Avrò scritto centomila articoli contro Israele ma una cosa che ho notato è che anche i miei lettori storici proprio a partire dal fatidico 7 ottobre 2023 (la nuova “Giornata della Memoria” a detta delle stesse comunità ebraiche italiane) hanno cambiato atteggiamento nei confronti della “questione”: alcuni sono addirittura giunti a sostenere che mi sarei fidanzato con un Magrechad, che sarei un trastatore degli inculacapre e che vorrei dare 10 lire a ogni bambino palestinese per portarmelo a casa.
Faccio fatica a offendermi, perché in fondo questo è il pubblico che ho voluto, e in ogni caso trovo infinitamente più utile alla “causa” (far superare agli italiani la mentalità da “nazione sconfitta”) un certo cinismo elegante (che va sempre distinto da quello snobismo da risaliti, versione moderna della diffidenza contadina) rispetto a romanticismi politici assortiti.
Perciò, pur non vergognandomi di aver partecipato a varie manifestazioni pro-Palestina anche in tempi non sospetti, riconosco che le sceneggiate delle zekke, fianco nel momento vengono monopolizzate dagli immigrati musulmani (o forse proprio per questo!), risultano sempre più stucchevoli: sì, è banale domandarsi a cosa servano tali kermesse, ma nel momento in cui nel dibattito politico nazionale generano solo fruste schermaglie su chi si è fatto più la bua tra sbirri e sessantottardi (“Solo lo 0,1% dei manifestanti era violento!!!” “Vergogna, guardate la mano graffiata di questo povero poliziotto figlio di operai come diceva Pier Paolo Diecilirini!!!”), l’unica questione legittima che rimbalza per la testa è per l’appunto Ma a cosa servono?
Io non penso che chi mi critica stia dalla parte di quella destra gonza che produce alterchi altrettanto nauseabondi, stile Capezzone che col suo tono da gattara arrabbiata dà ai manifestanti dei “comunisti antisemiti” e si sente rispondere “Ma lei caro signore lo sa che i bolscevichi erano tutti ebrei?” (è successo su Rete4, avrete visto anche voi). Altro che detto-non-detto commentator, qui mi devo chiudere nel mutismo altrimenti davvero mi vengono a prendere. E non aggiungo altro!!!
Alla fine mi sembra che le posizioni si possano riassumere con il solito meme, che perfettamente colloca Capezzona nella Libertarian Right (ricorderete anche le sue argute interpretazioni del conflitto russo-ucraino dove i “putiniani” venivano ridotto a “nostalgici dell’Unione Sovietica”).
Questo solo per chiarire l’equivoco (so che non siete “destra frocia”) e giungere immediatamente al punto: le nostre categorie interpretative della realtà sono cambiate. Adesso abbiamo troppo a che fare con gli “arabi” per riuscire a pensare ai palestinesi in maniera oggettiva senza considerarli al pari dell’ubriacone marocchino di quartiere o dello spacciatore della stazione.
L’area, tuttavia, nella prospettiva del palestinismo è sempre stata piuttosto composita: nonostante la destra istituzionale missina del dopoguerra avesse elaborato una ferrea dicotomia tra “ebreo errante” e “legionario del Kibbutz” (relegando dunque l’antisemitismo alla preistoria fascista), anche in Italia è esistita, ed esiste tutt’ora, un’ampia fazione che riesce a mantenere un occhio di riguardo verso “Settembre Nero” (il cui mitra è rimasto incastrato tra le dune).
Tranquilli, non mi improvviso professorino di un bel niente (trovate decine di articoli sul palestinismo neofascista nel blog e se volete andate a cercarveli), quindi continuate a leggere perché vi droppo una pillola nera inedita: negli anni ’80 venne pubblicato qualche numero di una ‘zine ultra-artigianale, Mukawama (perché ormai il brand “Intifada” era diventato di proprietà dei kompagni) dove camerati anonimi pubblicavano schizoteorie sul carattere di “ariani onorari” dei palestinesi, rintracciando le loro origini etniche nei popoli celti (i meme non hanno inventato nulla) oppure facendone risalire la stirpe ai biblici gebusei (cercherò di ritrovarla e scansionarla per voi, lo avrei fatto ora ma sono lontano da Milano e non posso ovviamente chiedere ai boomeroni rimasti a casa di farlo per me).
Ecco, quest’altra precisazione era solo per dire che magari persino chi è ancora convinto che i palestinesi siano più “ariani” degli ebrei (e non sfugga la contaminazione con la Shia, perché al di là delle menzogne propagandistiche a qualche cameragno i soldi degli ayatollah sono arrivati, nonostante il cambio con la lira e poi con l’euro sia veramente impietoso!) allo stato attuale trova però complicato “solidarizzare” come una volta, o anche semplicemente proclamare “Israele brutto e cattivo!”.
Diciamola tutta: il vittimismo arabo è insopportabile, specialmente se uno deve averci a che fare tutti i giorni. Come (ex) insegnante della scuola pubblica, potrei snocciolare aneddoti talmente incredibili che mi costringereste a cambiare il nickname in Quentin Inventino.
Ve ne racconto solo una: un genitore di un alunno di origine marocchina ha cercato di appiopparmi delle calze e uno strofinaccio davanti a scuola prima lusingandomi con complimenti obiettivamente basati (“Hai la barba come Maometto”, perché controluce la mia lanugine risulta in effetti ramata), poi cominciando a piangere a squarciagola, tirandosi i capelli e recitando la Shahada, infine provando a estorcermi dai 15 ai 30 ai 50 euro, davanti alle colleghe piddine e a tutta la umma dei papà afro-asiatici (che faranno contemporaneamente dieci lavori che gli italiani non vogliono più fare, ma poi te li ritrovi sempre davanti a scuola a qualsiasi orario). Gli ho dovuto dare 4 euro stile zakat altrimenti qualche tribunale della sharia improvvisato mi avrebbe tacciato di “razzismo” o “suprematismo bianco” (o addirittura “sionismo”?). Chiaramente non ho preso né i calzini né lo strofinaccio.
Ecco, è difficile, lo capisco: sguazziamo tutti nella stessa melma. A un certo punto è comprensibile che uno cominci a delirare immaginando gli israeliani come eredi di quello spirito faustiano che rinnova i fasti di re Leopoldo in Congo o di Ian Smith in Rhodesia. E badate che non ho citato gli afrikaner perché sono stati letteralmente accoltellati alle spalle dagli alleati israeliani, nonostante la destra gonza lo ignori. E ho detto-non-detto tutto.
Il rischio, come potete capire, è di cadere da un romanticismo all’altro, come dantescamente fanno le pecore matte. Non nego che sia quasi impossibile trovare un criterio obiettivo con cui valutare i conflitti internazionale, considerando che pure il blando “interesse nazionale” è ormai perso nelle nebbie dell’atlantismo, dell’europeismo, dell’africanizzazione e del disfattismo.
Personalmente, posso solo dire che se un articolo lacrime-strappa su Nasrallah mi frutta minimo 150 euro in donazioni (alla faccia della zakat), al contrario anche i tentativi di memare per Israele non hanno comportato il benché minimo vantaggio economico…
Vogliamo rispolverare i vieti pregiudizi sulla spilorceria ebraica, come del resto si poteva fare ancora in Rai a metà degli anni ’80 del secolo scorso? No, perché poi il discorso si allargherebbe all’immarcescibile levantinismo che bene o male caratterizza e il colono israeliano alle prese con l’Occidente e il papà marocchino che deve vendere i calzini all’insegnante di suo figlio… A buon intenditor poche parole… meglio che sto zitto, Mah!!!
https://www.youtube.com/watch?v=HRzmSLnwQbY
PS: Perché non posso incorporare nel post il video di Giorgio Bracardi che imita l’ebreo israeliano davanti a Renzo Arbore (“Oh oh oh oh oh, stia attento signor Moishe, stia molto attento, perché lei sa che noi non possiamo mica tanto scherzare con i nostri amici israeliani, ebrei…”)??? Gomboloddo!