L’antisemitismo delle banlieue in tempi non sospetti

La rete televisiva “europea” (= franco-tedesca) Arte ha commissionato nel 2015 un documentario sull’antisemitismo in Europa, intitolato Auserwählt und ausgegrenzt – Der Hass auf Juden in Europa (“Eletti ed esclusi. L’odio per gli ebrei in Europa”): l’opera è stata mandata in onda alla chetichella per un dissidio tra i patrocinatori (tedeschi) e i dirigenti (francesi). Alla fine, su pressione della Bild e del canale Das Erste, che nel 2017 lo reseero pubblico (senza permesso), “Arte” fu costretto a infilarlo nel palinsesto per non perdere la faccia (salvo poi rimuoverlo pochi mesi dopo).

Il cortometraggio, opera di due registi tedeschi, mette tonnellate di carne al fuoco: si parla dell’estrema sinistra tedesca e francese, delle ONG anti-israeliane, dei naziskin, degli immigrati arabi, degli ebrei delle banlieue, saltando di palo in frasca da Sarcelles a Gaza e da Francoforte alla Cisgiordania.

Diciamo che le motivazioni “burocratiche” con cui si è tentato di censurarlo, seppur patetiche, non sono del tutto fuori luogo: l’equazione Gaza = banlieue, pur essendo cara ai sionisti, con l’Europa non deve avere nulla a che fare, così come le interviste agli ufficiali dell’IDF, i video del Middle East Media Research Institute, la corruzione di Hamas, i concerti di Roger Waters, le fabbriche israeliane della Cisgiordania che hanno portato il benessere tra i palestinesi eccetera eccetera.

Più in tema, forse, con l’argomento trattato, la carrellata sul rap delle “periferie” francesi e tedesche (c’è anche un pezzo in cui si elogia Mohammed Merah, un algerino che ha fatto una strage in una scuola ebraica), una sequela di cazzoni marroncini che dopo la bamba hanno trovato nel “musulmanesimo” la loro ragione di vita.

Si fa un accenno a Ilan Halimi, il ragazzo francese torturato da una banda di arabi nel 2006 perché ebreo: forse avrebbero dovuto dedicare più spazio a questo delitto, piuttosto che intervistare decine di palestinesi a Gaza.

Alla fine, le cose più interessanti che si possono ricavare dal cortometraggio sono alcuni screenshot piuttosto spassosi, come il rinomato negozio di abbigliamento “Hitler 2” a Gaza:

oppure diverse manifestazioni in Germania (Essen, Francoforte e Berlino) dove gli arabo-germani inneggiano ad Adolf Hitler e recitano slogan come “morte a Israele” o “ebreo maiale vigliacco”:

In conclusione, il documentario si concentra troppo su Israele e fa passare l’idea che il terrorismo in Europa sia solo di stampo antisemita (e che la maggioranza delle vittime siano quindi “danni collaterali”?). Inoltre, come già detto, il paragone tra le nostre periferie (che, ripeto, non sono Gaza, nemmeno a Marsiglia o Milano) e quelle israeliane serve solo a inquinare il dibattito: non è ipocrita alludere una “soluzione sionista” all’antisemitismo arabo, quando le associazioni ebraiche sarebbero le prime a insorgere se l’Europa si comportasse come Israele?

La questione israeliana peraltro fa parte di un problema più grande, riguardante lo status di vittima eletta conteso tra arabi ed ebreiforse per affrontare il tema dell’antisemitismo contemporaneo, senza lasciarsi intimorire dal politicamente corretto, sarebbe necessario cominciare proprio da questo punto

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