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Distruggete l’omosessualità e il fascismo sparirà

Уничтожьте гомосексуалистов – фашизм исчезнет [Unichtozhte gomoseksualistov – fashizm ischeznet]: “Distruggete l’omosessualità e il fascismo sparirà”. C’è una grande equivoco su questa frase di Maksim Gor’kij citata regolarmente a sproposito da qualche soi-disant storico: solo per fare un esempio, essa viene chiamata in causa da vent’anni a questa parte da Gian Antonio Stella sul “Corriere della Sera” come presunta testimonianza di una secolare “omofobia” dell’anima slava.

Basterebbe tuttavia inquadrarla nel contesto per capire che lo scrittore russo stava riportando un “modo di dire” diffuso in Occidente: la fonte è un articolo dal titolo Umanesimo proletario [Пролетарский гуманизм] comparso contemporaneamente il 23 maggio 1934 sulla “Pravda” e su “Izvestija”, i due quotidiani principali dell’Urss.

In esso si parlava del tentativo da parte delle classi dominanti in Europa di pervertire i giovani con comportamenti antisociali (tra i quali l’omosessualità) pur di impedire il sorgere per l’appunto di un “umanesimo proletario”. Questo il passaggio “incriminato”, per così dire:

«Non decine, ma centinaia di fatti raccontano dell’influenza distruttiva e corruttrice del fascismo sulla gioventù europea. Elencare i fatti è disgustoso e rifiutiamo di riempirci la testa con la sporcizia che la borghesia propaga sempre più diligentemente e abbondantemente. Faccio notare però che in Paesi dove il proletariato governa con coraggio ed efficacia, l’omosessualità che corrompe i giovani è riconosciuta come un crimine sociale e punita, mentre nei Paesi “colti” da cui vengono grandi filosofi, scienziati e musicisti, essa si diffonde liberamente e impunemente. Esiste già un detto sarcastico: “Distruggete l’omosessualità e il fascismo scomparirà”».

La frase è dunque solo una battuta riportata dallo scrittore, che sostiene sia diffusa tra i circoli socialisti nel Paese dei grandi filosofi, scienziati e musicisti (la Germania nazista). Anche volendo ridurre il senso della polemica alla cosiddetta “omofobia”, va osservato che Gor’kij comunque si sarebbe limitato ad affermare che l’omosessualità nei Paesi socialisti andasse repressa in modo legale, non attraverso pogrom o roghi.

Ad ogni modo, l’eventualità paternità del motto non è da accreditare a un comunista russo, ma a qualche socialista europeo o tedesco dell’epoca. Che, lungi dall’essere un’espressione di rozzezza e pregiudizio, contiene invece una profonda intuizione sulla tendenza fondamentale del proprio tempo: basterebbe infatti ricordare come una delle prime forme di “omosessualismo militante” moderne si sviluppò esattamente in Germania tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, sia a livello culturale che politico. Rimanendo nell’ambito del “folkore”, le pratiche delle SA erano probabilmente conosciute in tutta Europa (del resto fu Leo Longanesi coniò il motto “A Monaco di Baviera, mutande di lamiera”) e quando Gorkij riportò la frase, gli uomini di Ernst Röhm non erano ancora stati liquidati.

Ci sarebbe poi tanto da dire, sia sulla presunta omosessualità di Hitler e sulle sue esperienze giovanili a Monaco, nonché sui pregiudizi che Mussolini serbò sempre nei suoi confronti (riportati dal console Filippo Anfuso). La questione è tuttavia che la frase viene strumentalizzata da destra a sinistra per polemizzare sul nulla, anche se obiettivamente il cambio di paradigma dei progressisti riguardo l’omosessualità sarebbe un tema interessa da approfondire, sempre cercando di verificare le fonti (che in sé è una cosa ghei, a meno che non serva a dimostrare che i ghei hanno torto).

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