Col coronavirus Trump si sbarazza degli immigrati al confine

Trump al confine messicano

(Associated Press, 10 aprile 2020) L’agente di frontiera non vuol sentir ragioni da una honduregna con la figlia quindicenne a presso: ora c’è il coronavirus e il Presidente ha sostanzialmente “sospeso” il sistema d’accoglienza della nazione.

“L’agente ci ha avvisati che a causa del virus non potevamo andare oltre, ma non ci ha permesso di rispondere alcunché”, ha lamentato la donna, Jackeline Reyes, 35 anni, fuggita il 24 marzo da Reynosa, città messicana in cui attendeva di passare il confine.

L’amministrazione Trump si è rifatta a una legge sulla salute pubblica per accantonare decine di cavilli sull’immigrazione. Ora i migranti in cerca di rifugio negli Stati Uniti vengono portate al valico di frontiera più vicino e rispediti in Messico senza possibilità di chiedere asilo. Potrebbe essere la repressione più aggressiva da parte di un Presidente che ha fatto della riduzione dell’immigrazione un suo cavallo di battaglia.

La U.S. Customs and Border Protection ha dichiarato che circa 10.000 messicani e centroamericani sono stati “espulsi” dal 21 marzo, data in cui le “nuove” regole sono entrate in vigore. Mark Morgan, commissario ad interim dell’agenzia di protezione dei confini, ha dichiarato ai giornalisti che il cambio di passo “non ha a che fare con l’immigrazione, ma con la crisi causata dalla pandemia globale, che ha provocato un’emergenza nazionale, dichiarata dal Presidente per proteggere la salute e la sicurezza di ogni americano del Paese”.

Il Messico ha accettato di riprendere i migranti dal Guatemala, El Salvador e Honduras, i quali rappresentano oltre la metà di tutti i fermati alla frontiera nel 2019.

L’amministrazione Trump ha offerto pochi dettagli sulle direttive ora in vigore, che comunque non sono state contestate da nessun tribunale. Il cambiamento ha evidentemente suscitato poca attenzione: Trump ha semplicemente annunciato in una conferenza stampa che il confine meridionale era chiuso ai viaggi non essenziali e il blocco è diventato subito effettivo.

L’amministrazione ha approvato una legge che consente alle autorità sanitarie del Paese (i Centers for Disease Control and Prevention) di vietare agli stranieri l’ingresso se esso rappresenta “un pericolo” per la diffusione di malattie trasmissibili.

Il Messico non è però intenzionato ad accettare minori non accompagnati e altri “soggetti vulnerabili” quali, secondo le dichiarazioni del diplomatico Carlos Gonzalez Gutierrez, persone con più di 65 anni, donne incinte o malati.

Il rischio di trattenere i migranti in spazi affollati come i centri di detenzione lungo la frontiera è il punto fondamentale del provvedimento di Trump, ha affermato il direttore del CDC Robert Redfield, aggiungendo che le eccezioni all’espulsione immediata andranno considerate caso per caso.

Un documento con le direttive interne sui motivi di esenzione rivolto agli agenti di frontiera è stato portato all’attenzione della stampa: un motivo di sospensione del provvedimento di espulsione potrebbe essere il timore “ragionevole”, da parte del migrante, di essere torturato, caso che tuttavia dovrà essere sottoposto a ulteriori indagini ai sensi della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura.

A parte le eccezioni, per gli altri vale la stessa regola: gli agenti portano i migranti al valico di frontiera, evitando qualsiasi sosta per ridurre al minimo il rischio di esposizione al virus, e quelli che il Messico non vuole vengono condotti direttamente ai loro Paesi d’origine.

Il Customs and Border Protection ha dichiarato di avere meno di 100 persone in custodia, un calo impressionante rispetto al picco di oltre 19.000 durante l’impennata dell’anno scorso. Con il nuovo regolamento, in circa dieci giorni 6.375 persone sono state respinte sul confine messicano e solo una ventina su quello canadese.

Un gruppo di senatori democratici ha protestato contro Trump, affermando che la sua amministrazione “si concede ampi poteri per espellere sommariamente chiunque arrivi al nostro confine, ma una crisi sanitaria non è un alibi per violare i diritti costituzionali, né dà all’esecutivo il diritto di operare al di sopra della legge”.

Reyes e tutti gli altri non sanno cosa aspettarsi: la donna ha provato a ritornare in Honduras nonostante avesse saputo che suo fratello era stato ucciso e sua madre e un’altra sua figlia di 7 anni fossero fuggite al confine con il Nicaragua, ma è bloccata in Messico dato che, sempre a causa del virus, i confini dell’America Centrale sono chiusi.

Reyes ha dichiarato di essersi unita a decine di altri migranti passati illegalmente dalle alture guatemalteche nel tentativo di raggiungere l’Honduras, ma è stata fermata dai soldati e riportata in Messico, dove è stata messa in quarantena in un rifugio per migranti.

Anche quattro uomini e sette bambini espulsi dal Texas hanno attraversato le montagne e ora si nascondono in una casa in Guatemala a causa del coprifuoco: “Vorremmo già ripartire, ma non sappiamo a chi affidarci, non ci sono mezzi di trasporto, niente autobus, niente”.

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