Una stupefacente testimonianza storica delle prime celebrazioni di Halloween nel Meridione d’Italia, offertaci dal gentilissimo Cateno Gippitti:
Immagina un Halloween a Catanzaro nel 1986, in una serata fresca e ventosa. Non c’è ancora l’invasione delle zucche scolpite e dei costumi da mostro americani, poiché Halloween non è ancora radicato nella cultura italiana; tuttavia, la città, con i suoi vicoli e le sue antiche tradizioni, è il luogo perfetto per una notte che possa sembrare “misteriosa” e intrisa di storie spaventose.
In alcune case si possono intravvedere bambini con semplici costumi fatti in casa: lenzuola trasformate in teli da fantasmi, mantelli neri per travestirsi da vampiri o cappelli da strega costruiti artigianalmente. Al cinema qualche cartellone pubblicizza La Mosca e il sequel di Non Aprite quella Porta, e alcuni adolescenti si avventurano tra le vecchie strade del centro storico, raccontandosi storie di spiriti legati a leggende locali, in un tentativo di creare una propria versione di Halloween.
Alcune famiglie hanno organizzato de piccoli ritrovi tra amici e parenti, decorando il soggiorno con qualche candela e magari una manciata di foglie secche raccolte in giardino, per dare un’aria autunnale alla serata. Si raccontano storie di fantasmi e leggende legate al folklore calabrese: figure come il monaciello o racconti di spiriti che abitano vecchie case o castelli abbandonati. Per i bambini, la serata è un misto di paura e divertimento, lontana dal folklore americano, ma arricchita dalla fantasia e dalle storie raccontate dagli anziani.
Il clima è di quella leggera malinconia e mistero che Catanzaro, con i suoi vicoli in pietra e le case antiche, riesce naturalmente a evocare, trasformando quel piccolo esperimento di Halloween in una notte di ricordi, leggende e un po’ di magia inaspettata.
In quella serata d’inizio autunno, Zia Cumciettina, 16 anni e uno spirito ribelle e intriso di humor, ha deciso di sorprendere tutti. Halloween è un concetto quasi sconosciuto per la sua generazione, ma le piace l’idea di travestirsi, giusto per una sera. Dopo aver rovistato nella soffitta, trova un vecchio abito nero e con un colpo di genio decide: sarà una suora!
“Za” Cumcietta, piena di ironia e senza alcun timore di osare, esce dalla sua stanza con indosso il vecchio abito e un lenzuolo come velo, e cammina con le mani giunte, fingendo una serietà che dura solo pochi secondi prima che scoppi a ridere.
Quando la sua famiglia la vede, scoppia il finimondo. La nonna, al cospetto di quel travestimento, spalanca gli occhi come se avesse visto una visione di cattivo auspicio: “Ma chi ti passau p’a testa, Cumciettina? Ti pari modu, a figghjola mia? Cu chistu sacrilegiu!”
La madre, altrettanto indignata, non perde tempo a dirgliene quattro: “Cumciettina, mi stai facendo venire ’u sangu amaru! Come ti viene in mente di vestire i panni delle suore, e per giunta per una festa americana? Mangiasti ’u pani c’a vrigogna?“
Cumciettina prova a sdrammatizzare, ma ogni battuta che fa sembra aggiungere benzina sul fuoco. Lo zio, seduto in un angolo, scuote la testa esasperato, bofonchiando in dialetto: “Non c’è più religione, miu Diu. Ma a’ rigina di l’atri santi ti pare giustu?”
A quel punto la nonna, con il volto rosso e la voce che quasi trema, minaccia: “Se non ti spogli subito, ti fazzu fari ’na bella novena a ginocchi ’nterra!” E aggiunge, mentre si fa il segno della croce: “Non ci vo’ cchiù rispettu ‘nta stu munnu…”
Cumciettina cerca di replicare con una smorfia, ma la madre la prende per un braccio e la riporta in camera: “Ti levi subito sti panni e chistu vestitu lo dai alla povera gente! E a finire questi giochetti, chiù mai mi devi fare ste buffunate, ca cu’ santi non si scherza!”
Tra un sospiro esasperato e uno sguardo al cielo, Cumciettina capisce che la sua trovata è finita male e, mestamente, si sfila il “velo”.
Beh il problema è che na suora nun è vergine ipso facto. Quindi se nun se spogliava subbito pé ricordà le famiglie incestuose, si leva il velo pé non scrive le mutande.
Se fosse accaduto realmente fu simbolicamente magia. I demoni con le suore ce vanno a nozze, giacché tralasciando che i sacerdoti dovrebber esser uxorati, il solo altro ordine possibile è la clausura monastica.
Na presa per culo dirompente nell’ingenuità? Ad ogni modo fors anche a 16 anni lì poteva aversi la zitllaggine?
Però se la fai ridere beh, la tristezza ed il rancore passano al fatto che nel dopo guerra e dopo l’invenzione dell’assistena statuale ( INPS ) già non si aveva più rapporto col prima né idea del dopo senza radici…sta zia sarà perlomeno divenuta una pedissequa di Maria de filippi ahahah