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Come Israele ha ingannato Hezbollah con i cercapersone

Visto che pochi stanno ancora parlando dell’affaire cercapersone di Hezbollah, voglio aggiungere qualcosa che ho trovato in un’inchiesta della Reuters perché mi pare che la questione debba interessare chiunque per motivi su cui è inutile dilungarsi (cfr. the-detto-non-detto-commentator.jpg).

Le batterie contenute nei cercapersone arrivati ​​in Libano a inizio del 2024 come parte del piano israeliano per decimare Hezbollah, avevano caratteristiche fortemente ingannevoli (il motto del Mossad del resto è un versetto biblico, “Con l’inganno vincerai la guerra”, Pv 24,6).

Secondo una fonte libanese, e secondo le foto della batteria visionate dalla Reuters, gli agenti che hanno costruito i cercapersone hanno inserito nella batteria una piccola e potentissima carica di esplosivo al plastico e un detonatore invisibile ai raggi X.

Gli agenti del Mossad hanno fabbricato anche una “storia” plausibile dietro al prodotto, creando falsi rivenditori online, pagine e post con i quali hanno potuto ingannare i piani alti di Hezbollah. Per mettere in piedi l’operazione ci sono voluti anni, mai il risultato per l’avversario libanese, e per tutto il Medio Oriente, è stato devastante.

Secondo la fonte libanese, un sottile foglio contenente sei grammi di esplosivo plastico di tetranitrato di pentaeritritolo bianco (PETN) è stato inserito tra due celle di batteria rettangolari, mentre nello spazio rimanente è stata piazzata una striscia di materiale altamente infiammabile che fungesse da detonatore.

Questo “sandwich” a tre strati è stato poi posto in una guaina di plastica nera e incapsulato in un involucro di metallo delle dimensioni di una scatola di fiammiferi. Il materiale utilizzato per innescare la detonazione non possedeva componenti metallici (come gli esplosivi al plastico), il che gli ha garantito l’invisibilità ai raggi X, scanner aeroportuali compresi.

I dispositivi erano probabilmente impostati per generare una scintilla all’interno del vano batteria, sufficiente a innescare l’esplosione del foglio di PETN. Dall’esterno, la fonte di alimentazione del cercapersone assomigliava a una semplice batteria di litio come quelle usate in migliaia di prodotti elettronici.

L’unico tallone d’Achille del prodotto era che non esisteva sul mercato, per questo gli agenti israeliani si sono dati al marketing studiando un modello personalizzato, l’AR-924, sotto la copertura del rinomato marchio taiwanese Gold Apollo.

Il Presidente dell’azienda ha raccontato alla stampa di essere stato avvicinato circa tre anni fa da una ex dipendente, Teresa Wu, e dal suo “capo”, un austriaco che si faceva chiamare “Tom”, per discutere di un accordo per la licenza. Hsu ha concesso a costoro il diritto di commercializzare i prodotti sotto il proprio brand, consentendo che l’AR-924 comparisse anche sul sito web ufficiale della ditta (nonostante non venisse venduto direttamente da essa).

Per convincere Hezbollah ad affidarsi al marchingegno, un intermediario glieli ha proposti a un prezzo talmente basso che fosse impossibile rifiutarli. Nell’ultima fase dell’operazione sono poi entrate in gioco almeno altre due società, una ungherese e l’altra bulgara, a quanto pare solo in veste di intermediarie.

La responsabile della Bac di Budapest, Cristiana Barsony-Arcidiacono, di origine italiana (ma ci sono dubbi sulla sua esistenza, anche se stupisce che il Mossad abbia deciso di utilizzare un cognome ungherese ebraico per il proprio “personaggio”), sembra esser stata una complice inconsapevole.

Più compromessa la posizione di Rinson Jose, cittadino norvegese di origine indiana che faceva il direttore della Norta Global di Sofia ed è ricercato dalla polizia norvegese, nonostante sembri sparito nel nulla durante un viaggio di lavoro negli Stati Uniti.

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