Chaz: la Comune di Seattle è Realpolitik 101

A seguito delle proteste per l’uccisione di un nero da parte delle forze dell’ordine americane, un gruppo di manifestanti ha deciso di creare una sorta di “Comune di Parigi” nei pressi di una stazione di polizia occupata, la “Zona Autonoma di Capitol Hill”, già passata alle cronache come CHAZ (Capitol Hill Autonomous Zone).

Nel giro di pochissimo un ex-rapper che si fa chiamare Raz ha iniziato a girare con un kalashnikov rivendicano il controllo della zona assieme ai suoi scagnozzi armati fino ai denti. Leader of the rebel state, lo descrivono i giornali, mentre i soyboy si lamentano su Reddit perché non è stato eletto democraticamente.

 

Realpolitik 101, insomma. Chi vuole può seguire le peripezie della CHAZ sull’account Twitter CHAZ Struggles, che ha esordito segnalando i tentativi degli anarchici di creare un orto semplicemente posando le piantine ANCORA NEI VASI su un fazzoletto di terra.

Giusto per ricordare, il concetto di Autonomous Zone è stato elaborato da un pedofilo americano, Peter Lamborn Wilson (noto come Hakim Bey), che ha voluto tradurre in politichese le proprie brame predatorie immaginando una Fantasy Island dove poter praticare liberamente la sua “pederastia sacra” (per chi volesse approfondire, segnalo l’articolo qui sotto).

Zone temporaneamente pedofile (Tenere fuori dalla portata degli anarchici)

Tuttavia, più in generale, la principale ispirazione di tale tipo di attivismo va cercata nell’anonimo “aggiornamento” del famigerato Anarchist Cookbook del 1971 (in seguito rinnegato dall’autore dopo la sua conversione all’anglicanesimo), riscritto qualche anno fa per renderlo più adatto alla sensibilità della nuova generazione di barricadieri alla soia.

Recipes for Disaster: An Anarchist Cookbook (tradotto in italiano con Ricette per il caos, Fazi, Roma, 2006) rispetto alla versione originale non contiene istruzioni per fabbricare esplosivi o nozioni base di strategia e guerriglia urbana, ma consigli per la creazione di banchetti e infoshop, il “dirottamento di eventi”, il sabotaggio di cartelloni pubblicitari, oltre a dritte sulle migliori tecniche di street art (come i certosini e costosissimi “mosaici d’asfalto”, oppure la “pittura a distanza” con i liquidator).

Qualche pillola di rivoluzione:

«Potete attaccare un cartello scritto a mano a un distributore automatico di una marca da boicottare, in modo da dissuadere chi intendeva lucrarci sopra» (p. 63);

«Puoi allestire spettacoli di burattini per bambini che comunicano informazioni importanti anche ai loro genitori» (p. 69);

«Sotto Natale vestitevi da Babbo Natale e iniziate a distribuire ai clienti gli articoli di un grande magazzino, finché i proprietari non se ne accorgeranno: pensate all’effetto che farà sui bambini quando la polizia li costringerà a restituire i regali e porterà via in manette Babbo Natale» (p. 73);

«La notte prima che cominciassero le lezioni all’Evergreen State College, ci siamo intrufolati nelle aule e abbiamo attaccato messaggi provocatori sotto i banchi, lasciando un angolo scollato in modo che la carta sfiorasse la gamba di qualcuno […] gustando l’idea che potessero passare anche tre anni prima che qualcuno li trovasse» (pp. 78-79).

Interi capitoli del manuale sono inoltre dedicati all’organizzazione di concerti punk nell’alimentari sotto casa, o al cosiddetto “giardinaggio-guerriglia”, che consiste nel creare concime naturale ricoprendo i rifiuti biodegradabili con “foglie o segatura” e pisciandoci sopra “quando possibile”.

Ci sono anche “ricette” nel verso senso della parola (ovviamente solo vegetariane), ma i consigli gastronomici politicamente più significativi sono quelli che potremmo trovare anche in una brochure della Caritas: «Andate nelle panetterie all’ora di chiusura e chiedete il pane che butteranno via», oppure: «Se qualcuno si preoccupa per la responsabilità legale della distribuzione gratuita di alimenti, potete fare riferimento alla legge “del buon samaritano” che disciplina la distribuzione dei prodotti alimentari a fini di solidarietà sociale» (pp. 89-90).

Dunque anche il giardinaggio, seppur messo in pratica nelle modalità che abbiamo potuto apprezzare, ha per questa compagine ha valore politico: come dicevamo, si tratta di guerrilla gardening, una forma di attivismo che in Italia ha avuto un effimero successo all’inizio degli anni ’10 del XXI secolo.

Il mercato attorno a questa “guerriglia” è peraltro molto vivace. Una ditta inglese, per esempio, mette a disposizione delle granate floreali:

«Il giardinaggio si fa guerriglia: le aveste viste, potete far finta di niente, ma le avete viste. Quelle aree dimenticate, lasciate andare in rovina. Quei parchi comunali dove nulla può crescere… Oppure sì? Trasformate la giungla di cemento in natura selvaggia con le nostre bombe di fiori selvatici compattati. Ci vorranno almeno 3 settimane per vedere spuntare i ranuncoli e i papaveri; il loglio sarà la prima cosa a crescere dopo circa una settimana».

 

Sfortunatamente, è tutto accaduto così in fretta che i novelli comunardi non hanno fatto in tempo a fare incetta di queste “granate”…

Se è per questo, i ribelli americani non sembrano avere molta familiarità nemmeno con le granate e vere proprie: avevamo già osservato poco tempo fa come l’ostentazione di armi, sfoggiate perlopiù da “braccine” gracili e insoiate, non fosse che una posa (fomentata anche dall’ossessione americana per le armi) e che alla resa dei conti l’unico addestramento militare ricevuto da costoro è stato quello di pisciare sui rifiuti biodegradabili, oltre che “tatuarsi, tingersi la pelle, rasarsi la testa e le sopracciglia, travestirsi”, come consiglia sempre il ricettario di cui sopra.

Braccine di soia vuol combattere coi curdi

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