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American History K: gli studenti cattolici di Notre Dame contro il Ku Klux Klan

Recensione a Notre Dame vs. The Klan: How the Fighting Irish Defied the KKK (Loyola Press, 2004) di Todd Tucker, sfortunatamente disponibile su Amazon a un prezzo accettabile  solo in formato Kindle (fonte: Mental Floss).

A prima vista, non c’era nulla di particolare in quegli uomini scesi da un treno diretto a a South Bend, nell’Indiana, la mattina del 17 maggio 1924. Azzimati ed eleganti, dalla stazione si diressero al centro della città, alcuni a un ufficio che sfoggiava una croce fatta di lampadine rosse; altri alla ricerca di Island Park, il luogo dell’incontro previsto.

Uno sguardo più attento a questi visitatori avrebbe rivelato un particolare comune: molti portavano una veste bianca piegata sotto il braccio. Quelli arrivati prima erano già tutti bardati dal lenzuolo e dal cappuccio, indirizzando la carovana di auto verso Island Park. Il Ku Klux Klan era giunto in città.

Non c’era motivo per il Klan di temere qualche intoppo a South Bend: l’Indiana era suo feudo, tanto che un membro di spicco come Ed Jackson pochi mesi dopo sarebbe stato eletto governatore. Fu solo quando i Klansmen si trovarono circondati da una banda di studenti cattolici dell’Università Notre Dame che si resero conto che la manifestazione era stata una pessima idea…

Il Klan – creato nel 1866 per opporsi alla “ricostruzione repubblicana” e poi rianimato nel 1915 – espanse i suoi tentacoli per infiltrarsi tra le forze dell’ordine e gli apparati statali (si stima che circa 4 milioni di americani ne facessero parte negli anni ’20), cominciando a prendere di mira non più solo persone di colore, ma anche cattolici, ebrei e immigrati.

Sotto la guida del Grand Dragone David Curtiss Stephenson (eminente politico dell’Indiana) il gruppo aveva tentato di ripulire la propria immagine passando dai linciaggi ai raduni ordinati e pacifici. Per proseguire il tentativo di “normalizzazione”, il Klan pianificò una parata a South Bend per il 17 maggio 1924. La scelta del luogo, nelle immediate vicinanze dell’Università di Notre Dame, non era casuale: a quel tempo, tre quarti dei 2000 studenti della scuola erano cattolici, una religione che il Klan considerava abominevole, dal momento che a loro parere i cattolici militavano per una potenza straniera come il Vaticano.

Durante il Natale del 1923, dopo aver passato mesi a issare croci infuocate nei pressi dell’Università di Dayton (Ohio), college anch’esso a prevalenza cattolica, il Klan aveva iniziato anche a piazzare ordigni esplosivi, per dare un segnale netto della volontà di prendersi tutto l’indiana. Anche a Notre Dame studenti e professori avevano iniziato ad assaggiare il nuovo attivismo del KIlan: copie di “Fiery Cross”, il loro gazzettino ufficiale, cominciarono a circolare per il campus e un Klansman irruppe nell’auditorium dell’Università per proclamare che i cattolici non erano veri americani. Gli studenti riuscirono a cacciarlo a colpi di… patate.

Se quello fosse un presagio dell’accoglienza che avrebbe avuto il Klan a South Bend, i vertici comunque decisero di non tenerne conto, perché in fondo il Klan era abituato a entrare nelle città senza problemi. Ma a South Bend gli incappucciati si trovarono già accerchiati dagli studenti alla stazione, mentre centinaia di altri li attendevano giù in città. Costretti alla fuga dalla violenza rapida e improvvisa dei giovani cattolici, i Klansmen vennero inseguiti fino al quartier generale, che per una singolare coincidenza si trovava nelle vicinanze di un ortolano. I giovani di Notre Dame, armati dunque di patate, iniziarono a bersagliare la sede, riuscendo a distruggere le lampadine rosse della croce esposta a mo’ di insegna.

Il vice sceriffo John Cully, lui stesso un membro del Klan, pur avendo invocato fino all’ultimo la Guardia Nazionale, non riuscì a far nulla per fermare la reazione degli studenti; lo stesso decano di Notre Dame, Matthew Walsh, aveva tentato di placare gli animi senza successo. Non trovando dunque alcun ostacolo da parte dell’autorità, un centinaio di studenti tentò di occupare il rifugio del Klan ma dovette desistere quando gli incappucciati cominciarono a estrarre le pistole. Qualche studente “senior” riuscì a patteggiare una tregua: il corpo studentesco si sarebbe disperso se il Klan avesse accettato di tenere la manifestazione senza armi e cappucci.

L’accordo sembrò accontentare entrambe le parti fino a quando Stephenson non arrivò in città prima delle 18:30 (ora della parata) e pretese una scorta di agenti a cavallo a Island Park. Un acquazzone però fece saltare tutto all’ultimo, anche se molto probabilmente il meteo fu solo un alibi per evitare nuove violenze.

Quando tutto sembrava tornato alla calma, e il rettore Walsh temeva solo i commenti negativi della stampa (che avrebbe parlato di Notre Dame come un covo di teppisti) ecco che il lunedì mattina, mentre gli studenti esponevano le vesti e i cappucci del Klan alle pareti come trofei, per i corridoi dell’Università si sparse la voce che il Klan avesse catturato e ucciso uno studente di Notre Dame.

Circa 500 studenti si recarono nuovamente alla sede di South Bend per riprendere gli scontri. Questa volta però gli uomini del Klan non si fecero cogliere impreparati e sfoderarono armi, bastoni e bottiglie rotte. Il sangue cominciò a scorrere finché Walsh non si precipitò sul luogo e, arrampicandosi su un cannone che faceva parte di un monumento, implorò gli studenti di tornare all’Università. Cosa che essi fecero senza discutere.

Anche gli uomini del Klan decisero di ritirarsi. Nel loro bollettino ufficiale in seguito accusarono gli studenti di Notre Dame di “picchiare donne e bambini” e annunciarono una nuova manifestazione oceanica a South Bend. Che tuttavia non si verificò mai. Alla fine, la condanna di Stephenson per aver violentato e ucciso una donna nel novembre 1925 fece declinare l’organizzazione nell’Indiana e la Grande Depressione fece il resto: nel 1930, il Klan scese a circa 45.000 membri.

Il rettore Walsh non approvò mai le violenze di quel fine settimana, ma alla fine decise comunque di prendere alcun provvedimento verso gli studenti per quanto accaduto.

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