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Dan Crenshaw non è più il nostro candidato preferito

Il nostro candidato Dan Crenshaw ha vinto

Dan Crenshaw al Saturday Night Live

Abbiamo sostenuto il repubblicano Dan Crenshaw durante le ultime elezione di midterm perché la benda sull’occhio gli conferiva il physique du rôle del cattivo per antonomasia, tuttavia dopo il suo editoriale del 21 dicembre per il “Washington Post” (Why guys like me go to places like Syria), nel quale si è schierato contro la decisione di Trump di ritirare le truppe americane dalla Siria, siamo costretti a ritornare sui nostri passi.

D’altronde sapevamo che il buon Crenshaw era stato un sostenitore della prima ora di Jeb Bush non solo per il comune retaggio texano ma soprattutto per la sua affezione al vecchio sistema neo-con che ha manipolato l’elettorato repubblicano per smuoverlo dalle sue tradizionali posizioni “medio-isolazioniste”.

Va però anche riconosciuto al reduce di guerra una certa preparazione nel sostenere il punto, in particolare quando porta come argomento di base un classico della Realpolitik:

«Noi siamo andati laggiù per non far venire loro qui. È davvero così semplice. Portiamo la guerra al nemico affinché non sia lui a portarla a noi. L’idea che se li lasciamo combattere tra di loro ci lasceranno in pace è solo un equivoco […] La convinzione che se lasciassimo queste regioni in pace loro ci lascerebbero in pace è a dir poco ingenua».

Il dilemma ricorda il noto scambio di battute che intercorse tra Jean Hyppolite e Julien Freund nel 1965, durante la discussione della tesi di dottorato di quest’ultimo:

«Hyppolite: Sulla questione della categoria di amico-nemico, se voi aveste davvero ragione, non mi resterebbe che andare a coltivare il mio giardino.
Freund: […] Penso che lei stia commettendo un errore, perché crede che sia lei a designare il suo nemico, come credono tutti i pacifisti. “Dal momento che non vogliamo nemici, allora non ne avremo”, così ragionate. Invece è il nemico che sceglie voi. E se lui vuole che voi siate suoi nemici, potete rivolgergli le più belle dichiarazioni di amicizia: finché lui desidera che voi siate i suoi nemici, voi lo sarete. E vi impedirà comunque di coltivare il vostro giardino.
Hyppolite: Se le cose stanno così, allora non mi rimane che suicidarmi».

Il problema è che Crenshaw non ha davanti un Obama qualsiasi (che peraltro in ambito internazionale non ha mantenuta una sola delle sue promesse elettorali), né un irenista che vorrebbe solo coltivare il proprio giardino: gli stessi “pacifisti” al contrario riconosco a Trump di essere troppo “pacifista”, cioè di accettare il concetto di pace in tutta la sua brutalità e spietatezza invece che farne un immacolato ideale.

D’altro canto, dopo lustri e lustri di guerra, qualcuno si è reso conto che tutta la tiritera della “crociata” non aveva in alcun modo l’obiettivo di “difendere l’America da un nuovo 11 settembre”, ma di accontentare da un lato gli alleati regionali (Israele, Arabia Saudita) e dall’altra ridurre l’influenza delle altre potenze (Russia, Cina). La vera ingenuità ora sarebbe quella di credere che la vecchia propaganda valga ancora in un panorama politico completamente cambiato: Now who is being naive?

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