Mi sorprende che sulla Wikipedia italiana campeggi una voce, per giunta piuttosto curata (seppur sempre in quello stile al contempo ampolloso e discorsivo tipico dei manuali delle medie), riguardante lo scrittore Nikolaj Starikov, molto noto in patria come polemista d’assalto e i cui saggi revisionisti sulla Seconda Guerra Mondiale hanno avuto enorme successo.
Questa voce, dicevo, mi stupisce perché nel nostro Paese Starikov non è mai stato nominato nemmeno in uno di quegli articoli in forma di lista di proscrizione (o viceversa) come attiguo alla galassia nazi-comunista / rossobruna / molotovribbentroppiana che fa capo a Putin.
E, come prevedibile, non c’è nemmeno mai stata ombra di qualcuno interessato a “importare” almeno una delle sue opere più note come Кто заставил Гитлера напасть на Сталина. Роковая ошибка Гитлера, cioè Chi ha messo Hitler contro Stalin, edito dalla Piter di San Pietroburgo nel 2008, ristampato in numerose edizioni e addirittura in una versione in inglese da parte della stessa casa editrice (nel 2015, Who set Hitler against Stalin?), nonché tradotto anche in tedesco nel 2017 (Wer hat Hitler gezwungen Stalin zu überfallen?).

Il volume non contiene chissà quali rivelazioni colossali, ma esprime una visione storica coerente da una prospettiva russocentrica secondo la quale le “potenze occidentali” (in veste di grandi gruppi finanziari anglo-americani) avrebbe creato a tavolino la figura di Adolf Hitler per trasformare l’intera Europa in una sorta di “Stato cuscinetto” in chiave anti-comunista, che sulla breve distanza avrebbe fatto da ponte per un progetto geopolitico più ampio diretto al cuore d’Eurasia.
Le letture più originali di Starikov riguardano l’interpretazione del Mein Kampf come un “messaggio cifrato” per gli inglesi (il quale avrebbe garantito alla Perfida Albione una sponda nel continente, attestando tra le righe che il nazismo non avrebbe mai rappresentato una minaccia per gli interessi britannici); la riduzione dell’attacco all’Unione Sovietica a un errore strategico, una “bizza” del Führer che avrebbe costretto i suoi patrocinatori a fermarlo per il disequilibrio da egli creato; e, ovviamente, il suo inquadramento dell’Ucraina come “perno” per l’instaurazione di un baluardo anti-russo in Europa (nelle forme di una “Grande Ucraina” letteralmente in stile Risiko, obiettivo in ultima analisi mancato da Hitler).
Al di là della sostanza controversa, il volume è ben scritto e annovera fonti interessanti in lingua russa, forse la parte più “invitante” anche per lo storico professionista, che di certo lo accoglierebbe con scetticismo e indifferenza. Ad ogni modo il libro non scade mai nel fogliettone complottista, nonostante l’Autore ci tenga spesso a far sapere il proprio parere confondendo un po’ le acque, per esempio, sulla natura del bolscevismo, considerato un male da una prospettiva quasi metastorica ma al contempo rivalutato in base alla classica dicotomia Trotskij “pagato dagli Occidentali” e Stalin “socialista critico riscopertosi patriota”.
Personalmente ho già tradotto alcune parti del testo per un lettore che me lo aveva chiesto, facendo un minimo confronto anche tra la versione russa e quella inglese (piuttosto fedele, considerando che alla fin fine l’ha pubblicata lo stesso editore). Avevo provato a proporlo a qualche casa “alternativa” nei tempi in cui avrebbe avuto senso stamparlo non solo come curiosità o “russeria” (2022 circa).
Ora, nonostante l’appeasement obbligato con Mosca per indicazione di Washington (le dinamiche, bene o male, sono sempre le stesse), dubito si aprirà comunque lo spazio per certe iniziative. Meglio così, forse, soprattutto perché la figura di Stalin è potenzialmente in grado di mettere in difficoltà il mainstream italiano più di quella di Hitler, per non dire di Putin.
Negli anni ’90, su una rivista (mi sembra “ORION”), uscì un articolo, il cui senso era che furono i trotzkijsti infiltrati nelle reti spionistiche sovietiche che spinsero i due dittatori l’uno contro l’altro. In pratica, uno degli articoli del Molotov-Ribentropp, prevedeva che le due nazioni dovevano ridurre ai minimi termini le reciproche reti spionistiche all’interno dell’altro. I Tedeschi lo avevano fatto. La famosa “ORCHESTRA ROSSA”, pur in presenza di un esplicito ordine al riguardo, avava solo finto di farlo. La parte residua della rete tedesca, riuscì a saperlo. Fu abbastanza per far spingere i tedeschi a sospettare di violazione dei patti .
Il libro è interessante, se non altro in questo stantio regime che pone la Seconda guerra mondiale come una sorta di culto manicheo, ma onestamente alquanto superficiale. Sarebbe stato interessantissimo capire i veri motivi per cui nell’estate-autunno del 1940 i sovietici hanno deciso di adottare una politica espansionista verso i Balcani, in diretto contrasto con l’Asse, anziché verso il Golfo Persico, dove la diplomazia tedesca li indirizzava e dove avrebbero cozzato con i britannici. Forse la ragione risiede nella sconfitta tedesca nella Battaglia d’Inghilterra, o forse c’è qualcosa di molto più losco sotto, legato a false informazioni diffuse da agenti britannici o, in genere, nel sottobosco delle sette e logge in cui servizi inglesi e bolscevichi sguazzavano. Però onestamente non si trova un bel niente sul tema, salvo “Hitler kattivo voleva dominare il mondo” o “Stalin cattivo voleva dominare il mondo”. Le plutocrazie anglosassoni invece erano e sono rette da chierichetti, come noto…