Ormai da mesi si parla della serie di molestie perpetrate tra gli anni ’50 e i primi anni 2000 dall’Abbé Pierre, il “santo patrono” del cattolicesimo progressista considerato dai francesi alla stregua della versione nazionale di Gandhi o Martin Luther King. Il vaso di Pandora è stato scoperchiato a luglio, quando sono emersi i primi risultati di un’inchiesta condotta dalla stessa associazione da lui fondata, il colosso della beneficenza Emmaüs.
La stampa, invece di gettarsi a capofitto a raccogliere nuove testimonianze, ha adottato una sobrietà evidentemente dovuta all’aura che circonda ancora il personaggio: tuttavia sempre la Emmaüs, a inizio di settembre, ha pubblicato un secondo rapporto che ha dato il via a un’altra ondata di polemiche, portando tra le altre cose alla chiusura del centro intitolato al prelato, alla distruzione di tutta l’oggettistica ad egli legata (“santi” e “santini” a uso commerciale), nonché alla rimozione di una statua dell’Abbé presso la sede di Emmaüs nella provincia di Digione.
Ora l’associazione annuncia ricerche più serrate, eventualmente riguardanti anche le complicità da parte delle organizzazioni religiose e filantropiche. Un dato di fatto è che l’inchiesta non fosse partita dalla “testa del pesce”, nessuno avrebbe avuto la possibilità di occuparsene a meno di voler subire una lapidazione mediatica, perché certi tipi di “santità” possono resistere davvero a qualsiasi évidence. Va dunque riconosciuto alla Emmaüs di essersi mossa anche al costo della propria stessa esistenza, che è ormai sempre più precaria sia per il danno d’immagine che per l’ammontare degli eventuali risarcimenti alle vittime.
Nonostante sia difficile rivolgere lo sguardo al concentrato di perversioni e abusi rappresentato dalla condotta tenuta dall’Abbé Pierre per oltre mezzo secolo, bisogna comunque discutere, almeno a grandi linee, di ciò che ha combinato. In primo luogo, il contesto in cui si è svolta l’inchiesta: le fondazioni legate al brand dell’abate a inizio del 2024 si sono affidate all’agenzia Egaé per condurre, con i dovuti modi, tutte le indagini del caso.
Alla fine di maggio il primo rapporto è stato stilato e dopo un’ulteriore verifica è stato divulgato da Emmaüs International, Emmaüs France e Fondazione Abbé Pierre. Esso contiene le testimonianze di dodici persone (indicate da lettere). Cito alcuni dei casi: la testimone A. racconta di ripetuti palpeggiamenti del seno quando era ancora minorenne (tra i 16 e 17 anni) nella casa di famiglia dove l’Abbé Pierre era regolarmente invitato, essendo grande amico dei suoi genitori; nel 1982, divenuta maggiorenne, A. si reca in Italia assieme alla sorellina su sollecitazione di padre Pierre e viene costretta a un bacio forzato: “L’ultima sera, nel salutarlo, ha introdotto la sua lingua nella mia bocca in modo brutale e del tutto inaspettato”. Nel 1988 o 1989 A. afferma che l’Abbé l’avrebbe aspettata in una stanza d’albergo per chiederle di sdraiarsi a letto con lui, e di fronte al rifiuto avrebbe poi ritentato un approccio a casa di A, nuovamente rifiutato. Nel 2003, A. avrebbe incontrato Pierre accompagnata dal padre e gli avrebbe letto un testo in cui raccontava ciò che lui le aveva fatto, al che l’Abbé avrebbe preso il foglio per farlo a pezzi.
B. testimonia di aver subito un palpeggiamento al seno alla fine degli anni ’70, e un tentativo di “contatto sessuale” nel 1992 presso la sede della Emmaüs International dove all’epoca lavorata («Mi sono avvicinata a lui per stringergli la mano. Ha cercato di trascinarmi verso la finestra. Gli ho detto: “No, padre”. Mi ha detto: “Ne ho bisogno”. Ho detto “no” e se n’è andato»).
C. e D. narrano anch’esse di palpeggiamenti avvenuti tra gli anni ’80 e gli anni ’90: di fronte all’insistenza da vero e proprio stalker dell’Abbé, D. afferma di aver denunciato il suo atteggiamento ai responsabili della comunità, i quali a suoi dire avrebbero assunto un atteggiamento omertoso.
E. ricorda approcci indesiderati dal 2002 al 2005 (all’epoca Padre Pierre era ultranovantenne): «Una volta, nel 2005, eravamo a Firenze, lui in quel momento era su una sedia a rotelle. Quando andai a salutarlo, mi toccò entrambi i seni». Sempre per quanto riguarda gli ultimi anni del prete maniaco, un testimone sostiene che una donna (G.) sarebbe stata palpeggiata nel 2001: «L’abate aveva l’abitudine di aggrapparsi al braccio di qualcuno mentre camminava. Una giovane donna, volontaria del gruppo, era stata designata ad assisterlo. Ad un certo punto, ha afferrato il braccio di questa ragazza e ha colto l’occasione per sfiorarle i seni».
Una delle persone intervistate ha dichiarato a Egaé di non aver reagito perché “Lì c’era Dio, e cosa fai quando è Dio a farti cose del genere?”. Tutte le vittime accennano al misto di incredulità e stupore suscitato in esse dagli atteggiamenti del Padre (“Sta succedendo davvero?”, “Ma è cosciente?”, “È l’Abbé Pierre, non posso farci nulla”) dettata sia dall’influenza dovuta al rapporto personale del chierico, sia dall’idolâtrie (sic) che circondava la sua figura.
Il primo rapporto parla in generale di “una situazione nota a molti” a partire almeno dagli anni ’50, dove già erano iniziate a circolare storie di tentativi di assalto che venivano insabbiate con frasi di circostanza del tipo “Fa parte del personaggio” oppure “Pensavamo si fosse calmato”. Certe voci del resto sembravano fossero piuttosto note, se nel 2005 lo stesso Abbé ammise pacificamente di aver infranto più volte il voto di castità, affermando tuttavia solo di aver “ceduto al desiderio” in un paio di occasioni:
«Ho conosciuto l’esperienza del desiderio sessuale e del suo rarissimo soddisfacimento che è stato sorgente di insoddisfazione. Per essere pienamente soddisfatto, il desiderio sessuale ha bisogno di esprimersi in una relazione amorosa, tenera, fiduciosa».
In quella occasione nessuno si era permesso di porre domande sulle modalità con cui il “Santo” (o “Santone”) avesse soddisfatto certi desideri. Il secondo rapporto, appena pubblicato, ci fa capire l’abisso di male celato dai ridicoli richiami all’amore, alla tenerezza e alla fiducia: stupri, pedofilia e sopraffazioni occorse dagli Stati Uniti al Belgio e dal Marocco alla Svizzera.
Cito alcuni dei casi più indicativi, e in effetti più gravi (saltando dunque palpeggiamenti vari), di un comportamento evidentemente compulsivo per il signor Henri Antoine Grouès (questo il vero nome dell’Abbé). Anche qui, i nomi delle testimoni sono indicati da lettere: H. è stata costretta a baciarlo a Parigi nel 1999 (Pierre all’epoca aveva 87 anni); I. ha dovuto masturbarlo a Rabat, in Marocco, nel 1956, quando aveva 18 anni (e l’Abbé 44): la testimonianza è stata riportata dalla sorella e dal figlio della donna (nel frattempo deceduta); K. ha subito violenza sessuale nel 1955 in un albergo di New York durante un viaggio del prelato negli USA; L., che doveva intervistare l’Abbé per un giornale svizzero nel 1988, è stata palpeggiata, baciata e ha subito anche lo strusciamento del pene eretto da parte di Pierre; alla fine degli anni ’70 W., all’epoca quindicenne, venne toccata ripetutamente durante le visite ai genitori presso una comunità di Emmaüs. L’infermiera O. è stata paleggiata, assieme ad altre colleghe, nel 2006 durante il ricovero dell’Abbé a Parigi (riguardo a questa testimonianza, la donna afferma che certi atteggiamenti furono attribuiti solo all’età avanzata dell’uomo, all’epoca 94enne).
J. è stata costretta a contatti indesiderati tra il 1989 e il 1990 quando si era recata dal Padre per trovare un’abitazione: questa storia, almeno da quel che risulta dai resoconti giornalistici, era già nota alla Commission indépendante sur les Abus Sexuels dans l’Église (CIASE) costituitasi nel 2019, la quale ha poi fornito ulteriori dettagli sulla vicenda. J., all’epoca 34enne, si era appena trasferita dal Canada dopo un divorzio, e non avendo possibilità di affittare un appartamento si era rivolta al “filantropo” più famoso di Francia. Fu così quindi che l’Abbé la trasformò nel suo “oggetto sessuale”, portandola nel suo appartamento parigino per farsi praticare del sesso orale, farsi frustare e chiederle che un’altra donna si unisse a loro in unménage à trois.
X. è il caso più esplicito di pedofilia: tra il 1974 e il 1975 la testimone, all’epoca una bambina di 8-9 anni, venne condotta dall’Abbé dal patrigno (anch’egli pedofilo) per essere palpeggiata e baciata con la lingua. L’associazione che ha raccolto la testimonianza ha verificato la plausibilità degli eventi, certificando anche la frequentazione dell’abate da parte del patrigno della vittima.
Il secondo rapporto aggiunge infine una serie di allegati, tra i quali alcuni scambi epistolari che dimostrano come tante persone fossero al corrente della vera natura dell’Abbé Pierre, e una lettera del Padre stesso dove egli dispensa consigli “pratici” su come farla franca a un uomo accusato di violenza su minorenni.
Da una prospettiva più ampia, si possono aggiungere altri elementi: per esempio, il fatto che la CIASE avesse già ricevuto almeno tre denunce riguardanti l’Abbé; alcuni dei ricercatori di tale commissione, intervistati da Le Monde, hanno ammesso, bontà loro, che “la devianza sessuale nel clero cattolico era distribuita in modo molto equo fra tutte le tendenze, progressiste o conservatrici“, affermando inoltre l’esistenza di un “protocollo” da parte dei dirigenti di Emmaüs per “mettere in guardia le donne che lavoravano per la comunità”.
L’episodio più interessante però riguarda probabilmente il viaggio negli Stati Uniti del 1955, pubblicizzato dalla stampa di allora come un evento di portata internazionale. L’Abbé Pierre fu accolto a New York il 25 aprile 1955 dal cardinale Francis Spellman e da Jacques Maritain, importante intellettuale cattolico francese: fu proprio quest’ultimo a essere informato da due preti americani del comportamento dell’Abbé, “affamato” di sesso a tutte le ore e incapace di contenersi con qualsiasi donna gli capitasse a tiro. Il Padre aveva ridotto il tutto a delle “piccole imprudenze”, ma gli episodi di cui si era reso protagonista dovevano a quanto pare essere di tale gravità da mettere in subbuglio ogni livello della gerarchia clericale da una parte all’altra dell’oceano.
Il “pellegrinaggio americano” dell’Abbé, che avrebbe dovuto comportare interviste e documentari, nonché una trionfale visita alle Nazioni Unite, si concluse nel maggio 1955, quando il prete prima ritornò a Parigi da Chicago con un volo diretto per evitare lo scandalo, e poi ritornò negli Stati Uniti facendo andare su tutte le furie Maritain, che decise infine di impegnarsi affinché la Chiesa facesse qualcosa contro un uomo evidentemente malato. Ecco quindi che l’Abbé finisce in clinica psichiatrica, un aspetto della sua biografia che sta emergendo dai giornali francesi in queste settimane e del quale sinceramente non mi pare di aver letto mai nulla prima d’ora.
Il prelato venne prima mandato in qualche istituto per brevi periodi e infine, tra il 1957 e il 1958, internato per volontà delle stesse gerarchie in una clinica psichiatrica a Prangins, in Svizzera. Dopodiché, gli vennero affiancati diversi “controllori” e i suoi spostamenti vennero limitati al minimo indispensabile: a quanto pare, i vescovi avvertirono anche l’autorità della pericolosità del “soggetto”, e addirittura il cardinale Maurice Feltin scrisse nel 1958 al Ministro della Giustizia Edmond Michelet per dissuaderlo dal conferire all’Abbé il grado di ufficiale della Legion d’onore. Sembra che persino i servizi segreti francesi aprirono un fascicolo sul sacerdote!
Insomma, la fogna si è scoperchiata e ormai tutti, almeno al di là delle Alpi, sono costretti a parlarne. Persino alcuni dettagli della biografia del Padre, vent’anni fa ancora accolti con bonarietà (come, secondo quanto riporta “La Vie”, il fatto che l’Abbé già a partire dagli anni ’50 avesse avuto numerose “avventure” in qualità di star del progressismo), ora assumono tutt’altro significato: non più la derubricazione a “peccatucci”, magari di gusto boccaccesco, a fronte di una vita spesa per la “buona causa” (la riduzione della fede cristiana a pelosa filantropia), ma un pozzo nero di disgusto e abiezione, coperto con l’alibi dell’aiuto ai “più deboli”, letteralmente il lupo travestito d’agnello.