Come siamo abituati a vedere in molti film americani, ogni tanto le scout girano per le case venendo biscottini in cambio di qualche donazione. Quest’anno però anche un’azione così abituale nella cultura popolare d’oltreoceano si è trasformata in un caso politico: a St. Louis, nel Missouri, infatti, otto ragazze hanno deciso di vendere dei braccialetti da loro stessi creati per donare il ricavato al Palestine Children’s Relief Fund., organizzazione umanitaria che si occupa di assistere i bambini palestinesi.
O, per meglio dire, le giovani avevano progettato di farlo, se non che la sezione madre del gruppo, le Girl Scouts of Eastern Missouri, ha posto il veto sull’iniziativa, in quanto, a lor dire, essa sarebbe “politica e di parte”.
La reazione ha sorpreso la leader della sezione, Nawal Abuhamdeh (di origine palestinese), che ha ricordato come nel 2022 le scout avessero organizzato iniziative benefiche per aiutare le famiglie in Ucraina dopo l’invasione russa, raccogliendo fondi per l’acquisto e l’invio di medicine e kit di pronto soccorso.
Di fronte alla scelta di interrompere la vendita dei braccialetti o sciogliere il gruppo, Abuhamdeh ha deciso con le otto iscritte (tra le quali sua figlia) di procedere alla raccolta benefica per proprio conto, trovando grande sostegno nella comunità di St. Louis, che si recata nella moschea locale per acquistare i braccialetti consentendo alle scout di raccogliere oltre 20.000 dollari.
Il caso ha attirato l’attenzione del Council on American Islamic Relations (Cair), che ha protestato direttamente con l’associazione delle Scouts americane. In risposta, Bonnie Barczykowski, Presidentessa delle Girl Scout, ha diramato una dichiarazione di circostanza nella quale si è rammaricata per l’accaduto, affermando che l’organizzazione “promuove l’inclusione e l’antirazzismo” ed è aperta a tutte le comunità, “comprese quelle musulmane e arabe”.