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Camerata Gozzano, presente!

Sulla fortuna di Guido Gozzano nell’Italia fascista è stato scritto così poco da rendere difficile anche solo farsene un’idea: di primo acchito, sarebbe spontaneo credere che il Nostro sia stato relegato a simbolo di una decadenza troppo anti-dannunziana per non essere percepita come disfattista (non è un caso che nella Grande Guerra i soldati in trincea si passassero caricature del Poeta nelle vesti di un damerino effeminato e tisico).

Tuttavia, una cronaca de “La Stampa”  per l’inaugurazione di un monumento ad Agliè nel 1933 apre una prospettiva nuova: a quella cerimonia, “diretta” da Salvator Gotta, alla presenza della principessa Maria Adelaide, Gozzano fu trasformato in artista ultra-italiano. Tra “unanimi e ripetuti applausi”, il signor Celestino Ferdinando Scavini lesse una commovente lettera della mamma di Guido (che non poté presenziare perché inferma), mentre l’avvocato Mario Pelosino recitò L’amica di Nonna Speranza “con esperta e penetrante arte di dicitore”.

L’apotesi del “rito fascista” (come lo definisce il foglio torinese) fu raggiunta al camposanto, quando la popolazione di Agliè, guidata dal Podesta, si raccolse a rendere gli ultimi onori al “Camerata Gozzano”:

«E davanti alla tomba, dove il poeta riposa accanto al padre suo, si svolge austero e solenne il rito fascista. Una voce chiama:
– Camerata Guido Gozzano.
E la folla, con la sua voce tonante, e i Giovani Fascisti, e le voci squlllanti degli Avanguadristi e del Balilla, delle Giovani e delle Piccole Italiane, rispondono col grido solo:
– Presente.
La tomba si copre di fiori, corone d’alloro, fiori a fasci, che si accumulano, colorati e fragranti. E cade la sera, grigia malinconica sera piovigginosa d’autunno» (cfr. M. Bassi, Il monumento a Guido Gozzano inaugurato ad Agliè, “La Stampa”, Lunedì 23 Ottobre 1933)

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