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Clemente Mastella contro la lobby ebraica

Su “La Stampa” di venerdì 12 agosto 1994 apparve un articolo dal titolo perturbante, Mastella: lobby ebraica contro di noi, riportante le dichiarazioni dell’allora Ministro del Lavoro del primo governo Berlusconi, Clemente Mastella (esponente del Centro Cristiano Democratico), contro i “poteri forti” che minacciavano l’esecutivo di centro-destra da pochi mesi uscito vincente dalle urne:

«Da una parte la nostra piccola e media impresa comincia a intimorire i suoi concorrenti stranieri. Dall’altra la presenza di Alleanza Nazionale nell’esecutivo preoccupa la lobby ebraica newyorkese che non coglie ancora la distinzione tra il vecchio MSI e AN».

Il Ministro, convinto che all’estero «qualcuno teme l’Italia e questo governo», cercò comunque di essere conciliante con la minaccia internazionale: «Bisognerebbe spiegare alla grande finanza ebraica che la linea evolutiva portata avanti da Fini si allontana sempre più dall’antica concezione di una destra statica e nostalgica».

L’articolo inquadra le dichiarazioni di Mastella nel contesto politico dell’epoca:

«Alcuni ministri ritengono di essere al centro di una congiura. Giuseppe Tatarella, già nell’intervista a “La Stampa” di tre giorni fa, esponeva con chiarezza il piano dei “nemici” dell’Italia: “Destabilizzarla al fine di impossessarsi di parecchi gioielli della nostra economia”.
Ma attenzione, non è nulla di nuovo. Era questa già la tesi di molti politici della Prima Repubblica, che così spiegavano i loro scivoloni giudiziari: “Una congiura interazionale”. Ed è un ritornello nelle pubblicazioni di destra. Il periodico “Italia settimanale”, diretto da Marcello Veneziani, anche ieri annunciava: Le banche inglesi contro Berlusca. E passava a spiegare: “Lazard, Pearson, Warburg e Rotschild sono riuniti nella Round Table, l’organismo fondato da Cecil Rhodes per suggerire le politiche ‘imperiali’ britanniche. Oltre al Financial Times, controllano l’Economist… È ovvio che l’oligarchia veda oggi l’affermazione del Polo come un irritante intralcio ai suoi progetti”.
Ma naturalmente i primi a preoccuparsi di questo genere di disquisizioni sono gli intellettuali di fede ebraica. Il presidente del Centro di documentazione ebraica, Adriana Goldstaub: “Non siamo certo agli anni bui, però vedo rafforzarsi un pregiudizio antiebraico. Chiamiamola pure sottocultura, pregiudizio, cultura da bar. Il guaio è che tra la gente certe battute non vengono nemmeno considerate antisemite, ma semplici opinioni che hanno la loro dignità”».

La polemica, naturalmente, fu immediata. Come riferì ancora “La Stampa” del giorno dopo (Mastella: ebrei, scusatemi. Ma le proteste continuano, sabato 13 agosto 1994):

«Il giorno dopo la clamorosa uscita sulla “lobby ebraica di New York” che diffiderebbe del governo, Clemente Mastella è un uomo costernato. Sommerso da un diluvio di critiche, si scusa con la comunità israelitica italiana. Precisa di non aver mai parlato di un “complotto ebraico” contro il governo. E se potesse, il Ministro prenderebbe persino sul serio la provocazione di quell’anziano rappresentante della comunità ebraica romana, Giovanni Terracina, che lo ha invitato a compiere un gesto clamoroso: “È tutta una forzatura giornalistica. Ma il danno è grosso. Per avere gli stessi titoli sparati stamane sui giornali, Mastella dovrebbe circoncidersi“».

Tullia Zevi, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, si rivolse direttamente a Silvio Berlusconi:

«Desidero esprimerle stupore e indignazione per i persistenti riferimenti a presunte “lobbies” e “congiure” ebraiche da parte di fonti governative le quali, pur proclamando insistentemente la propria dissociazione da un vergognoso passato fascista, di fatto lo riesumano, da un lato fomentando pericolosamente antichi odi e pregiudizi, dall’altra screditando l’immagine del nostro Paese di fronte all’opinione pubblica internazionale”.

Nella mattinata successiva alle dichiarazioni, centocinquanta manifestanti si radunarono sotto il Ministero. Ma Mastella non c’era: era all’isola d’Elba impegnato a contattare gli esponenti di spicco del mondo ebraico (il rabbino Toaff, i responsabili della comunità romana, la stessa signora Zevi) nonché a diramare precisazioni e smentite («L’aver chiesto di spiegare alla lobby ebraica di New York, intesa nella concezione americana, non in quella deteriore, l’evoluzione della destra italiana viene oggi riportata con enfasi dalla stampa come accusa di un complotto pluto-giudaico-massonico contro l’Italia. Non era, né è assolutamente questo il senso delle mie parole»).

In particolare, il Ministro tenne a precisare di non aver mai parlato di complotti, ma solo di “diffidenze” della lobby ebraica, e comunque sempre da una prospettiva costruttiva: «Il mio era un intento di dialogo, non di contrapposizione con ciò che l’ebraismo esprime».

A dissociarsi dal coro dell’ebraismo italiano fu Deborah Fait, Presidente di una Associazione Italia-Israele e sostenitrice del Polo:

«Ho accettato le sue scuse, non obbligatorie perché il fatto non sussiste. Per me, la parola “lobby” non ha necessariamente un senso negativo. In America sono migliaia. Insomma, l’incidente è chiuso. Lo dico per spirito nazionale: l’Italia è una barca che fa acqua da tutte le parti, polemizzare è poco fruttuoso. E io spero tanto che questi uomini ci portino fuori dal tunnel».

A New York, invece, il Congresso Mondiale Ebraico giudicò le dichiarazioni di Mastella “grottesche e riprovevoli” e si dichiarò pronto a riferire alla Commissione dell’Onu sui diritti umani:

«Consideriamo quanto accaduto come un oltraggio e chiediamo una azione rapida ed incisiva da parte del governo Berlusconi contro queste espressioni e queste tendenze all’istigazione dell’odio razziale e religioso».

Il radicale Marco Taradash, il cui padre peraltro era un ebreo newyorchese, ironizzò:

«Il ministro Mastella ha finalmente scoperto le cause occulte della crisi economica italiana. Non il debito pubblico o l’inefficienza della pubblica amministrazione, ma l’unghiuta lobby ebraica mondiale. Pure scempiaggini. Mastella è uno che non sa misurare le parole. Una cosa è trovarsi negli Usa, un’altra in Italia dove abbiamo avuto il nazifascismo».

Clemente Mastella tuttavia non cedette alle pressioni e non solo restò al suo dicastero, ma nei decenni successivi è rimasto, e ancora rimane, un grande protagonista della politica italiana.

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