Destra Frocia: Vannacci doveva fare il golpe, non candidarsi!

Due parole sulle imminenti elezioni europee: partiamo dalla Destra Frocia, che per gli italiani sta diventando un problema più grande del PD. L’espressione ha poco a che fare con la cosiddetta “omofobia” e si riferisce semmai a una storpiatura dell’etichetta “destra feroce” che una parte dell’opposizione di centro-sinistra avrebbe appioppato al governo Meloni.

Un governo che, anche dalla prospettiva del vittimismo sinistriode, non mostra obiettivamente alcuna “ferocia”: con “destra frocia” invero non si additano solo le ambiguità delle posizioni tenute (absit iniura verbis) nei confronti delle varie minoranze sessuale (ormai l’acronimo si avvicina in lunghezza al valore del pi greco), ma anche alcuni approcci sconcertanti sia in politica estera (sostegno indiscriminato a Kiev e a Israele) che interna (l’elenco è sterminato e comprende immigrazione, ordine pubblico, burocrazia, giustizia, politicamente corretto ecc…) sostenuti dal partito principale della coalizione di centro-destra.

Prendiamo l’ultima “vittoria” (o nel gergo della corte meloniana l’ennesimo scacco matto ai sinistri) rappresentata dal ritorno in Italia dagli Stati Uniti del condannato per omicidio Chico Forti, ricevuto dalla premier con gli onori di un Capo di Stato. Si tratta di un successo che, almeno politicamente, potrebbero tutt’al più attribuirselo gli ultimi samurai pentastellati, i quali agli albori della nascita del “Movimento” si presero a cuore il caso Forti per motivi non chiari (forse per i risvolti “complottisti” che all’inizio piacevano tanti ai grillini) e attraverso un loro ministro (Giggino Di Maio, chi se lo ricorda?) risultarono decisivi nel convincere il governatore della Florida Ron DeSantis a far scontare la pena al detenuto in patria.

Ora, non capisco quale senso abbia per Giorgia Meloni esibire un fiore all’occhiello di tal fatta. Nel peggiore dei casi, infatti, Chico Forti è colpevole e il governo si sarebbe tirato per l’ennesima volta la zappa sui piedi, soprattutto sul versante giustizia, un settore che fa acqua da tutte le parti e condiziona pesantemente la vita quotidiana degli italiani, offrendo loro la percezione di un’illegalità diffusa e invincibile.

Nel migliore dei casi, cioè che Forti sia effettivamente innocente, ogni risvolto della vicenda rappresenterebbe una vittoria di Pirro della giustizia italiana su quella americana, ché riuscirebbe difficile schiodarla dal podio di campione del mondo democratico di errori giudiziari. E sotto sotto sono convinto che l’italiano medio non possa comunque considerare un successo, nemmeno dal punto di vista simbolico, la restituzione di un detenuto condannato per omicidio a fronte di una completa sottomissione dell’attuale esecutivo agli ordini di Washington in politica estera.

Se non altro almeno qui lo schema del “riportiamo a casa un italiano per far rosicare i sinistri” (è letteralmente il linguaggio dei canali social ufficiali del governo, come dimostra l’esempio sopra) ha avuto un qualche risvolto propagandistico, più che non aver sovraccaricato la macchina della diplomazia per Patrick Zaki (che rappresenta l’antitesi dell’elettore tipico di Fratelli d’Italia non solo a livello politico), e per quell’altra detenuta in Ungheria che non vede probabilmente l’ora di tornare in Italia per farsi beffe dei suoi “benefattori”.

Stendiamo un velo pietoso su tutto questo, e passiamo a un argomento ancora più scottante per la Destra Frocia: il Generale Vannacci. Chi ci sia dietro alla creazione di questo “mostro” mi pare evidente: l’affaire nasce dalla pubblicazione di un libro in proprio che qualche esponente del PD ha additato come “manifesto” di un potenziale rigurgito fascista diffuso tra i ranghi dell’esercito. Già qui si tocca un punto dolente del vittimismo sinistroide: la necessità di evocare il fascismo ovunque fino a correre il rischio di farlo risorgere per giustificare il proprio eterno e storicamente non più proponibile “antifascismo”.

Dunque il libercolo del Generale diventa uno dei volumi più venduti in Italia negli ultimi trent’anni: ironia della sorte, la parte politica che ha fatto dell’italiota-che-non-legge il suo vessillo, non può che schiumare nel momento in cui gli italioti regolarmente vanno a leggersi libri che non dovrebbero leggere.

Nel frattempo però accade che, invece di adottare un atteggiamento di acquiescenza, la Destra Frocia si indigna con le dichiarazioni (vere o presunte) di Vannacci, che in verità esprime praticamente gli stessi concetti di una Meloni del 2021, e cerca di spingerlo nel recinto dei reietti, dove sono già finiti tanti “camerati” buoni o cattivi (qualcuno ricorderà il buon De Angelis). Si fa avanti quindi la Lega, non tanto per convinzioni ideali o almeno ideologiche, quanto per fare un “dispettino” agli alleati che continuano ogni giorno a far valere il proprio peso elettorale all’interno della coalizione di centro-destra. Ecco perciò al capolavoro dell’inversione, in senso politico: un Generale dai tratti somatici decisamente poco padani, che esprime un patriottismo incompatibile anche con il salvinismo terronico più estremo, candidato con i leghisti invece che con gli ex missini.

A fronte di tutto ciò, per provocazione inviterei a votare Vannacci con i toni più boomer possibili (GENERALE!!! ” CUORE D ‘ACCIAIO ALL’ERTA!!!ORGOGLIO NAZIONALE CHE TUTTI CI INVIDIANO! MANCO’ FORTUNA NON MANCO IL VALORE!). In verità, però, non ho il coraggio di farlo, nonostante non sia così snob e fintamente raffinato da ripudiare in toto le sue proposte. Alla fine, bisogna dargli atto di aver espresso le proprie idee in maniera netta e di aver almeno posto le basi per una serie di dibattiti che non ci sono stati perché da una parte si strappano i capelli per immigrati e minoranze sessuali, e dall’altra c’è il PD.

Del resto, posso considerare un merito di Vannacci anche l’aver resistito alla tentazione di salire sul carrozzone dei russofobi, limitandosi, nel libro come nelle sue dichiarazioni, a considerare la Russia un modello in materia di ordine pubblico, gestione dell’immigrazione e politica energetica, senza per questo trasformare la sua ammirazione in un sostegno incondizionato a qualsiasi mossa di Putin.

Ancora, questo atteggiamento nei confronti di Mosca è lo stesso di una Meloni del 2021: c’è stata l’invasione dell’Ucraina, d’accordo, ma mi sembra che il fattore decisivo che abbia fatto cambiare idea a Giorgia sia stato l’avvento al governo.

Mi piace citare due paragrafi del Vannacci sulla Russia (dalla prima edizione del suo “capolavoro”) anche per risparmiare la lettura del libello a eventuali simpatizzanti (che non devono per forza trasformarsi in elettori):

«In Russia c’è lavoro, e ce n’è anche tanto. Rispetto a molti posti del mondo, vi si vive anche abbastanza bene. A Mosca quasi tutti i tassisti sono Kirghisi, Uzbechi o Tagichi come quasi tutti gli operai che manutengono le strade, che sgomberano le città dalla neve nel lungo inverno e che lavorano nelle costruzioni e nell’agricoltura. Nei grandi cantieri che ho visitato a Murmansk, dove la nostra SAIPEM era solidamente presente, la maggioranza dei lavoratori era dai tratti somatici mongoli.
Ma in Russia, nonostante l’incredibile estensione del territorio e l’impossibilità di gestirne e controllarne le frontiere, l’immigrazione clandestina non esiste o è un fenomeno relegato alle popolazioni nomadi delle steppe asiatiche. Il clandestino in Russia non lo vai a fare perché sai che non avrai vita facile. Nel 2019 i lavoratori stranieri immigrati temporaneamente in Russia erano 12 milioni su una popolazione di 145 (quasi il 10 %). Nel 2020 sono scesi a 6 milioni a causa della pandemia.
Per immigrare in Russia le candidature dei potenziali lavoratori sono vagliate nel paese di origine e, a chi viene accettato, è garantito il contratto di lavoro ed il contratto per la casa prima ancora dell’ingresso nella terra degli Zar.
Se poi non rispetti le leggi e la cultura locale, oltre a finire in carcere per gli eventuali reati commessi, vieni rispedito al mittente senza troppi complimenti e senza la possibilità di poter ritornare per innumerevoli anni. Certo che è più facile e conveniente venire in Europa. In Italia se rubi, molesti il prossimo o non paghi il biglietto del treno mica ti rimandano a casa!
[… A Mosca ho incontrato], ben dopo l’imbrunire nei grandissimi e bellissimi parchi cittadini, donne sole e mamme con bambini che assaporavano il fresco delle sere estive senza il benché minimo timore di essere molestate da qualcuno.
“Ma là c’è una dittatura” – tuona qualcuno – come se una delle caratteristiche delle democrazie fosse quella di autorizzare ladri, stupratori e criminali a esercitare liberamente le loro attività. E il problema è anche questo. Se la democrazia non riesce a dare risposte concrete soprattutto nei confronti della delinquenza comune e di quei reati, come i furti, che toccano più di ogni altro il cittadino allora l’elettorato si volgerà verso sistemi diversi, verso forme di governo più efficaci nei confronti dei malviventi.
Basta guardarsi intorno per capire la fisionomia di queste leadership: in base all’indice di criminalità i paesi più virtuosi al mondo sono il Qatar e gli Emirati Arabi in buona compagnia con molti altri stati le cui forme di governo non possono annoverarsi tra le democrazie più virtuose. Parlando di grandi paesi, Cina e Russia hanno un indice di criminalità notevolmente inferiore ai grandi paesi europei, agli Stati Uniti e al Canada».

Il fatto che ci si riduca ad apprezzare questo tipo di retorica è indice di un imbarbarimento del dibattito pubblico dovuto naturalmente in primis al modo in cui gli pseudo-progressisti hanno gestito l’egemonia culturale, ma per il quale allo stato attuale all’elenco dei responsabili va per l’appunto aggiunta la Destra Frocia, sempre pronta a tradire e deludere anche nelle maniere più perverse.

Lo si nota, per concludere, nell’ultimo exploit dei meloniani a favore del voto LGBT, che appare a tutti gli effetti come una risposta indiretta alla presunta “omofobia” del Vannacci. Tale dinamica può avere risvolti inaspettati, come la promozione da parte di Fratelli d’Italia dello ius soli o della legalizzazione delle droghe leggere allo scopo di combattere la guerra intestina con i leghisti. Dalla Destra Frocia ci si può attendere davvero di tutto.

2 thoughts on “Destra Frocia: Vannacci doveva fare il golpe, non candidarsi!

  1. Sembra quasi che si stia portando definitivamente a compimento il progetto di ingegneria sociale atto al trapianto in Italia dei temi, delle dicotomie e dei limiti dell’agire politico americani.

    Un copia/incolla così spregiudicato che solo gli infetti da Chutzpah di seconda mano d’oltreoceano sono in grado di imporre seriamente.

    1. A parte che sarebbe la politica italiana a essersi americanizzata a ogni livello, comunque sono considerazioni abbastanza ovvie per cui non serve scomodare le analisi politiche (i meme?) d’oltreoceano. Inoltre non penso di avere né la forza né la capacità, nonché i mezzi, per portare a compimento alcun progetto di “ingegneria sociale”, a meno che tu stesso non ti consideri parte del “piano” nel momento in cui utilizzi come nickname un meme americano…

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