Volevo riprendere alcune considerazioni espresse nel mio post precedente, le quali hanno suscitato discussioni sicuramente interessanti, ma poco attinenti al tema trattato. Per questo consiglio ancora una volta ai miei lettori di farsi fornire almeno un abstract dall’intelligenza artificiale [1] dei miei pezzi prima di commentarli.
Detto ciò, entriamo in medias res: la mia tesi non riguarda le scelte personali ma le dinamiche collettive, alle quali conferisco un senso politico nel momento in cui il dato che chi si dichiara di “destra” sia più incline a sposare donne straniere, o per meglio dire “immigrate”, a divorziare e a fare pochi figli (se non nessuno), mentre chi è di “sinistra” riesca -involontariamente- a costruire una “famiglia tradizionale”, a mio parere andrebbe interpretato alla luce dell’instabilità non solo materiale e sociale ma anche psicologica indotta nelle masse occidentali per motivi poco trasparenti.
Se questa però era la chiave di lettura da adottare nella prospettiva più ampia, a livello di polemica spicciola chiaramente facevo riferimento a una dimensione “castale” delle appartenenze politiche, anch’essa in ogni caso indice della “schizofrenia” introiettata sia nella plebe che negli ottimati. Dunque il piddino che applaude a ogni sbarco ci tiene a stare il più lontano possibile dagli sbarcati, non solo per questioni di incolumità personale ma anche per mantenere un’immagine idealizzata sia di se stesso (“la parte migliore del Paese”) sia dell’immigrato (il “buon selvaggio”).
Al contrario, il destrorso che festeggia a ogni ribaltamento di barcone si trova poi effettivamente a vivere nei “quartieri a rischio” e di conseguenza deve venire a patti con la composizione etnico-sociale del proprio ambiente, talvolta in maniera piuttosto esuberante e vivace ad onta di qualsiasi remora “ideologica” (probabilmente presente solo a livello superficiale).
Mi spiace che qualcuno abbia frainteso il mio messaggio (in fondo molto semplice), da una parte sentendosi attaccato per le proprie scelte personali, dall’altra attribuendomi l’intenzione di presentare un’immagine positiva della cumcietta italica, addirittura consigliandola come opzione preferibile a qualsiasi altra?!!
Ovviamente non ho mai sostenuto nulla del genere e siccome mi preme scansare ogni equivoco, liquido in due parole il primo punto: nessuno dovrebbe sentirsi offeso per qualcosa che ha letto su internet, soprattutto se si tratta di considerazioni generali. M’immagino la scena del lettore che ha sposato una Strapponescu e dopo aver letto il mio pezzo è corso davanti allo specchio col volto rigato di lacrime ripetendosi: “Non mi sto meticciando con nessuno, bianco con bianco fa bianco, io la amo, non voglio lasciarla… però Mister Totalitarismo ha scritto quella roba che io ho interpretato come un attacco alle mie convinzioni più profonde e dunque domani per coerenza memetica la rispedisco in Bucovina“.
Io non volevo offendere né mancare di rispetto a nessuno, ma d’altro canto se voi vi fate mettere in difficoltà da una cazzata letta di sfuggita su un blog, allora o non avete nessuna autostima oppure mi permetto di pensare che proviate qualche rimpianto di troppo per la vostra scelta…? Per il resto, credo che l’onestà intellettuale debba prevalere su tutto e a volte mettere in difficoltà chi continua a perseguire stili di vita totalmente in contrasto con quello in cui crede (ma questa sembra la cifra dell’essere umano, dunque non allarghiamo il discorso).
Veniamo finalmente alla questione della cumcietta: non voglio alzare i toni, ma sia chi ha commentato qui in pubblico sia chi mi ha scritto in privato, dovrebbe spiegarmi dove ho detto che la cumcietta è preferibile a una straniera?! Mi sono solo limitato a registrare un fenomeno che, almeno nel Nord Italia, ha raggiunto livelli non più trascurabili. Non ho detto che chi sposa un’italiana è “moralmente” superiore di chi va con la straniera, ma che certe dinamiche rispecchiano l’appartenenza sociale, anch’essa poi sottoposta al “caos indotto” a cui accennavo. Peraltro non si può portare il caso di chi sposa la figlia di un criminale di guerra serbo o la discendente di una antica casata vietnamita, perché io parlavo soprattutto di donne di origine “migrante”, quindi non la turca che hai conosciuto in un villaggio vacanze ma la marocchina che avevi in classe alle medie (perché, non essendo di estrazione piddina, non sei stato spostato in una scuola con meno stranieri), non la turista giapponese che hai incontrato a Firenze ma la “asiatica” (concetto che va dalle Filippine al Bangladesh passando per Cina e Pakistan) con cui ti incrociavi al supermercato di quartiere. Eccetera eccetera.
Insomma, mi pare che il mio pensiero sia chiaro e non in contrasto con quel che ho sempre sostenuto sulle donne straniere, nonostante pure qui siano sorti diversi fraintendimenti su alcune mie affermazioni. Colgo perciò l’occasione per approfondire un punto che mi preme da tempo: per quanto il meme di cumcietta faccia ridere, utilizzarlo per fantasticare su una presunta superiorità delle donne straniere rispetto alla “italiota media” è un atteggiamento tanto ingenuo quanto rivoltante.
La donna è sempre la stessa a qualsiasi latitudine: una creatura ingannatrice, disumana, crudele, violenta, ottusa, maliziosa, degenerata, insensibile, bugiarda e traditrice. A influenzare i suoi atteggiamenti è quasi esclusivamente il contesto in cui si trova a crescere e vivere: inutile perciò conferire un merito morale a una femmina che non abbia puttaneggiato sin dall’età di undici anni, se nel suo paesino slavo-levantino chi scopriva la caviglia veniva umiliata pubblicamente da padri e madri, nonne e fratelli, maestri e preti/imam, menestrelli e monarchi.
Questo mi sembra il nocciolo della questione: c’è chi va in cerca della “immigrata” perché pensa che le sue origini, aggiunte alla condizione sociale, possano renderla meno insopportabile della cumcietta nazionale, oppure anche frenare gli impulsi all’ipergamia, altra costante universale del genere. Tuttavia, nel caso delle donne è il contesto a giocare un ruolo essenziale, quindi a meno di ipotizzare una qualche forma di imprinting più potente in alcune etnie piuttosto che in altre (e che dunque porterebbe la ragazza cresciuta nello sperduto villaggio afro-balcanico mangiando ortiche impastate di fango e utilizzando vestiti di cartone a fare del proprio contesto una bussola morale inscalfibile a fronte di un “ecosistema” occidentale che la spinge a diventare un mostro di egoismo e depravazione) secondo me, al di là dei sentimenti, chi va con la straniera credendo di trovare qualcosa che cumcietta non potrebbe offrirgli in un contesto diverso, a meno che non sia davvero fortunato rischia una brutta sorpresa.
Le osservazioni di cui sopra si possono riallacciare al pezzo sulla “famiglia piddina”: il “contesto” (se volete si può usare anche l’espressione orteghiana circunstancia, che però ha eccessivi risvolti esistenziali in riferimento a una femmina) in cui si forma la fanciulla piddina è quello in cui alle sue naturali tendenze alla dissoluzione si frappone l’ostacolo ideologico della “causa” (dalla rivoluzione proletaria a quella femminista fino all’odierno “leninismo biologico”) che detiene un peso obiettivo nelle dinamiche di accoppiamento.
Con ciò non intendo sostenere che la piddina pescherà per forza tra i piddini, anzi, ma almeno riconoscere l’esistenza di un “qualcosa” su cui far leva. Lo stesso discorso potrebbe valere per le donne straniere nella misura in cui venissero portate in un contesto minimamente simile a quello di provenienza, cosa che un maschio occidentale non può permettersi perché la tabe è giunta dappertutto.
In conclusione: se l’ambiente è cumciettogeno, tutte le donne diventano cumcietta, indipendentemente dalla nazionalità o dal colore della pelle (stavo per citare il quoziente intellettivo, ma come è noto esso nel genere è distribuito in maniera piuttosto omogeneo tra le diverse razze/specie rispetto ai maschi). La convinzione che la zarah (la “straniera” in ebraico) possa essere diversa dall’italiana non solo ignora volutamente le centinaia di varianti (dipendenti perlopiù dal contesto), nonché la natura universale della femmina, ma per giunta si rifugia nelle stucchevoli mitologie dello Selbsthass italiota che collocano in un metafisico “estero” tutte le sublimi virtù dell’essere umano.
[1] Segue, a titolo esempio, una sintesi del mio articolo tramite l’intelligenza artificiale:
Capisco benissimo il contenuto del tuo articolo.
Anzi ti ringrazio per la possibilità di fare riflessioni tramite i commenti.
Scusa mister ma una domanda non inerente al tuo articolo?
Eventualmente può rispondere chi legge questo blog.
ma un italiano che decidesse di andare via dall’Italia (sentendosi esule non immigrato) dove sarebbero i posti migliori dove andare?
Per esempio riguardo il centro – Sud America, e sud est asiatico? E qualche posto qui in Europa non soggetto alla U.E?
C’è uno di sinistra che si è messo con le più brutte ragazze dell’estero, anche di 50 anni è mezzo frocio e si sentiva una donna, di fare una famiglia la farebbe ma se ne fregherebbe dei suoi figli. Poi c’è un altro che conosco che aveva la ragazza mulatta che vendeva immagini su onlyfans ed era molto liberale e ateo. Mi domando dove siano gli esempi che peschi, perché a me sembra che stiano solo su internet o nel mondo politico. È naturale che chi è politico se pur di sinistra deve far vedere una facciata della sua famiglia e che visto che hanno 50/60 anni non siano del tutto degenerati. Cioè esistono casi nel mondo reale? Non parlo di chi in un paese di merda ha un sacco di soldi e ha tutta l’attenzione su di se, parlo dell’uomo comune
Gli stranieri subiscono meno la pressione “civilizzatrice” delle istituzioni, quindi possono permettersi costumi e opinioni che a noi non sono permesse; ma probabilmente hai ragione a dire che è un miraggio vedere le loro donne come migliori. In Italia l’ambiente è piddinogeno, tutto spinge a sinistra, e le femmine sono più influenzabili. D’altronde i dissidenti esistono quasi solo in Rete, sono uomini sulla cinquantina spesso con un passato comunisteggiante (tipo 4/5 della loro vita) e transito per il grillismo. Se hanno figlie non sono educate diversamente dalle altre ragazze. Perciò a chi vuole una donna tocca o bere o affogare.
C’è una concentrazione di roba che ti credo che la gente non ci capisce un c4zz*! Grande 😉 l’uso del linguaggio memetico fa morire
Hai tratteggiato un quadro senza speranza. Se non si è clementi con le illusioni, con un certo tipo di illusioni, nulla vale più. Il fascio sposa la negra? Nessun’altra l’ha voluto. Non c’è contraddizione: lui continua a pensarla allo stesso modo di prima, ma da sconfitto. Tanto si è sempre sconfitti a fianco di una donna, no?
Questa storia del “fascio” che sposa la negra, fa ricalcare il film tanto cult della destra radicale “Teste Rasate” dove il protagonista nonostante sia un naziskin che va a picchiare negri e ebrei, non rinuncia alla fidanzata somala essendo proprio un ragazzo di una periferia degradata, disoccupato e sfaccendato che si fa impressionare dalla forza “fascia” e al contempo sborra la negretta.
La storia finirà male, non vi svelo la trama, guardatevi piacevolmente il film (doveva essere un film di denuncia antifascista, in verità è un film comico…)
Sono esempi di veri e propri “morti di figa”, di quelli che inondano i forum “incel” “redpillati” che idealizzano la “povera” donna negra come esempio di purezza morale contro l’Occidente attaccato ai Brad Pitt, convinti che scoprano la loro presunta bellezza interiore.
Oltre a essere un’illusione atroce, è qualcosa di deprimente e squallido.
Ragazzi, siete anche voi maschi bianchi etero “privilegiati” a cui le “povere” donne afro-asiatiche come minimo vogliono farvi le palle.
Mi ripeterò, ma per soddisfare i vostri impellenti bisogni ormonali c’è sempre la masturbazione, a cui l’uomo non deve chiedere mai…
Ma poi purtroppo non riusciamo più a leggere il blog e gli articoli di mister totalitarismo.
Vede, il più delle volte la libertà e la dignità non coincidono con il piacere. A volte la vita ti impone delle scelte e allora si dovrebbe cercare di andare oltre i propri desideri e bisogni, andare oltre sé stesso.
È un percorso difficile, dolorosissimo, non l’ho mai messo in dubbio, anzi dico che una parte di te muore, ma oltre a sollevarti da un peso di un desiderio irraggiungibile, granitica la tua forza morale e sociale.
Vede anch’io sono stato un “incel” incazzato con il mondo, poi questa misera esistenza mi ha costretto a scavare nel mio profondo, facendomi spendere le mie energie per qualcosa di ben più serio che un semplice “bisogno” ormonale. Non sono belloccio, ho la pancia, ho un viso insignificante. Amen.
Preferisco impegnare i miei sobbalzi ormonali per fini ben più concreti, tipo cercare di abbattere questa lurida società progressista ed egalitarista, denunciare gli obiettivi genocidi che stanno dietro all’invasione afro-asiatica in Europa. Soprattutto non voglio essere “un morto di figa” con senso del ridicolo, in preda a un degrado umano che mi porti alla compulsione pornografrica e a sborrare la prima negretta ciofeca che mi capita.
Andare oltre sé stesso è ciò che ti rende Uomo, invece che solamente un essere bovino umano.
Grazie del tuo commento Luca T. e rispetto la tuo opinione e le tue riflessioni.
Il problema e trovare una soluzione per la situazione schizofrenica/contraddittoria dell’Occidente ma più che altro la zona euro-americana.
In ogni caso mi scuso se mi sia espresso male in una mia riflessione oppure in un battuta.