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Buoni propositi contro la nuda vita

Non credevo di ridurmi a… scrivere sul blog anche a Capodanno. Per quanto sfigato e incel, avevo sempre cercato almeno nei Saturnalia di sputtanarmi gli stipendi in epopee fantozziane; insomma mantenere un minimo di dignità degenerazionale. Ora però i matusa e il governo bastardo mi impediscono anche questo, e allora è GUERRA.

Il 2021 ci introduce nei nuovi ruggenti anni ’20. Dovrà essere un’epoca di decadentismo, charleston, marce sulle capitali e fiumanesimo. Concederò solo qualche altro mese alla quaresima di stato (ha ragione il sociologo Christakis a individuare nel risparmio una delle costanti dei periodi di peste: noto che le librerie si sono riempite di Kakebo, il “libro dei conti in casa” giapponese – dettaglio delizioso che tutto sommato fa ben sperare sulle capacità dell’Occidente di adattarsi ai “tempi interessanti”) e poi basta: sarà un eterno baccanale fino all’estinzione.

La stampa internazionale ci invita a “spendere tutti i soldi che avete” e “morire coi conti in banca in rosso”: attenti perché noi vi prendiamo in parola. Penso che molti al pari del sottoscritto abbiano accettato un destino di solitudine e celibato involontario: non avremo una casa né una donna da amare. L’unica cosa che ci può consolare è il mal comune mezzo gaudio: non è stata colpa nostra. Le abbiamo provate tutte per essere dei reietti ad alto funzionamento, ma non siamo boomer. Non ci consolano più gli hobby da scapoli come la radioamatorialità o la fantascienza. Vogliamo provare la nostra virilità con cose più roaring. E ho detto tutto.

I buoni propositi per l’anno che viene, a parte il golpe, sono dunque:

1. Rimettere internet al suo posto. Non può sostituirsi alla vita. Dice bene Agamben, ci hanno fregato con questa storia dei social: “La nuova forma della relazione sociale è la connessione e chi non è connesso è tendenzialmente escluso da ogni rapporto e condannato alla marginalità”. È solo perché ci eravamo già abituati a questa mentalità che sono riusciti a imporre il cosiddetto “distanziamento sociale” a noi popolo dei baretti. Dunque dall’anno prossimo internet torna mezzo e non più fine: basta meme (i meme fanno male, sono soma, junk food: nella misura in cui ci si illude che “la sinistra non sa memare” non ci si accorge che essa ha in mano l’intera galassia della cultura, della comunicazione e dell’intrattenimento e si accontenta di lasciarci i memini come le briciole ai cani). Stop a iniziative non ancorate a una solida realtà che può essere anche quella del trovare figa (io sono stato il primo a portare in Italia l’usanza di stanare la selvaggina attraverso i blog e le pagine facebook senza avere un seguito così accentuato da tradursi in uno statusmaxxing). Niente più amicizie basate su fibra ottica: ci si incontra e si pianifica l’insurrezione.

2. Riprendersi lo spazio pubblico. Questo è collegato al primo punto: basta degrado, basta tolleranza, basta privatizzazione dell’odio e del desiderio di vendetta verso vandali e puttane. Dice bene Agamben, nello stigmatizzare i fallimentari e pedestri lockdown come “pura e semplice abolizione di ogni spazio pubblico”. 100% Brumotti contro gli spacciatori ma in stile legionario. Non sarà più autorizzata la cloachizzazione delle nostre periferie, la loro trasformazione in “non-luoghi spettrali”, come dice bene Agamben. I piddini hanno cercato di imitare la Corea del Nord senza alcuno stile né dignità: ora devono provare realmente cosa significa difendere quel bene collettivo di cui tanto si riempiono la bocca. Carcerazioni di massa per tenere le aiuole pulite: e noi brinderemo con i kapò filippini all’ombra delle forche. Chi non ci sta è più liberal che ghei (e ho detto tutto, ancora).

3. Ripudiare la “nuda vita”. Dice bene Agamben,

“La nostra società non crede più in nulla se non nella nuda vita. È evidente che gli italiani sono disposti a sacrificare praticamente tutto, le condizioni normali di vita, i rapporti sociali, il lavoro, perfino le amicizie, gli affetti e le convinzioni religiose e politiche al pericolo di ammalarsi. La nuda vita – e la paura di perderla – non è qualcosa che unisce gli uomini, ma li acceca e separa”.

Questo, non deve più succedere. Anche al costo di avere come unico scopo il suicidio di massa, la nostra generazione non deve più accettare l’astrazione della “pura vita vegetativa”, come dice bene Agamben. Cosa che peraltro diceva bene anche Nostro Signore: “Chi vuol salvare la propria vita, la perderà”. Bisogna cercare la morte, desiderarla in nome di un valore superiore, che è poi la morte stessa: Qui a appris à mourir, il a désappris à servir. Le savoir mourir nous affranchit de toute sujétion et contrainte. Diceva bene Montaigne (che ogni tanto sembra quasi Agamben): “Chi ha imparato a morire, ha disimparato a servire. Saper morire ci libera di ogni soggezione e da ogni costrizione”. Questa falsa pandemia ci ha fatto capire che abbiamo disimparato a morire, e dunque a vivere. Ecco dunque il proposito più importante del 2021: morire. Cioè, vivere.

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