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Coronavirus, sindaco di New York contro la comunità ebraica: “Basta funerali”

Un imponente corteo ultraortodosso a Brooklyn per i funerali di Chaim Maaratz, rabbino della comunità Tola’at Ya’akov morto di coronavirus, ha costretto il sindaco di New York Bill de Blasio a rilasciare una serie di dichiarazioni contro gli ebrei newyorchesi.

La sera di martedì 28 aprile il funerale del rabbino, molto stimato nel quartiere chassidico,  ha attirato centinaia di ebrei nelle strade di Williamsburg, a Brooklyn. La polizia ha cercato di disperdere la folla.

La sinagoga del rabbino (il kahal di Tola’at Ya’akov) ha successivamente rilasciato un comunicato per rammaricarsi che i partecipanti non abbiano seguito le regole di distanziamento sociale.

“È accaduto qualcosa di inaccettabile a Williamsburg: un grande raduno funebre nel mezzo di questa pandemia”, ha twittato de Blasio. “Quando ho sentito quanto stava accadendo, mi sono recato sul posto per assicurarmi personalmente che la folla venisse dispersa. E ciò che ho visto NON sarà più tollerato finché saremo in lotta contro il coronavirus”.

Subito dopo è seguito un secondo tweet:

“Il mio messaggio alla comunità ebraica e a tutte le comunità è semplice: è finito il tempo degli avvertimenti. Ho incaricato la polizia di procedere immediatamente alla convocazione o addirittura all’arresto di coloro che si radunano in grandi gruppi. Si tratta di fermare questa malattia e salvare vite umane. Stop”.

Le dichiarazioni hanno suscitato aspre reprimende da parte della comunità, che accusa de Blasio di aver preso ingiustamente di mira gli ebrei di New York, la maggior parte dei quali sta rispettando le regole. Secondo i critici il sindaco rischia di risvegliare l’antisemitismo pochi mesi dopo una serie di violenti attacchi agli ebrei della città, per giunta in un momento in cui la comunità ortodossa sta subendo molti lutti a causa della pandemia di coronavirus.

“Signor Sindaco, le tue parole sono inaccettabili ”, ha twittato Kalman Yeger, ebreo ortodosso del Consiglio di New York. “Condannare tutta la nostra comunità per un gruppo di persone è qualcosa che non faresti contro nessun altro gruppo etnico, e ti conosco abbastanza a lungo da sapere che te ne rendi conto”.

Il presidente della Anti-Defamation League Jonathan Greenblatt ha espresso obiezioni simili:

“Ehi, sindaco di New York, ci sono oltre un milione di ebrei a New York. I pochi che non rispettano le regole di distanziamento sociale andrebbe biasimati, ma generalizzare contro l’intera popolazione è scandaloso, soprattutto quando tanti non vedono l’ora di trasformare gli ebrei in capri espiatori. Questo erode l’unità di cui la nostra città ha bisogno ora più che mai”.

Alcuni hanno notato che il sindaco non aveva reagito allo stesso modo la settimana precedente, quando i newyorchesi si erano radunati per assistere a una esibizione di volo in omaggio ai lavoratori. Altri hanno ricordato l’abitudine del sindaco di camminare nel Prospect Park di Brooklyn, dove le folle si radunano nei giorni di sole a dispetto delle linee guida sul distanziamento sociale.

Anche politici e opinionisti conservatori, come il senatore texano Ted Cruz o la conduttrice della Fox Laura Ingraham, hanno strumentalizzato il tweet per attaccare il sindaco progressista.

L’affondo di Bill de Blasio arrivano nel momento in cui la comunità ortodossa newyorchese si sta lentamente riprendendo dal coronavirus, che ha devastato i quartieri chassidici di Williamsburg, Crown Heights e Borough Park, e ha portato via anche importanti rabbini.

Dopo il tweet che ha scatenato polemiche infuocate, il sindaco ha pubblicato un ultimo messaggio rivolgendosi apertamente ai “trasgressori”:

“Abbiamo perso così tanti cari in questi ultimi due mesi. Capisco l’istinto di riunirsi per commemorarli. Ma grandi raduni porteranno solo a più morti e più famiglie in lutto. Non lo permetteremo. Ho incaricato il NYPD di adottare un unico protocollo per l’intera città: tolleranza zero”.

Alla fine di marzo, il sindaco aveva già minacciato di chiudere quelle sinagoghe che continuano a violare le normative e non hanno sospeso i servizi religiosi come le altre. La polemica era soprattutto rivolta alle comunità che tenevano ancora i minianim, riunioni di preghiera di dieci ebrei: “Capisco quanto sia importante la fede in questo momento di crisi, ma cerchiamo di non mettere in pericolo le persone”.

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