In questi giorni si discute molto della speleologa che per la seconda volta in un anno e mezzo è rimasta bloccata in una grotta della Bergamasca.
Non voglio essere troppo severo perché i tentativi di salvarla sono ancora in corso, e del resto non penso che la questione si possa totalmente ridurre alla “leggerezza” femminile, nonostante la cronaca sia ricca di vicende di donne che “combinano guai” in giro per il mondo: è recente la storia di Hannah Kobayashi, una trentenne americana che è sparita nel nulla per un mese e che è stata rintracciata solo dopo che il padre si è suicidato per il dolore. La donna stava allegramente attraversando il confine con il Messico per un viaggio “alla ricerca di se stessa” o roba del genere (ad ogni modo bisogna osservare che il povero genitore era di origine giapponese e si sa che i nipponici hanno una certe tendenza ad ammazzarsi per qualsiasi “punto d’onore”).
Ci sono poi altre storie ancora più tragiche e forse significative, come la vicenda di una ventitreenne inglese, insegnante di yoga, che nel 2019 è precipitata nuda da una montagna del Guatemala secondo un rituale che si era probabilmente inventata.
Oppure la triste parabola dell’addestratrice di animali Dawn Brancheau, eroina del più grande parco acquatico della Florida che nel 2010 è stata uccisa dalla “sua” orca assassina, Tilikum, un pregiato esemplare il quale nel corso della sua esistenza (1981-2017) ha fatto fuori altre due persone a causa del “carattere innaturalmente aggressivo” generato, a detta dei suoi ammiratori, dalla condizione di cattività. All’animale è stato dedicato anche un documentario, Blackfish (2013).
Dawn è stata trascinata per i capelli dall’orca, che l’ha strapazzata per tre quarti d’ora sottacqua, lasciandola senza un braccio e lo scalpo, e col midollo spinale reciso. Un caso orribile al quale E. Michael Jones ha addirittura dedicato un volume, Requiem for a Whale Rider, che parte appunto dalla notizia per sviluppare ragionamenti non banali sulla società odierna.
Secondo Jones, l’interazione con animali feroci in un ambiente “controllato” rappresenterebbe un rituale di “purificazione” o per l’uomo occidentale alienato, che sorge indirettamente dalle fantasie russoviane proiettate in un ambito più profondo di quello “sociale”, dove la fusione con la presunta innocenza primordiale dell’animale redimerebbe la creatura umana dal “peccato” dell’autocoscienza, in un tentativo -dai contorni gnostici- di superamento della “colpa” cristiana.
L’Autore affronta anche implicazioni più terra terra, come la spettacolarizzazione della natura, che riduce le bestie a merci da sfruttare assieme del resto agli addestratori, “sacerdoti” del nuovo culto che rischiano la vita per soddisfare il pubblico.
C’è ovviamente anche spazio per una critica al femminismo, che Jones basa su argomentazioni “tradizionali” a tutto campo: la presunzione dell’uguaglianza tra maschi e femmine, per esempio, porta le donne a sacrificare la maternità e la famiglia in favore di carriere spesso sono alienanti e pericolose (in tal caso, il lavoro da trainer è una forma di “schiavitù capitalista” mascherata da empowerment).
Il polemista delinea uno scenario con riferimenti molto puntuali:
«L’icona della donna che cavalca una balena è diventata oggetto di attenzione culturale nel pieno della rivoluzione sessuale. Nel 1972, un anno prima della Roe v. Wade [la sentenza che ha legalizzato l’aborto negli USA], i proprietari di un parco a tema convinsero la ventiduenne Annette Eckis Godsey a indossare un bikini e poi a infilarsi in una vasca per cavalcare un’orca come parte di una campagna pubblicitaria per promuovere la versione anni ’70 di SeaWorld.
Sempre interessati all’eccitazione sessuale e alla distruzione di costumi e usanze tradizionale, e desiderosi di ritrarre lo status di moglie e madre come forme di oppressione, i media si sono presentati in massa con tutte le telecamere accese mentre Annette sfrecciava a cavallo di un’orca. Le telecamere erano accese anche quando l’orca si è rivoltata contro la ragazza e ha cercato di mangiarla.
[…] Mentre Annette scivola via dalla schiena della balena in un vortice mortale, un uomo in tenuta subacquea cerca di distrarre la bestia dal morderle le gambe e gli addestratori allungano un’asta per trarla fuori dalla vasca. Ogni tentativo viene respinto dalla bestia, che contemporaneamente cerca di annegare una Godsey ormai in preda al panico.
Alla fine, si riesce a trascinare Annette fuori dall’acqua, ma, come mostrano le immagini, ancora con una gamba tra le grinfie dell’animale. Sotto shock dopo essere stata salvata, Annette avrà poi bisogno di 200 punti di sutura per i danni subiti alla parte inferiore del corpo».
Alla fine, non si può ridurre il tutto alla “femminilità”: di certo, la propaganda faustiana e superomista propinata a creature che nemmeno sono in grado di azionare una lavatrice o cucinare una pasta al burro senza andar fuori di testa è un elemento da non sottvalutare, ma l’ispirazione di fondo risiede in “tentazioni” prettamente virili, che forse proprio un animo virile, anche biologicamente, può governare e incalare in un progetto minimamente sensato: per esempio, andare per grotte sotto le feste se si è un uomo pelato e sovrappeso del quale non importa niente a nessuno, e non una signora che terrà l’Italia col fiato sospeso proprio in quanto donna, dunque da salvare, proteggere e preservare per una sorta di istinto collettivo.
Di quello che fai nella vita sono cavoli tuoi.
Vai a fare la caccia grossa e vieni sbranato cavoli tuoi.
Vai a fare determinate attività pericoloso cavoli tuoi.
Se scrivi un cartello con scritto attenzione pericolo poi qualcuno lo lo oltrepassa sono affari suoi.
La negatività genera solo negatività e la misoginia ammantellata di dottitudine analitica genera solo raspetti al glande. E basta dai. Proprio ieri una veterana ha interrotto un’audizione al congresso USA per urlare senza paura che a Gaza stanno BRUCIANDO i bambini. Quanti uomini avrebbero avuto questo coraggio? A meno che non sia una farsa per rimodulare l’opinione pubblica…
Ti sei risposto da solo, e comunque queste sceneggiate sono piuttosto “femminili”…
L’amore non è una farsa