Chi ha ucciso il presidente iraniano Raisi? La lista dei sospettati è di per sé sospetta

Riguardo alla tragica scomparsa di Ebrahim Raisi, il Presidente iraniano precipitato in elicottero al confine azero dopo una missione diplomatica, che aggiunge benzina sul fuoco a uno scenario sempre più insostenibile qualche giorno dopo il Franz Ferdinand moment (così la stampa anglosassone) rappresentato dal tentato assassinio del premier slovacco Robert Fico, è singolare che anche sui quotidiani persiani più conservatori al momento attuale non siano ancora stati evocati Israele o gli americani come possibili mandanti, ma ci si limiti a pubblicare inviti alla preghiera (forse nei prossimi giorni emergerà altro, ma per ora è così).

Al contrario, senza troppa irrequietezza, la stampa americana discute apertamente della “guerra ombra con Israele che incomberebbe anche sulla scomparsa di Raisi”. Così, per l’appunto, il Times, che mette sul tavolo le ipotesi più maliziose, prima rimandando alle faide interne:

«La causa dell’incidente – che ha ucciso anche il ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian, il governatore della provincia iraniana dell’Azerbaigian orientale e altri politici di spicco – è ancora da indagare. Qualsiasi scoperta ufficiale sarà tuttavia aperta all’interpretazione, come i fuochi d’artificio esplosi nelle strade di Teheran domenica notte: stavano celebrando la vigilia della festa che segnava la nascita di Reza, l’ottavo Imam sciita? Oppure la morte di Raisi, Presidente notoriamente intransigente?»,

ma poi poi alludendo a una rappresaglia per l’attacco con droni perpetrato da Teheran contro Israele circa due mesi fa:

«Per coloro che sono disposti a credere che l’incidente sia stato architettato da Tel Aviv, il luogo in cui è avvenuto incoraggia le speculazioni. L’elicottero di Raisi è precipitato in una foresta montuosa vicino al confine con l’Azerbaigian, il Paese meno amichevole tra i vicini dell’Iran, in parte perché mantiene rapporti con Israele e ha collaborato in passato con il Mossad».

Secondo i dissidenti iraniani di stanza negli Stati Uniti, la fine tragica di Raisi farebbe parte di un complotto interno legato alla successione dell’ayatollah Khamenei, il quale oltre che anziano sarebbe anche malato.

In effetti sono le stesse insinuazioni avanzate ai tempi in cui venne ucciso dagli americani -in maniera piuttosto plateale- il generale Soleimani: col senno di poi, il fatto che non ci sia stata alcuna ritorsione da parte di Teheran confermerebbe indirettamente una qualche forma di acquiescenza.

Sempre secondo le malelingue, il cui giudizio è naturalmente “interessato”, la scomparsa di Raisi risolverebbe più problemi a livello di potere interno iraniano rispetto a quanti ne potrebbe creare. Al di là di qualsiasi posa cinica e col dovuto rispetto per la tragedia personale, se si è trattato davvero di un incidente esso è capitato proprio nel momento peggiore a livello internazionale.

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