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I tamponi non sono stati creati per diagnosticare malattie. Il test della reazione a catena della polimerasi trascrittasi inversa (RT-PCR), il cosiddetto “tampone molecolare”, viene presentato dai media come la pietra filosofale della diagnostica riguardo al covid. Tuttavia, l’inventore di tale processo, Kary Mullis (Premio Nobel per la chimica nel 1993), ha affermato esplicitamente che il “processo” non era stato in alcun modo pensato come strumento diagnostico:

“Il tampone molecolare è solo un processo che ti permette di fare qualcosa con qualcosa. Non vi dice se siete malati, o se la cosa che vi è stata diagnosticata potrebbe nuocervi o cose così”.

I test molecolari sono imprecisi e inaffidabili. È noto che essi producono molti falsi positivi, reagendo a materiale genetico non specificamente correlato al Sars-Cov-2.

Uno studio cinese ha scoperto che su uno stesso paziente il test potrebbe dare due risultati diversi nello stesso giorno. In Germania i test hanno reagito ai comuni virus del raffreddore. Uno studio del 2006 ha rilevato che i test molecolari per un virus segnalano positività anche ad altri virus. Nel 2007 uno screening con tamponi molecolari ha identificato un “focolaio” di pertosse in realtà mai esistito. Alcuni test negli Stati Uniti hanno persino reagito al campione di controllo negativo.

Il defunto presidente della Tanzania, John Magufuli, ha usato i tamponi molecolari su capre, papaye e olio per motori, ottenendo tutti risultati positivi.

Già nel febbraio del 2020 gli esperti ammettevano che il test è inaffidabile. Il dottor Wang Cheng, presidente dell’Accademia Cinese delle Scienze Mediche, ha dichiarato alla televisione di stato cinese: “L’accuratezza dei test è solo del 30-50%”. Il sito ufficiale del governo australiano ha affermato che “esistono prove insufficienti dell’accuratezza e dell’utilità diagnostica dei test COVID-19 disponibili”. E un tribunale portoghese ha stabilito che i tamponi molecolari sono “inaffidabili” e non dovrebbero essere usati per la diagnosi.

I valori di soglia di ciclo dei tamponi molecolari sono troppo alti. I test vengono eseguiti in cicli, e il numero di cicli utilizzati per ottenere il risultato è noto come “soglia di ciclo”. Il succitato Kary Mullis ha sostenuto che “se si devono fare più di 40 cicli, c’è qualcosa di sbagliato nel test”.

I protocolli internazionali affermano che “valori di soglia di ciclo a 40 sono sospetti a causa della bassa efficienza implicita e generalmente non dovrebbero essere riportati”; lo stesso Anthony Fauci, il superconsulente americano, ha ammesso che oltre i 35 cicli non c’è più nulla di analizzabile.

La dottoressa Juliet Morrison, virologa dell’Università della California, ha dichiarato al New York Times: “Qualsiasi test con una soglia del ciclo superiore a 35 è troppo sensibile. È incredibile che si possa pensare che 40 cicli riescano a dare un esito attendibile. La soglia più ragionevole sarebbe da 30 a 35”.

I dati delle autorità sanitarie americane suggeriscono che nessun campione oltre i 33 cicli possa essere coltivato e il Robert Koch Institute tedesco afferma che oltre i 30 cicli è improbabile ci sia qualcosa di infettivo. Nonostante ciò, è noto che quasi tutti i laboratori negli Stati Uniti eseguono i test almeno a 37 cicli e talvolta fino a 45. La “procedura standard” del servizio sanitario nazionale britannico fissa il limite a 40 cicli. Non è dato sapere il numero dei cicli utilizzato in Italia, ma anche qui sembra si vada da 41 a 45.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammonito più volte sull’eventualità che i tamponi diano falsi positivi. Nel dicembre 2020 l’OMS ha pubblicato una nota informativa per invitare i laboratori a diffidare di valori di ciclo elevati: “Quando i campioni sono stati sottoposti a molti cicli, la distinzione tra rumore di fondo e presenza effettiva del virus bersaglio è difficile da accertare”.

Nel gennaio 2021 l’OMS ha pubblicato un’altra nota per segnalare che i positivi “asintomatici” dovrebbero essere riesaminati in quanto probabili falsi positivi: “Laddove i risultati del test non corrispondano al quadro clinico, è necessario prelevare un nuovo campione e procedere a un altro test”.

L’affidabilità scientifica dei tamponi è decisamente discutibile. Il genoma del virus Sars-Cov-2 sarebbe stato sequenziato da scienziati cinesi nel dicembre 2019, quindi resto noto il 10 gennaio 2020. Meno di due settimane dopo, i virologi tedeschi (Christian Drosten et al.) avrebbero usato questo genoma per creare campioni da testare.

Il loro studio, Detection of 2019 novel coronavirus (2019-nCoV) by real-time RT-PCR, è stato presentato per la pubblicazione il 21 gennaio 2020 e poi accettato il 22 gennaio. Ciò significa che il documento è stato presumibilmente “revisionato da pari” in meno di 24 ore, quando in genere il processo richiede settimane.

Oltre quaranta scienziati hanno firmato una petizione per il ritiro dello studio, stilando un dettagliato elenco dei dieci principali errori nella metodologia di Drosten, e hanno richiesto il rapporto sulla revisione paritaria della rivista, a testimonianza che il paper abbia effettivamente superato il percorso di approvazione.

I test di Corman-Drosten sono alla base di ogni tampone: ma se la validità del loro studio è in discussione, allora anche quella di ogni tampone dovrebbe esserlo.

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4 thoughts on “Covid-1984: un tampone è per sempre

  1. E quindi muto e beccati le prossime dosi di Salvifico Fiero, perché se non capisci cosa implicano i dati é meglio che non ti scervelli troppo.

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