In questi giorni sto rileggendo La pelle di Curzio Malaparte in tedesco. È un esercizio che faccio spesso non tanto con i libri che preferisco, quanto con quelli che conosco meglio: per i casi strani della vita, infatti, mi sono spesso trovato a rileggere il “capolavoro” del Suckert, nonostante col passare degli anni il mio giudizio sia venuto sempre più a coincidere con quello di Raffaele La Capria, che lo paragona a un cartone di gatto Silvestro (sarà per questo che Adelphi lo ha ristampato addirittura in due collane distinte?).
Per una strana coincidenza, proprio quando sono giunto alla parte in cui i goumier marocchini “tastano” gli scugnizzi nei vicoli di Napoli, i giornali hanno iniziato a sparare in prima pagina Lo Choc di Colonia: decine di donne molestate da un migliaio di immigrati davanti alla stazione centrale della città. Una storia disgustosa sulla quale ognuno può dire quello che gli pare, ovviamente sempre ponendo l’accento sul maschilismo dilagante che sul fallimento del modello di integrazione tedesco.
Il particolare che mi più ha colpito (su tutto il resto, da vero europeista, pongo la clausola del “Not In My Back Yard” o, per meglio dire, del Nicht in meinem Hinterhof) è che sarebbero stati palpeggiati anche i bambini, come riporta il “Corriere” traendo la testimonianza da un quotidiano locale:
«“Gli aggressori volevano mettere le mani nei jeans e negli slip della mia compagna. Hanno toccato i miei due bambini sul petto e tra le gambe e a mio figlio 13enne hanno rubato il cellulare di tasca”, ha riferito al Koelner Stadt Anzeiger un 49enne che era lì con la compagna e i figli di 13 e 15 anni».
In realtà, al “Kölner Stadt-Anzeiger”, il padre ha riferito che i sehr aggressive Ausländer hanno palpeggiato la moglie e la figlia, mentre al ragazzino è stato “solo” rubato il cellulare: l’allusione alla “marocchinata” era in effetti troppo malapartiana per esser vera (o perlomeno verosimile) – ma la stampa tedesca è stata ancor più colorita e suckertiana, indugiando sui «Fingern in allen Körperöffnungen».
In ogni caso il parallelo potrebbe essere ancora valido, se venisse presa in considerazione la mia proposta di risolvere le tendenze contrapposte sull’argomento dei “migranti” (che rischiano di far implodere le nostre democrazie) identificando tale soggetto collettivo sì con un esercito di occupazione, ma un esercito alleato (la Germania dovrebbe essere abituata a farsi occupare dagli amici): solo in questo modo potremmo tenere assieme le dichiarazioni di Orbán sui migranti che «sembrano un esercito di guerrieri» e le aspettative di rinnovamento sociale che i progressisti hanno investito sugli stessi, come salvatori delle finanze pubbliche e missionari del multiculturalismo.
Di conseguenza, se il credito che tale “Esercito della Salvezza” riceve può essere collettivamente positivo, al contempo sia consentito biasimare l’operato scorretto delle poche “mele marce” (che rimangono sempre tali anche quando sono migliaia).
Ecco quindi le citazioni da La pelle che purtroppo mi sono capitate davanti al momento giusto; non le traduco perché preferisco che se le godano tutte solo i fratelli tedeschi (gli italiani che hanno dimenticato possono sconsolarsi con la versione della Cavani):
»Häßliche, zerlumpte Frauen, mit bemalten Lippen, mit abgezehrten, schminkeverkrusteten Wangen, abscheuerregend und erbarmungswürdig, standen an den Straßenecken herum und boten den Vorübergehenden ihre traurige Ware feil: Knaben und Mädchen von acht bis zehn Jahren, denen die Marokkaner, Inder, Algerier, Madagassen prüfend unter die Kleider tasteten oder mit der Hand zwischen die Knöpfe der kleinen Hosen griffen. Die Frauen priesen gellend an: „Two dollars the boys, three dollars the girls!“«
»Ich wußte, daß dort vor uns, weinige Schritte von mir – ich hörte das spröde Lachen der Kinder, die heiseren Stimmen der „Goumiers“ – sich der Kindermarkt befand, daß auch an diesem Tage, zu dieser Stunde, in diesem Augenblick, Knaben von acht bis zehn Jahren halb nackt vor den marokkanischen Soldaten saßen, die sie aufmerksam prüften und aussuchten und über den Preis mit den abstoßen häßlichen, zahnlosen Frauen feilschten, deren hohle, welke Gesichter eine dicke Schicht Schminke bedeckte und die mit diesen kleinen Sklaven Menschenhandel trieben.
[…] Sie betasteten sie, hoben ihnen die Kleider hoch, griffen mit ihren langen geübten Fingern zwischen die Knöpfe der kurzen Hosen und feilschten mit den Fingern deutend um den Preis. […] Die Mütter, oder vielmehr diese knochigen, gefärbten Weiber, die sich Mütter nannten, hielten sie fest am Arm, fast als fürchteten sie, die Marokkaner nähmen sie ihnen weh ohne zu zahlen; dann griffen sie nach dem Geld, zählten es, entfernten sich, den Jungen fest am Arm führend, und ein „Goumier“ folgte ihnen nach mit seinem blatternarbigen Gesicht, den funkelnden düsteren Augen unter dem über den Kopf geworfenen Zipfel des braunen Mantels«
(Curzio Malaparte, Die Haut, Übersetzt von Hellmut Ludwig, Stahlberg, Karlsruhe, 1950, s. 14, 108-109).