Un 27enne siriano con alle spalle condanne per stupro evade dal carcere grazie all’aiuto di una secondina innamorata di lui. L’evasione è avvenuta nella notte tra lunedì e martedì nel carcere di Limmattal, in Svizzera. La guardia carceraria Angela Magdici (32 anni, di origini albanesi ) ha aperto la cella del detenuto Hassan Kiko, siriano condannato per stupro per fuggire con lui.
Il siriano era giunto in Svizzera nel 2010 come richiedente asilo ed è stato condannato diverse volte per reati a sfondo sessuale. Il più grave risale al 23 novembre 2014, quando abusò di una 15enne al di fuori di un locale a Schlieren. Kiko venne arrestato solo 4 mesi dopo e condannato a 4 anni di carcere.
Nel 2012, invece, avrebbe invitato una 19enne svizzera nella sua camera al centro rifugiati di Eschlikon (Turgovia) e l’avrebbe minacciata con un oggetto contundente alla gola obbligandola a un rapporto orale.
Nel giugno 2014 fu inoltre condannato a 42 mesi per tentato stupro, ma a causa dei continui ricorsi non è finito in prigione. Fino a quando, sei mesi dopo, non ha stuprato la 15enne per cui è finito nel carcere dal quale è evaso grazie all’aiuto della secondina (cfr. Evade dal carcere e scappa con la guardia innamorata di lui, “Repubblica”, 11 febbraio 2016).
Storia interessante, nevvero? Il “Daily Mail” aveva pure intervistato il povero marito della secondina:
«”A un certo punto ha stretto amicizia con una donna turca e ha iniziato a imparare qualche parola nella sua lingua. Temo che possa tentare di fuggire in Turchia per poi andare in Siria”. Magdici, che ha sposato sua moglie nel 2014, ha notato un cambiamento in lei circa cinque mesi fa, che gli ha fatto sorgere il sospetto di un amante: “In mia presenza ha ricevuto un sms in arabo e poi ha chiesto alla sua migliore amica di tradurlo immediatamente”, ha detto, pensando ora che il messaggio fosse proprio di Kiko. Una settimana prima che la coppia si dividesse, ha scoperto che la moglie (cattolica) aveva iniziato a leggere il Corano».
Alla fine la vicenda si è fortunatamente conclusa nel migliore dei modi, proprio come in una fiaba:
«[…] Angela Magdici e Hassan Kiko si sono infine sposati presso il carcere di Lenzburg. I due, ricordiamo, erano balzati agli onori della cronaca per essere guggiti insieme, nella notte tra l’8 ed il 9 febbraio 2016, dal carcere di Dietikon. Dopo una fuga d’amore durata sei settimane, sono stati arrestati dai carabinieri nelle prime ore del 25 marzo successivo in un appartamento a Romano di Lombardia (Bergamo).
Come previsto Angela e Hassan si sono sposati alla presenza dei loro testimoni, ovvero i rispettivi avvocati difensori Urs Huber e Valentin Landmann.
Come riferito dal “Blick”, dopo una cinquantina di minuti Angela Magdici (pardon, Kiko) ha nuovamente lasciato il carcere. Il neo marito, invece, dovrà restarci per i prossimi 4 anni. Lo scorso dicembre, infatti, il tribunale zurighese di seconda istanza ha condannato Kiko a 4 anni di prigione per lo stupro di una ragazza di 15 anni. A maggio, il Tribunale distrettuale di Dietikon gli ha inoltre inflitto una pena di sei mesi da scontare per istigazione all’aiuto all’evasione di detenuti a causa delle ripetute richieste in tal senso rivolte all’allora secondina, che è stata a sua volta condannata in gennaio dal medesimo tribunale a 15 mesi di prigione con la condizionale.
“È vero amore”, ha chiosato al quotidiano zurighese l’avvocato di Kiko Valentin Landmann, che ha poi aggiunto: “Angela ha un vantaggio rispetto a molte altre donne: per 4 anni saprà esattamente dov’è il marito!”
Il Blick, tuttavia, si chiede se il matrimonio non sia stato celebrato a causa della possibile espulsione di Hassan. “No, per ora potrà rimanere con Angela – ha smentito Landmann – E in ogni caso questo matrimonio non lo mette al riparo da una possibile espulsione se dovesse cambiare la prassi [Hassan ha perso lo statuto di rifugiato dal 2015 a causa della condanna per stupro ma attualmente, visto lo scenario di guerra, i cittadini siriani non vengono espulsi, ndr]» (Fiori d’arancio per Angela e Hassan, “Ticino News”, 10 luglio 2017).
I temi che solleva questo caso sono così numerosi (femminismo, immigrazione, sicurezza, psicologia) che potremmo cogliere fior da fiore. Tuttavia la questione più urgente pare sia la frequenza con cui episodi del genere si verificano nelle carceri: dall’Australia all’Italia, è una “epidemia” di guardie (donne) che si scopano detenuti (uomini), tanto che perfino le testate più politicamente corrette sono costrette a parlarne, ovviamente declinando il tutto secondo i canoni della narrativa rosa, dove il maschio manipolatore fa il lavaggio del cervello alla povera vittima femmina (vedi per esempio l’inchiesta di “Vice”, Le guardie carcerarie americane continuano a fare sesso con i detenuti, 10 febbraio 2015).
Eppure a “parti ribaltate”, sarebbe ovvio individuare colui che ha “il coltello dalla parte del manico” nella guardia e non nel prigioniero: più che i casi di cronaca in sé, dunque, a inquietare è la deresponsabilizzazione delle donne in posizioni di potere fomentata dalla grande stampa e dalla politica.