Deconstructing Kavanaugh

In queste si consuma la farsa della conferma di Brett Kavanaugh alla Corte Suprema dopo il lungo travaglio dovute a un’accusa di stupro risalente a trentasei anni fa. È una di quelle storie all’apparenza insignificanti e che verranno presto dimenticate, ma che in realtà dice praticamente tutto sulla nostra epoca, in particolare su un establishment “democratico” (ma ormai semplicemente “globalista”, se accettiamo la retorica trumpiana) che pur di sabotare la nomina di un giudice repubblicano è disposto a mettere in piedi un processo a metà strada tra Kafka e Stalin.

Si ritorna dunque alle radici del #metoo, a un anno dalla sua esplosione: lo scandalo delle molestie montato ad arte serviva ovviamente per incastrare Trump attraverso la “cruciale” testimonianza di una pornostar (che invece si è esaurita nelle giulive e folkloristiche discettazioni sulla forma del pene del Presidente), ma poi la “macchina da guerra” mediatico-giudiziaria ha iniziato a travolgere il gotha dei simpatizzanti clintoniani a Hollywood. L’unica eredità rimasta di quella caccia alle streghe è di natura coreografica: i cappellini rosa, i seni scoperti, i tazebao ecc… sputati all’occorrenza durante le audizioni del povero Kavanaugh, che hanno offerto a Trump l’occasione per chiamare ancora in causa George Soros (che comunque è a tutti gli effetti un grande “curatore” di tali coreografie):

L’arringa più appassionata durante la sciarada è stata quella del senatore repubblicano della Carolina del Sud Lindsey Graham, a lungo oppositore interno di Trump (sostenne prima Jeb Bush, poi Ted Cruz) ma ora esploso in una difesa incondizionata del giudice contro «the most despicable thing I have seen in my time in politics». Non sappiamo se voglia acquistare qualche merito agli occhi del nuovo Grande Capo (ma le sue posizioni sempre state coerenti), tuttavia il suo intervento è obiettivamente coraggioso e lucido, e per certi versi rappresenta la parte più “morale” di tutto questo teatrino.

L’exploit di Graham è stato reso in maniera straordinaria, quasi apocalittica, dalla comica Kate McKinnon, nella rievocazione (già storica) architettata dal cast del Saturday Night Live (che in una settimana ha ottenuto 20 milioni di visualizzazioni).

Un pezzo magistrale, arricchito dalla presenza di Matt Damon nelle vesti di Kavanaugh (nonché della “veterana” dello show Rachel Dratch), che seppur orientato chiaramente in senso liberal riesce (forse in modo inconsapevole) a rendere l’assurdità della situazione. Una sequela incalcolabile di inside jokes rende il tutto ancora più profondamente americano: dato che stavamo parlando di Graham, precisiamo che un paio di battute riguardano la sua presunta omosessualità (la descrizione che propone di sé è quella “standard” delle app di incontri per gay: «Sono un celibe bianco alto un metro e settanta non circonciso»), mentre il riferimento a Il crogiuolo (The Crucible) di Arthur Miller (dramma sulla caccia alle streghe) è un’evocazione di un leitmotiv della stampa di destra delle ultime settimane (anche se qualcuno ha citato più a proposito… I Simpson).

È giusto, tutto sommato, non prendere troppo sul serio questa storia, perché se dovessimo guardarla in faccia scopriremmo il volto abominevole dell’élite che intesse la nostra visione del mondo: basterebbe solo osservare quali fotografie la stampa internazionale ha deciso di utilizzare per rappresentare Kavanaugh. Il volto scomposto, accigliato, la bocca schiumante di rabbia, paragonata all’olimpica tranquillità dell’accusatrice: se in tutto questo non ci fosse una predestinazione, dovremmo credere allo Jung delle coincidenze significative.

“Corriere della Sera” (28 settembre 2018)

Per quanto concerne la sostanza dell’accusa, essa replica in maniera praticamente quasi identica quella rivolta nel 1991 a un altro giudice entrante repubblicano, l’afroamericano Clarence Thomas, ricostruita in maniera totalmente pretestuosa da “Il Post”, ma che all’epoca fu accolta con più scetticismo e cinismo, come dimostra  un’altra ricostruzione risalente a quei tempi sempre del Saturday Night Live, che vide addirittura la partecipazione di Joe Biden (si, è proprio lui che sta interpretando la caricatura di se stesso!).

Ricordiamo solo, per la cronaca, che ci sono numerosi testimoni oculari (maschili e femminili) che hanno immediatamente scagionato Kavanaugh, in aggiunta a sessantacinque donne che hanno firmato un appello in difesa della sua onorabilità (per non dire dell’FBI, che ha appena concluso l’indagine). Dall’altra parte c’è una prima accusatrice militante democratica di lunga data, una seconda che non ricorda quasi nulla e non riesce a trovare un solo testimone credibile, e una terza che ha dimenticato i nomi di tutti i partecipanti allo stupro di gruppo: a parte, naturalmente, quello di Kavanaugh…

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PS: Proprio mentre sto scrivendo i senatori stanno ancora discutendo la sua nomina. Non appena  avranno finito, aggiornerò la parte finale del post.

PPS: A mezzogiorno (18:00 ora italiana) i senatori hanno iniziato a pregare…

PPPS: Kavanaugh è stato eletto alle 16:00 (22:00 ora italiana) con un margine sottilissimo. A posto così.

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