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Donald Trump e i presunti brogli in Pennsylvania

Traduciamo un articolo dal sito conservatore The Federalist, twittato ben due volte da Donald Trump, in cui un avvocato denuncia brogli in Pennsylvania. Il Presidente ancora in carica negli ultimi giorni sta rilanciando le accuse di frodi nel voto da fonti alternative ai media mainstream (qui la sua personale rassegna stampa basata su Breitbart).

I Was In Philadelphia Watching Fraud Happen.
Here’s How It Went Down

(The Federalist, 10 novembre 2020)

I media mentono quando affermano che le accuse di brogli di Trump siano infondate. Io lo so, perché ho affrontato la vicenda per conto del Presidente alla corte federale di Philadelphia. In discussione era la richiesta del presidente Trump di modifica del modo in cui le schede elettorali per posta in Pennsylvania venissero esaminate al Philadelphia Convention Center. La CNN e altri affermano che Trump ha “perso”. È falso: ha vinto. E per essermi occupato personalmente del tema, posso spiegarvi com’è andata realmente.

Il Presidente vuol ricorrere alla Corte Suprema per due motivi: in primo luogo, solo una manciata di osservatori repubblicani – sostanzialmente meno di quelli democratici – sono stati ammessi nella stanza del Philadelphia Convention Center dove venivano condotti i controlli. In secondo luogo, ai pochi che potevano entrare non era permesso avvicinarsi per vedere cosa stava realmente accadendo. La domanda che tutti dovrebbero porsi è: cosa c’è da nascondere?

Nel luogo decretato al conteggio di voti del Convention Center, ho personalmente osservato decine di volontari trumpiani a cui è stato proibito entrare anche se regolarmente registrati come osservatori. Ecco perché ho esortato Pam Bondi e Corey Lewandowski, che erano sul posto, ad autorizzare la richiesta a un tribunale federale di porre fine a questa assurdità.

Nonostante un ordine vincolante della Corte dello Stato, alla manciata di osservatori repubblicani che potevano entrare nella stanza non è stato consentito raggiungere lo sbarramento a due metri dai tavoli più vicini dove si svolgevano gli scrutini. Quindi, anche se presenti, non potevano comunque controllare cosa stesse accadendo. Se non ci sono stati brogli, perché il consiglio elettorale controllato dai democratici non ha permesso agli osservatori di avvicinarsi abbastanza per fare il loro lavoro?

Per questo motivo il giorno delle elezioni ho stilato a volo un brevissimo memorandum per l’avvio di una causa federale affinché un tribunale vietasse queste pratiche sleali. Verso le 16:30 la presentazione dell’esposto è stata autorizzata. Il giudice federale ha indetto un’udienza preliminare iniziata alle 17:30 e durata due ore, costringendo il Consiglio elettorale ad accettare che i repubblicani potessero avere fino a 60 rappresentanti sul posto. È stata una grande vittoria, non solo per i repubblicani ma per chiunque desideri che si svolga un conteggio regolare dei voti.

Il giudice ha anche costretto il consiglio ad accettare che tutti gli osservatori, democratici o repubblicani, potessero ignorare l’obbligo di distanza di due metri. Ma mentre il Consiglio negava di aver impedito agli osservatori di avvicinarsi, una lunga lista di testimoni erano pronti a giurare su quanto accaduto. Il giudice ha affermato chiaramente che se gli imputati non avessero acconsentito a quanto promesso in aula, egli li avrebbe obbligati con la sua autorità a mantenere la parola.

Non sono più sorpreso dalle notizie anti-Trump provenienti dalla CNN, ma non capisco perché i leader repubblicani della Pennsylvania sostengano che non vi è motivo di pensare che nel conteggio dei voti della Pennsylvania ci sia stato qualche errore o frode. Se ciò non fosse, perché nella democratica Philadelphia si sarebbe tentato di tutto per tenere i repubblicani lontani dagli scrutini? In una società disseminata di telecamere, perché il conteggio non viene fatto alla luce del sole, sotto gli occhi di tutti? Cosa c’è da nascondere?

Ulteriori testimoni hanno raccolto indizi, a cominciare dal video che mostra, tra le altre cose, funzionari governativi che indossano maschere in sostegno di Joe Biden e che riempiono gli spazi vuoti nei voti già inviati per posta. La sentenza a cui ho partecipato non riguardava precisamente questo episodio, ma le condizioni che lo hanno reso possibile.

Nessuno che desideri un conteggio legittimo dei voti dovrebbe lavorare per tenere gli osservatori fuori dalla stanza in cui vengono contati i voti. Eppure, per qualche ragione, Philadelphia ha mobilitato tre avvocati, compreso lo stesso procuratore della città, all’udienza per convincere un giudice federale che non avrebbe dovuto nemmeno preoccuparsi di rispondere alla richiesta del presidente Trump.

Fortunatamente, il giudice federale non ha seguito questo consiglio e ha costretto il Consiglio elettorale a fare la cosa giusta. Questa è una vittoria per tutti, tranne per quelli che hanno qualcosa da nascondere – che, guarda caso, sono gli stessi sostenitori di Biden.

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