera” (Italia 1), per giunta in camicia nera, dove ha scomodato il motto “Facile cavalcare una tigre, difficile scendere” attribuendolo all’antica sapienza cinese (ma in realtà reso proverbiale in Italia proprio dal “Barone Nero” (lo trovate al minuto 35:25 del video che segue).

Dunque felicitazioni al ministro Giuli: egli è realmente il nuovo Giuseppe Bottai (s’intende quello post-1943 ovviamente). Non voglio dire nient’altro: dia pure tutto all’altra sponda, anche se gli consiglierei di non dare proprio tutto

AVVERTENZA (compare in ogni pagina, non allarmatevi): dietro lo pseudonimo Mister Totalitarismo non si nasconde nessun personaggio particolare, dunque accontentatevi di giudicarmi solo per ciò che scrivo. Per visualizzare i commenti, cliccare "Lascia un commento" in fondo all'articolo. Il sito contiene link di affiliazione dai quali traggo una quota dei ricavi. Se volete fare una donazione: paypal.me/apocalisse. Per contatti bravomisterthot@gmail.com.

Exit mobile version