Commercializzare la retrodatazione

Ricordo i tempi in cui una serie di luoghi comuni materializzavano il miraggio di un’era nella quale avremmo lavorato tutti con internet, oppure su internet, per internet o addirittura per l’Internet (quando ancora l’autorità del mezzo era garantita dall’articolo e dalla maiuscola). Probabilmente qualcuno ce l’ha fatta, ma non è detto che se avesse trovato un impiego offline avrebbe sgobbato di più o guadagnato di meno; anche l’aspirazione di contribuire nel proprio piccolo al progresso dell’umanità, si è rivelata ben presto un’illusione: il “lavorare” con internet corrisponde principalmente al fornire servizi e lasciarsi sponsorizzare, se non semplicemente a commercializzare la semplificazione. È questo il principio sul quale prosperano Facebook, Twitter, Youtube e anche Wikipedia: portare alle masse le possibilità offerte oltre trent’anni fa da questa tecnologia.

Veniamo però al sodo: negli ultimi tempi ho sfruttato al massimo la possibilità di “retrodatare” i post per far credere di poter gestire il mio blog in modo disciplinato. Sono convinto che molti dei miei connazionali, vuoi per digital divide, semianalfabetismo o sottosviluppo, sia all’oscuro di tale possibilità – nello stesso modo in cui, forse, era all’oscuro che si potessero mettere foto e video online prima dell’avvento dei social network. Ora, come commercializzare tale opzione in questa nostra Italia, che «siede in terra negletta [con la “l”] e sconsolata»?

Io ho avuto un’idea (solo un’idea): si potrebbe creare un blog di previsioni che sfrutti al massimo la retrodatazione, facendo credere agli sprovveduti che a gestirlo sia il più grande indovino del mondo. Non si dovrebbe far altro che prendere i numeri di una qualsiasi estrazione di una qualsiasi lotteria, inserire la falsa previsione retrodatandola e poi gabbare il maggior numero di sprovveduti prima che il trucco venga scoperto. Oppure, per non scadere nel penale, si potrebbe solo riempire il proprio blog di banner pubblicitari fino all’inverosimile. Nel giro di poco tempo nascerebbero altre iniziative simili e l’Italia si trasformerebbe in un paese composto da cartomanti e stregoni (anche se in parte lo è già, se il Codacons certifica che 13 milioni di italiani all’anno “si rivolgono al mondo dell’occulto”).

Credo che per avere successo con l’Internet (ma anche in altri campi), sia indispensabile creare uno stile di vita dietro il proprio marchio: non si spiegherebbe altrimenti perché gli italiani siano diventati tutti dipendenti dalla Rete, quando invece fino all’ascesa di Facebook (2007-2008) avere un sito personale era considerata una cosa da reietti o pervertiti. Una volta chi metteva un autoscatto in una paginetta del proprio spazio web (dedicato magari a bazzecole quali i fumetti o i dialetti regionali) veniva severamente redarguito: “E la privacy? E i maniaci che ti possono guardare? E se ti scoprisse il tuo capo?”. Lo stesso processo psicologico potrebbe verosimilmente riprodursi nei confronti della chiaroveggenza: così come oggi le persone passano le giornate a pubblicare autoscatti sui social network, in futuro potrebbero impiegare il proprio tempo a compilare false previsioni su giochi o addirittura eventi storici e politici (ma che si verifichi tale possibilità è forse necessario creare un social network ad hoc).

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