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Centenario della Marcia su Roma: tutte le “riforme strutturali” del fascismo

Secondo la Banca Centrale Europa, le “riforme strutturali” sarebbero “misure che modificano il tessuto di un’economia” per consentirle di “realizzare il proprio potenziale di crescita in modo equilibrato”. In realtà una tale definizione, riducendo il concetto di riforma all’economico, esprime alla perfezione la mentalità tecno-burocratica dell’Unione Europea. Tuttavia, ci fu un’epoca in cui le “riforme strutturali” avevano ben altri obiettivi e ambizioni: a cento anni dalla Marcia su Roma, vogliamo solo ricordare leggi e decreti con cui il regime di Mussolini si pose all’avanguardia nel campo dei diritti dell’Europa di allora. Non si tratta di intrecciare una “apologia” né tantomeno trovare un fondamento all’ormai proverbiale espressione “Mussolini ha fatto anche cose buone”, ma solo di fornire dati obiettivi consultabili da chiunque. L’elenco delle leggi è tratto dal fondamentale I danni del fascismo (titolo antifrastico) di Alessandro Mezzano del 2006; si consigliano anche i volumi Storia nascosta e verità sul fascismo di Filippo Giannini (2013) e Vergogna! Era meglio l’Italia fascista di Benito Mussolini? di Mario Moncada di Monforte (2018); per una prospettiva più generale, Il fondamento giuridico del fascismo di Sergio Panunzio.

I. Parchi Nazionali
(Gran Paradiso: RDL n° 1584 del 03-12-1922; Abruzzo: RDL n° 257 del 12-07-1923; Circeo: Legge n° 285 del 25-01-1934; Stelvio: Legge n° 740 del 24-04-1935)
Con questi decreti, il fascismo intendeva, tra le altre cose, “preservare la bellezza del paesaggio” (cosa che quest’anno si celebra come “scelta d’avanguardia” in seguito a una riforma degli articoli 9 e 41 della costituzione repubblicana) e coniugare la difesa della natura con lo sviluppo economico delle aree interessate. Dalla prospettiva fascista, il territorio e le sue risorse erano un bene appartenente non al singolo ma alla nazione; da quella costituzionale, le risorse appartengono a una astratta entità stile “Madre Natura” nonché alle “future generazioni” (si spera italiane?).

II. Tutela del lavoro di donne e fanciulli
(Regio Decreto n° 653 del 26 aprile 1923)
Si tratta di una delle prime iniziative di politica sociale assunta sei mesi dopo la Marcia su Roma. Prima del fascismo, la condizione delle lavoratrici era penosa e inenarrabile, per non dire di quella dei bambini:, avviati al lavoro a partire dagli otto anni in miniere, fabbriche e filande, dovevano sottostare a orari durissimi e naturalmente venivano privati di qualsiasi “diritto allo studio”. Si fa un grande parlare delle riforme sociale del fascismo come di una scelta “obbligata” dettata dall’epoca, ma in realtà i tanto millantati sindacalismi socialisti e cattolici non era nemmeno riuscito a ottenere l’aumento dell’età minima per l’avviamento al lavoro, che i fasci invece elevarono a quattordici anni (oltre a stabilire regole severe per un orario giornaliero sostenibile). Per le donne addirittura fu introdotta la non licenziabilità in caso di gravidanza nonché un periodo d’attesa per la maternità.

III. Assistenza ospedaliera per i poveri
(Regio Decreto n° 2841 del 30 dicembre 1923)
Dopo poco più di un anno dalla marcia su Roma, il provvedimento viene emanato nell’ottica di un “intervento tampone” per sanare le questioni sociali in contrasto col programma del Partito e allo scopo di trasformare in legge quei diritti essenziali fino ad allora elargiti per carità cristiana o a seconda del ceto di appartenenza. Questo provvedimento d’urgenza sarà poi perfezionato con la creazione dell’Istituto Nazionale Fascista Assistenza Malattie.

IV. Assicurazione Invalidità e Vecchiaia
(Regio Decreto n° 3184 del 30 dicembre 1923)
La Legge decreta il diritto alla pensione d’invalidità e vecchiaia tramite un’assicurazione obbligatoria al cui pagamento concorrono sia i lavoratori che i datori di lavoro. Anche questo provvedimento va letto in ottica emergenziale; sarà poi perfezionato con l’istituzione, nel 1933, dell’Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale (INFPS).

V. Riforma della scuola Gentile
(R.D.L. n° 1054 del 6 Maggio 1923)
La riforma Gentile, rispetto alla Legge Casati del 1859, eleva l’obbligo scolastico dalla seconda alla quinta elementare, introduce lo studio del latino in tutti gli ordini di scuole medie, stabilisce la nomina ministeriale per rettori e presidi e l’istituzione dei Provveditorati agli studi.
Come commenta Alessandro Mezzano, «la riforma pose mano ad una situazione disordinata ed approssimativa di una scuola che oltre che essere vecchia, poco formativa e disorganizzata, era fortemente selettiva a favore dei ceti abbienti trascurando il compito di dare preparazione e cultura a tutti i cittadini. […]  In relazione alle “Dichiarazioni” della Carta della Scuola, che con la Carta del Lavoro emanata successivamente nel 1927 formerà il binomio cardine della filosofia sociale del Fascismo, il principio dell’obbligo scolastico assume il nuovo significato di “Servizio Nazionale”», ed in coerenza con l’innalzamento dell’avviamento al lavoro i giovani al 14° anno d’età (che estendeva informalmente l’obbligo scolastico), l’istruzione elementare viene suddivisa in quattro cicli: 1. Scuola materna biennale; 2. Scuola elementare triennale (6 -8 anni); 3. Scuola del lavoro biennale (9-10 anni); 4. Scuola media o scuola artigiana o scuola professionale (11-14 anni), alle quali si accedeva dopo avere superato gli esami di ammissione.

VI. Acquedotti Pugliese, del Monferrato, del Perugino, del Nisseno e del Velletrano
Queste “grandi opere” si inseriscono nella storia ingegneristica d’Italia al pari delle canalizzazioni della Serenissima, di quelle Lombarde degli Sforza e di quelle piemontesi iniziate dal Cavour, con il merito ulteriore di aver portato acqua in aree secolarmente afflitte dalla siccità.
L’acquedotto pugliese (il più grande d’Europa)  riprende un progetto di inizio Novecento mai terminato e preso in mano dal fascismo con il commissariamento, nel 1923, dell’Ente Autonomo Acquedotti Pugliesi. La gestione straordinaria fu affidata agli ingegneri Gaetano Postiglione e Luigi Manfredonia e i lavori furono portati a termine nel 1939.

VII. Legge sulla riduzione dell’orario di lavoro
(RD n° 1955 del 10 Settembre 1923)
Una delle prime leggi “sociali” del fascismo, riduce la giornata lavorativa a otto ore giornaliere (e quarantotto ore settimanali). Il decreto inoltre istituisce l’apprendistato con regole altrettanto severe.

VIII. Opera Balilla e Colonie marine e montane per la gioventù
L’Opera Nazionale Balilla, istituita nel 1926 e poi assorbita nel 1937 nella Gioventù italiana del Littorio, stabilisce la centralità dello Stato nell’educazione dei giovani, un principio irrinunciabile del regime, che infatti poi vieterà anche associazioni giovanili di altro tipo come i Boy Scout (mentre per quanto riguarda l’Azione Cattolica si provvederà solo a una sua “laicizzazione”).
Attraverso la Gioventù Italiana del Littorio vennero costruiti impianti sportivi e scuole per istruttori; l’associazione si intestò l’organizzazione di campeggi, colonie climatiche, gare provinciali, regionali e nazionali (si ricordano i celebri Ludi Juveniles, dedicati non solo allo sport ma anche a cultura e arte), oltre che l’assegnazione di borse di studio e l’organizzazione dell’assistenza scolastica tramite appositi “Patronati”.

IX. Opera Nazionale Dopolavoro
Istituita nel 1925, era il corrispettivo della GIL per i lavoratori. Organizzava circoli ricreativi, biblioteche, teatri popolari (sul modello dei Carri di Tespi), corsi di recupero scolastico, gite turistiche (con agevolazioni per trasporti e fruizione di musei e teatri). Come commenta il Mezzano, l’istituzione dei cosiddetti “treni popolari” permise «per la prima volta nella storia del Paese, a grandi masse di cittadini di spostarsi sul territorio nazionale e di conoscere altri Italiani, altre città, altri costumi ed altre tradizioni arricchendo il bagaglio culturale, infrangendo le barriere etniche delle varie regioni e contribuendo a cementare l’unità Nazionale».

X. Sviluppo delle centrali Idroelettriche ed elettrificazione della rete ferroviaria
A proposito di “energie rinnovabili”… Con questa iniziativa Mussolini non volle solo svincolare il Paese dalla dipendenza delle risorse straniere (come il carbone), ma soprattutto porre solide basi energetiche al nuovo tessuto industriale italiano e realizzare l’elettrificazione della rete ferroviaria che, in pochi anni, sarà estesa a tutte le tratte principali.

XI. Istituzione della Reale Accademia d’Italia
(RDL n°87 del 7 Gennaio 1926)
Costituita nel 1926 ma operante dal 1929, la Reale Accademia d’Italia nel 1939 incorporò l’Accademia Nazionale dei Lincei non solo per scontate ragioni di controllo, ma anche per dare alla cultura italiana un più marcato accento “nazionalista” in linea con quanto accadeva in tutta Europa: ricordiamo, giusto per fare un esempio, che dopo la Prima guerra mondiale l’Académie Française venne sostanzialmente commissariata dai “Marescialli” per decenni (e in Francia non c’era il fascismo).

XII. “Bonifica Integrale”
Nel 1923 il regime amplia le competenze dell’Opera Nazionale Combattenti (creata dopo la Grande Guerra per favorire l’occupazione dei reduci) e le affida direttamente la ciclopica bonifica dell’Agro Pontino, con l’impiego di circa 25.000 operai secondo il piano del sottosegretario all’agricoltura Arrigo Serpieri (1877-1960). I fascisti incorporarono il concetto giolittiano di “bonifica integrale” nella legislazione italiana, rendendolo finalmente attivo anche a livello sociale, con la ridistribuzione della proprietà, il rimboschimento, la messa a coltura e la costruzione di infrastrutture, poderi, canali, borghi e città (ricordiamo Pontinia, Littoria, Sabaudia, Aprilia e Pomezia, tutte edificate una dopo l’altra dal 1932 al 1938).
Al risanamento dell’Agro Pontino, si aggiungono le bonifiche dell’Emilia e della bassa valle Padana, quelle di Coltano (Pisa), della Maremma, del Sele e di alcune zone della Sardegna (dove tra il 1933 e il 1935 vennero bonificati 10.000 ettari paludosi nel campidanese e creati 240 poderi con al centro la città di Mussolinia, oggi Arborea; ricordiamo anche le città di Carbonia e Fertilia). In Sicilia, con la creazione dell’Ente di Colonizzazione del Latifondo Siciliano nel 1940, vennero realizzati in base ai principi della “bonifica integrale” i seguenti borghi: Borgo Fazio (Trapani), Borgo Gattuso (Caltanissetta), Borgo Cascino (Enna), Borgo Rizza (Siracusa), Borgo S. Giuliano (Messina), Borgo Lupo (Catania), Borgo Schirò (Palermo), Borgo Bonsignore (Agrigento).
Altri importanti città realizzate lungo tutta la Penisola furono Segezia in Puglia, Alberese e Tirrenia in Toscana, Torviscosa in Friuli ed Arsia e Pozzo Littorio in Istria.

XIII. Opera Nazionale Fascista Maternità ed Infanzia
(Legge promulgata il 10 Dicembre 1925 con R.D. n° 2277 e regolamentata con R.D. n° 718 del 15 Aprile 1926)
Dall’art. 4: “L’Opera Nazionale provvede, sia direttamente, sia per mezzo dei suoi organi provinciali e comunali, con te modalità stabilite nel regolamento, alla protezione e all’assistenza delle gestanti e delle madri bisognose o abbandonate; dei bambini lattanti e divezzi sino al quinto anno, appartenenti a, famiglie bisognose, dei fanciulli fisicamente o psichicamente anormali, e dei minori materialmente o moralmente abbandonati, traviati o delinquenti, sino o all’età di anni diciotto compiuti”. Le competenze ed i compiti principali dell’ONFMI sono il coordinamento delle istituzioni assistenziali per la maternità ed infanzia già esistenti; la creazione di nuovi istituti di varia natura per mettere ordine nel panorama assistenziale; la fondazione di asili, consultori ed ambulatori medici; l’organizzazione di corsi d’informazione sull’igiene pre- e post- natale nei consultori e nelle scuole femminili; organizzazione della profilassi per la prevenzione della tubercolosi e delle malattie infantili; controllo del lavoro minorile.

XIV. Assistenza illegittimi, abbandonati od esposti
(R.D.L. n° 798 del’8 maggio  1927)
La legge è ispirata agli stessi principi della precedente, in particolare nel conferire allo Stato la responsabilità dei minori abbandonati precedentemente lasciati alla mercé della carità privata o confessionale.

XV. Carta del lavoro
(G.U. n° 100 del 30 Aprile 1927)
Punta di diamante del riformismo fascista, da essa emanano provvedimenti come: l’obbligatorietà della stipula di Contratti collettivi di categoria; l’Istituzione della Magistratura del lavoro; l’istituzione dell’albo degli esperti del settore produttivo; il diritto alle ferie; l’istituzione della indennità di liquidazione di fine rapporto; l’istituzione degli uffici di collocamento Statali; il perfezionamento delle assicurazioni in favore dei lavoratori contro gli infortuni, per la maternità, per le malattie professionali, contro la disoccupazione; l’istituzione di corsi professionali per l’apprendistato.

XVI. Esenzioni tributarie per le famiglie numerose
(Regio Decreto n° 1312 del 14 giugno 1928)
Come afferma Mezzano, «con questa Legge viene ribadito il concetto dello Stato Sociale che non si limita ad amministrare la ricchezza prodotta dal Paese, ma applica il principio secondo il quale il diritto alla solidarietà non è correlato solo alla capacità produttiva dei cittadini, ma anche alle loro situazioni di necessità».

XVII. Rete Stradale ed Autostradale, Ferrovie e Porti
Nel 1928 viene costituita l’Azienda Autonoma Strade Statali (A.A.S.S.) con il compito di costruire la rete primaria stradale per 20.000 chilometri. Tra il 1925 ed il 1935 si costruiscono le principali Autostrade: Milano-Laghi, Milano-Bergamo, Roma-Ostia, Napoli-Pompei, Bergamo-Brescia, Milano-Torino, Firenze-Mare, Padova-Mestre e Genova-Serravalle, per complessivi 500 chilometri.
Tra il 1920 ed il 1940 si procede alla elettrificazione generale (mentre nelle tratte non elettrificate si utilizzano le “Littorine”).
Tra il 1923 ed il 1926, si modernizzano i Porti di Livorno, Genova, Napoli, Marghera, Civitavecchia e Ravenna.

XVIII. Creazione delle aree Industriali
Il regime, attraverso specifici Enti ad hoc come l’Istituto per la Ricostruzione Industriale e l’Istituto Mobiliare Italiano, organizza poli industriali in grado di competere a livello europeo e mondiale. Alcuni esempi sono quelli di Fiume, Trieste-Monfalcone, Aurisina-Pola, Livorno, Ferrara, Roma, Apuania e Palermo.

XIX. Legge sull’Assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali e Legge istitutiva dell’Istituto Nazionale Fascista Infortuni sul Lavoro
(Promulgate rispettivamente il 13 maggio 1929 con Regio Decreto n° 928 e il 23 marzo 1933 con Regio Decreto n°264)
Con queste disposizione il governo garantiva totale copertura assicurativa a chiunque si fosse infortunato sul lavoro o avesse contratto una “malattia professionale”, categoria che il fascismo introdusse nelle sue politiche previdenziali superando quindi la tradizione liberale che non riconosceva il lavoro del cittadino come un “servizio” alla comunità nazionale, la quale di conseguenza aveva il dovere di dare assistenza a chi si infortunava nello svolgere tale “servizio”.
L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, assorbendo la precedente Cassa Nazionale per la Previdenza, nasce come Ente di diritto Pubblico con gestione autonoma e stabilisce, per la prima volta in Italia, una forma di assicurazione per gli invalidi al lavoro. Tra il 1939 ed il 1941, all’INPS vengono delegate anche l’assicurazione contro la disoccupazione, l’erogazione degli assegni famigliari, le integrazioni salariali per i lavoratori sospesi o ad orario ridotto.

XX. Istituzione del Libretto di Lavoro
(RD n°112 del 10 gennaio 1935)
Altra emanazione dalla “Carta del Lavoro”, il libretto era uno strumento atto a contrastare il lavoro nero, lo sfruttamento di donne e fanciulli, gli abusi sull’orario di lavoro. Il documento, obbligatorio, riportava grado d’istruzione, certificato medico di idoneità al lavoro, la qualifica professionale del lavoratore, l’ammontare della retribuzione, l’associazione professionale cui il lavoratore è iscritto, le date di assunzione e di cessazione dal servizio, infortuni e malattie.

XXI. Riduzione dell’orario di lavoro a quaranta ore settimanali
(R.D. n° 1768 del 29 Maggio 1937)
Conosciuta come “Sabato fascista”, la legge, secondo il Mezzano, rappresenta «un ulteriore passo in avanti nella “umanizzazione” del lavoro […]. L’obiettivo è quello di formare uno “Stato del lavoro” in cui la figura del lavoratore assume il ruolo di protagonista ed una dignità ed un’importanza mai avute prima […]»

XXII. Legge istitutiva dell’Ente Comunale di Assistenza
(Regio Decreto n° 847 del 19 giugno 1937)
In ogni comune italiano viene istituito l’Ente Comunale di Assistenza “con lo scopo di assistere individui e famiglie che si trovino in condizioni di particolari necessità”. L’Ente procede al raggiungimento dei suoi fini tramite “le rendite del suo patrimonio e di quello delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza che esso amministra e che non siano destinate a particolari fini istituzionali”.

XXIII. Assegni Familiari
(Regio Decreto n° 1048 del 17 giugno 1937)
L’introduzione di questo elemento nel mondo del lavoro emana da una concezione  della società che contempla la famiglia come proprio fondamento.  Gli assegni spettano a tutti gli individui a carico del capo-famiglia lavoratore. Questo è uno dei tanti strumenti previdenziali introdotti dal fascismo che persino i politici più critici nei confronti dell’istituzione familiare si guardano bene dal voler eliminare.

XXIV. Casse rurali ed artigiane
(Regio Decreto n° 1706 del 26 agosto 1937)
Questa legge mette ordine nell’universo delle banche cooperative sorte per garantire l’accesso alle categorie di lavoratori escluse dai grandi istituti d’affari. Il testo unico stabilisce uno Statuto generale valido per tutte le banche cooperative (denominate appunto “Casse rurali ed Artigiane”), estende a tutto il territorio nazionale la possibilità di accedere al credito specifico. È n virtù di tali strumenti che il tessuto produttivo italiano ha assunto quelle caratteristiche che ancora oggi conserva (seppur tra mille difficoltà e “sabotaggi”), in particolare riguardo la valorizzazione delle cosiddette Piccole e Medie Imprese.

XXV. Legge istitutiva dell’Istituto Autonomo delle Case Popolari 
(Legge T.U. con R.D. n° 1165 del 28 Aprile 1938, G.U. supplemento n° 177 del 5 Maggio 1938)
Questo Testo Unico riordina le precedenti leggi relative alle Case Popolari come
quelle dell’Istituto Autonomo Case Popolari istituito nel 1924. Cito ancora Mezzano: «Mai nessuno, prima dell’avvento del Fascismo, aveva considerato il problema di dare ai lavoratori una casa dignitosa, con affitti che fossero adeguati ai salari e con la possibilità di diventarne proprietari tramite l’acquisto a riscatto. Né i sindacati, né i governi si erano mai preoccupati di sottrarre le fasce deboli all’arbitrio ed allo sfruttamento del “libero mercato” che, specie nelle grandi città dove l’incremento della popolazione era in notevole aumento a causa dello sviluppo del fenomeno della industrializzazione, poneva alle famiglie il dilemma di abitare in tuguri a volte privi delle pur minime strutture igieniche o di sottrarre una grossa fetta del salario per una casa dignitosa».
L’accento sulla “autonomia” dell’Istituto è un segnale contro la burocrazia, che dovrà assegnare le case a costi proporzionati ai salari: in tale ottica, per gli statali il regime istituisce anche l’Istituto nazionale per le case degli impiegati statali.

XXVI.  Riforma dei Codici
Con il RD n° 1398 del 19-10-1930 fu varato il nuovo Codice Penale mentre con il coevo RD n° 1399 del 19-10-1930 fu approvato il nuovo Codice di Procedura Penale. Questi due Codici che presero il nome dal Ministro della Giustizia  Alfredo Rocco, ordinarono in maniera organica il diritto sostanziale ed il diritto processuale penali. Il Codice Rocco rappresenta una delle fonti del diritto penale italiano ed è ancora oggi in vigore (solo quello di procedura penale è stato sostituito nel 1989).
Furono poi istituiti il Tribunale per i Minorenni (RDL n° 1404 del 20-07-1934), incentrato sulla rieducazione dei giovani detenuti; furono varate le Leggi sulle Cambiali (RD n° 1669 del 14-12-1933) e sull’Assegno (RD n° 1736 del 21-12-1933) e furono ordinate con appositi Testi Unici le normative che regolavano materie quali la Legge Comunale e Provinciale (RD n°383 del 03-03-1934), le Leggi sul Consiglio di Stato (RD n°1054 del 26-06-1924), le Leggi di Pubblica Sicurezza (RD 18-06-1931), le Leggi Sanitarie (RD n° 1265 del 27-07-1934).
Tra la fine degli anni trenta e l’inizio degli anni quaranta, il regime approvò il nuovo Codice Civile (RD n° 262 del 16-03-1942) col quale venne riconosciuta giuridicamente la Carta del Lavoro.
Tali Leggi costituiscono ancora il quadro normativo di riferimento dell’intero ordinamento giuridico italiano.

XXVII. Legge Urbanistica
Emanata il 7 Agosto 1942, la Legge n° 1152 è il primo organico riordino della strumentazione urbanistica del nostro Paese dall’Unità d’Italia. Lo spirito della legge deriva dall’impostazione datane dal ministro dell’Educazione Nazionale Giuseppe Bottai, che al Primo congresso Nazionale di Urbanistica del 1937 propone un’idea di urbanistica quale “antidoto all’urbanesimo”, per favorire uno sviluppo delle città in armonia con la campagna. Con questa Legge vengono posti concetti cardine come l’obbligatorietà del Piano regolatore Generale e l’obbligo per tutti i Comuni del regolamento edilizio e della licenza edilizia.

XXVIII. Assistenza sanitaria gratuita
(Legge promulgata il 11-01-1943 con Regio Decreto n° 138, G.U. n° 77 del 03-04-1943)
Con questa legge è istituito l’Ente “Mutualità fascista – Istituto per l’assistenza di malattia ai lavoratori” che provvede all’assistenza sanitaria generica, domiciliare, ambulatoriale, farmaceutica, ospedaliera, ostetrica, pediatrica, integrativa. La Legge sull’assistenza sanitaria gratuita varata in Italia è stata tra le prime al mondo.

XIX. Legge Bottai sulla custodia, conservazione e contabilità del materiale artistico, archeologico, bibliografico e scientifico
(R.D. n° 1917 promulgato il 26 Agosto 1927 G.U. n° 246 del 24 Ottobre 1927 e Legge n° 1089 promulgata il 1 Giugno 1939)
La Legge Bottai sul patrimonio artistico non ha precedenti nella storia italiana: per la prima volta un governo si pone la conservazione dei beni artistici e culturali come obiettivo primario, con un marcato contrasto sia alla speculazione privata che alla trascuratezza della loro tutela, favorendo anche un sistematico lavoro di catalogazione di “oggetti d’arte, monumenti, beni archeologici, bibliografici, etnici, archivistici”.  Nella Legge viene anche dichiarata la superiore competenza delle sovrintendenze specifiche nel caso di lavori che coinvolgano materiale artistico od archeologico. Inoltre le disposizioni per impedire il deterioramento, la dispersione o l’alienazione del patrimonio artistico e culturale nazionale costituiscono ancora la base della tutela dei beni artistici nazionali.

XXX. Tutto il resto
Per chiudere l’elenco con una “cifra tonda”, potremmo citare i Patti Lateranensi, la lotta senza quartiere alla mafia (come affermò lo stesso Giovanni Falcone: «L’unico tentativo serio di lotta alla mafia fu quello del prefetto Mori, durante il fascismo, mentre dopo, lo Stato ha sminuito, sottovalutato o semplicemente colluso») e il rivoluzionario piano di socializzazione della RSI come ritorno alle origini del programma Fascista del 1919.

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