«Le città antiche, se anche erano piccole come le moderne, e tuttavia servivano di patria, erano però piú importanti assai, per la somma forza d’illusioni che vi regnava e che, somministrando grandi eccitamenti e premi grandi, ancorché illusorii, bastava alle grandi virtú. Ma questa forza d’illusioni non è propria se non degli antichi, che come il fanciullo sapevano trar vita vera da tutto, ancorché menomo. La patria moderna dev’essere abbastanza grande, ma non tanto che la comunione d’interessi non vi si possa trovare, come chi ci volesse dare per patria l’Europa. La propria nazione, coi suoi confini segnati dalla natura, è la società che ci conviene. E conchiudo che senza amor nazionale non si dà virtú grande»
Profondissima intuizione dallo Zibaldone del Leopardi. Uno dei problemi essenziali di questa Unione in cui ci troviamo è proprio la mancanza di un pensiero: invece di parlare soltanto di economia, gli europeisti dovrebbe riscoprire le virtù della filosofia, o almeno considerare l’importanza di una disciplina rispetto all’altra (l’economia, per ironia della sorte, sarebbe una branca della filosofia morale).
Lasciando per un istante da parte le esigenze dei mercati e la competizione globale, sarebbe infatti utile meditare sullo scopo per cui dovremmo mettere assieme decine di stati. L’idea che debba esistere un’unione tra nazioni per il semplice fatto che esse confinano è per l’appunto davvero poco “europea” (a meno che al Leopardi sia negata la qualifica di intellettuale europeo, qualsiasi cosa voglia dire): ognuna di queste patrie ha delle tradizioni radicate, il che fa sì che anche il più piccolo staterello si senta un po’ il centro del mondo (cioè dell’Europa).
L’Europa non ha né una politica estera unica, né tanto meno un esercito comune, quindi le armi della ritorsione economica sono spuntate. Per fare un esempio praticissimo: se la Germania decidesse di trattare il Kosovo (che è nell’area euro, anche se non lo sa nessuno) nello stesso modo in cui ha trattato i PIIGS, la piccola enclave creata dalla Nato (che rappresenta, per altro, un disastro finanziario e geopolitico) invocherebbe l’aiuto fraterno di americani (e turchi), dimostrando così che una unione monetaria non obbliga a un bel niente – soprattutto se si ha avuto l’accortezza di mantenere un piede fuori da essa.
Forse sarebbe possibile superare tale mentalità con un Kulturkampf lungo decenni (o secoli), ma di certo non è possibile eliderla con una semplice unione doganale o monetaria, dal momento che nessun popolo considera l’economia in se stessa come ideologia vincolante e perciò può legittimamente aspirare a qualcosa di più “nobile” rispetto a un’annessione territoriale.