Dieci grandi libri in inglese da leggere (e possibilmente tradurre)

Consigli di lettura solo in inglese: dieci grandi libri che andrebbero prima o poi tradotti in italiano, o almeno inseriti in qualche bibliografia. Come bonus aggiungo Sweden’s Dark Soul. The Unravelling of a Utopia di Kajsa Norman, un’inchiesta di qualche anno fa (ma non ancora datata) sul disastro sociale che l’immigrazione ha causato in Svezia (qui una recensione) e che attualmente è disponibile su Amazon a metà prezzo (13€ circa).

Richard Tedor, Hitler’s Revolution. Ideology, Social Programs, Foreign Affairs (prima ed 2014)

Un volume incredibilmente “apologetico” della Germania nazista da parte di uno storico americano, che tenta di uscire dagli schemi demonizzanti della storiografia del dopoguerra tentando di comprendere le ragioni che portarono Hitler al potere. Prossimamente una recensione più approfondita.

Rich Benjamin, Searching for Whitopia. An Improbable Journey to the Heart of White America (Hachette, 2009)

Inchiesta del giornalista afroamericano Rich Benjamin sulle comunità a prevalenza bianca negli Stati Uniti e sui motivi che spingerebbero i bianchi americani a cercare la segregazione volontaria, concentrandosi sui metodi attraverso i quali essi sperano di raggiungere una white utopia (per esempio con regolamenti urbanistici restrittivi e sistemi di istruzione privata). Un testo che offre uno spaccato della “questione razziale” negli Stati Uniti da una prospettiva politicamente corretta e che ovviamente non pone mai l’accento sui problemi di sicurezza che comporta vivere in una città a maggioranza nera.

Greg Lukianoff & Jonathan Haidt, The Coddling of the American Mind. How Good Intentions and Bad Ideas Are Setting Up a Generation for Failure (Penguin, 2019)


Il titolo fa il verso al celebre La chiusura della mente americana di Alan Bloom individuando un ulteriore livello di decadenza, il “coccolamento” degli studenti americani che ha portato alla creazione di “spazi protetti” (safe spaces) all’interno delle università mettendo al bando opinioni e idee “scomode” verso la sensibilità dei discenti. Gli Autori portano numerosi esempi di come l’ideologia del safetyism, unita alla paranoia sulle “microaggressioni” e alla perversione dei programmi scolastici in ottica “intersezionalista” e identitaria, abbia condotto alla creazione di una generazione destinata al fallimento.

Tim Cole, Selling the Holocaust. From Auschwitz to Schindler. How History is Bought, Packaged and Sold (Routledge, 2000)

Il massimo del “revisionismo” che il mainstream si è potuto permettere negli ultimi decenni. Cole analizza l’Olocausto come prodotto commerciale e si dimostra piuttosto impietoso nel criticare la spettacolarizzazione della tragedia, concentrandosi in particolare sui risvolti hollywoodiani (Schindler’s List in testa) e turistici (la camera a gas di Auschwitz ricostruita per i visitatori).

Marc David Baer, The Dönme. Jewish Converts, Muslim Revolutionaries, and Secular Turks (Stanford University Press, 2009)

Uno dei volumi più completi in assoluto sulle vicende dei Dönme, gli ebrei sefarditi che si convertirono all’Islam nel XVII secolo nell’Impero ottomano. Al di là delle preziose osservazioni sull’origine di tale gruppo etnico-religioso, sono fondamentali i capitoli riguardanti il periodo delle riforme ottomane e la creazione del movimento dei Giovani Turchi, considerati “padri fondatori” della Turchia odierna.

Carlin A. Barton & Daniel Boyarin, Imagine No Religion. How Modern Abstractions Hide Ancient Realities (Fordham University Press, 2016)


Imagine No Religion di Barton e Boyarin esplora il ruolo delle religioni nel mondo moderno e il modo in cui tale prospettiva influenza la loro interpretazione: gli Autori sostengono che le concezioni sulla religione sono in realtà astratte e distorte rispetto alle pratiche religiose greco-latine che ne sono alla base, poiché cercano di definirle come un insieme di credenze o pratiche separate da altre sfere della vita umana, una distinzione artificiale creata nella modernità e influenzata da ideologie politiche come il liberalismo e il nazionalismo. Da leggere con lo spirito giusto (cioè antimoderno, indipendentemente dall’ispirazione degli Autori).

Stephen Pax Leonard, The Ideology of Failure. How Europe Bought Into Ideas That Will Weaken and Divide It (Arktos, 2018)

Forse il miglior volume riguardante la questione del “marxismo culturale” che appassiona la pubblicistica di stampo conservatore ma raramente viene affrontata, come in questo caso, con taglio accademico. Ricordo solo che per alcuni suoi commenti su Twitter (“Il sindaco di Londra vuol far diventare la città una Mecca per i Musulmani”; “Mi stupisce che in Svezia ci siano così pochi ebrei ma che tutta l’editoria sia in mano loro”), la Durham University ha sospeso tutte le collaborazioni con Leonard.

Trey Garrison & Richard McClure, Opioids for the Masses. Big Pharma’s War on Middle America And the White Working (Antelope Hill, 2021)


Pubblicato dalla “impresentabile” Antelope Hill, questa inchiesta ha avuto comunque una qualche eco, probabilmente per il fatto che tocca uno dei nervi scoperti della storia americana contemporanea: la strage di massa causata dalla diffusione degli oppioidi a ogni livello sociale. Vengono fatti nomi e cognomi dei principali responsabili di questa catastrofe nazionale.

Ray Oldenburg, The Great Good Place. Cafes, Coffee Shops, Bookstores, Bars, Hair Salons, and Other Hangouts at the Heart of a Community (1989)


Ormai un classico della sociologia americana, continuamente ristampato da oltre trent’anni, che teorizza l’idea dei “luoghi terzi”, diversi dall’ambiente domestico e lavorativo, in cui le persone possano riunirsi e socializzare al di fuori di contesti formali e sviluppare la propria identità da una prospettiva comunitaria. I luoghi menzionati da Oldenburg in realtà sono molto semplici (come i bar o le librerie o anche i parrucchieri) ma già ai suoi tempi nelle grandi e piccole città la loro presenza iniziava a essere tutt’altro che scontata (e ancor meno lo è oggi). Il libro andrebbe preferibilmente letto assieme al seguente:

Robert D. Putnam, Bowling Alone. The Collapse and Revival of American Community (Simon & Schuster, 2000)

Anche questo è un recente classico della sociologia contemporanea totalmente snobbato dagli italiani forse per il riferimento al bowling, che in realtà è solo uno spunto per affrontare il problema del declino della partecipazione collettiva e le sue conseguenze sulla coesione comunitaria e il tessuto sociale, nonché sulla democrazia stessa. Il libro analizza le diverse cause del fenomeno, tra cui il cambiamento delle abitudini sociali, l’aumento della mobilità, l’espansione dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo tecnologico, e nonostante sembri datato (ormai la prima edizione è di oltre trent’anni fa) il dibattito da esso suscitato è ancora vivo.

3 thoughts on “Dieci grandi libri in inglese da leggere (e possibilmente tradurre)

  1. L’ultimo è particolarmente interessante, io vedo un crollo anche italiano di tutto l’associazionismo (dopo il Covid é stato un tracollo ma il fenomeno comincia ben prima) . Sai se ci sono studi sull’argomento?

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