La Corte dell’Aja vuole processare Bolsonaro per “genocidio”?

La Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia sta valutando le denunce ricevute contro il presidente Jair Bolsonaro per “incitamento al genocidio” e “incitamento ad attacchi sistematici” nei confronti delle popolazioni indigene. In un comunicato rivolto alle organizzazioni non governative Comissão Arns e Coletivo de Advogados em Direitos Humanos (CADHu), l’ente internazionale con sede all’Aia ha affermato che “l’Ufficio sta analizzando le accuse, valutando tutte le informazioni disponibili”.

“Lo scopo di questa analisi è quello di stabilire se, sulla base delle informazioni disponibili, i presunti crimini possano ricadere sotto la giurisdizione della Corte penale internazionale e, quindi, giustificare un esame preliminare del caso”, ha dichiarato l’organismo guidato da procuratore Fatou Bensouda. “L’indagine verrà portata a termine il prima possibile, ma dobbiamo essere consapevoli che una analisi significativa dei fattori può richiedere tempo”, ha avvertito. “Non appena si valuterà l’esistenza di una base per procedere, forniremo una spiegazione alle nostre decisioni”, aggiunge il comunicato.

La dichiarazione non implica che sia stata avviata un’indagine formale o che sia stata formulato un atto d’accusa. L’iniziativa potrebbe però essere interpretata come un primo passo verso l’apertura di un processo. In un’altra denuncia contro Bolsonaro a causa della sua gestione della pandemia, la stessa procura ha adottato un tono diverso, indicando che avrebbe seguito il caso fino a quando non fossero emerse nuove prove.

Le denunce sono state presentate alla fine del 2019 e, nei mesi successivi, il governo ha reagito con aspre critiche a esse. “Una vera stupidaggine”, ha dichiarato il vicepresidente Hamilton Mourão, in un incontro con la stampa estera: “Genocidio? Il genocidio l’ha fatto Hitler con gli ebrei, l’hanno fatto i turchi con gli armeni, l’ha fatto il Ruanda negli anni ’90, l’ha fatto Stalin in Unione Sovietica. Il governo garantisce la protezione di queste popolazioni secondo la Costituzione”.

Nella denuncia gli avvocati affermano che Bolsonaro “ha deciso di distruggere l’Amazzonia con il pretesto di favorire lo sviluppo della regione” e che ha creato un “contesto intollerabile di incitamento alla violenza e al conflitto”, uno scenario che danneggerebbe direttamente le popolazioni indigene. La petizione elenca più di una trentina di iniziative del Presidente che avrebbero concorso a quel che gli avvocati definiscono “incitamento al genocidio”. L’elenco comprende misure e decreti provvisori, omissioni e persino discorsi.

Anche gli incendi sono ampiamente menzionati. “Gli incendi, che continuano a perpetuarsi nella regione, generano danni ambientali e sociali. Si aggiungono alle pressioni sulla foresta e sono associate alle controversie, spesso violente, legate all’accaparramento dei terreni da parte delle imprese agricole, alle grandi opere infrastrutturali, all’estrazione e al disboscamento. Tali attività hanno un forte impatto sulla foresta e sulle persone che la abitano. E ora ricevono l’approvazione delle istituzioni”, si legge nell’appello consegnato alla corte.

Tutto quello che sai sull’Amazzonia è falso

È la prima volta che un Presidente brasiliano finisce nel mirino dell’organismo internazionale. Lo stesso giorno in cui l’Aia si dimostra pronta a offrire una sponda agli oppositori di Bolsonaro, spunta anche una nuova accusa al governo venezuelano di “crimini contro l’umanità”: la Corte ha iniziato a valutare il caso nel 2018 e deciderà il prossimo anno se sarà necessario aprire un’indagine. “L’Ufficio ha concluso che le informazioni disponibili forniscono una base ragionevole per ritenere che, almeno dall’aprile 2017, le autorità civili, le forze armate e gli apparati filogovernativi abbiano commesso crimini contro l’umanità“, afferma il rapporto.

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