Alla fine del 2019 una cittadina del Massachussets fu tappezzata da cartelli con la scritta Islam is right about women (“L’islam ha ragione sulle donne”): la provocazione causò scompiglio tra gli abitanti che, intervistati dalle tv locali, si trovarono tra l’incudine e il martello, preoccupati di dire alcunché per timore di cadere nel peccato di islamofobia e razzismo da una parte o di misoginia e machismo dall’altra. No one knows how to react, gongolò la stampa conservatrice (rievocando anche il famoso aneddoto di Havel sull’erbivendolo cecoslovacco che espone il cartellone “Proletari di tutto il mondo unitevi!”).
Ripensavo a quell’epica trollata (tramandata ai posteri dall’enciclopedia ufficiale dei meme) leggendo l’intervista appena rilasciata da Silvia “Aisha” Romano (la cooperante sequestrata da dei terroristi somali e convertitasi all’islam durante la prigionia) al portale “La Luce” (Mi son chiesta perché a me e ho trovato Dio, 6 luglio 2020):
“L’idea che avevo dell’Islam era quella che in molti purtroppo hanno quando non ne sanno niente. Quando vedevo le donne col velo in Via Padova, avevo quel tipico pregiudizio che esiste nella nostra società, pensavo: poverine! Per me quelle donne erano oppresse, il velo rappresentava l’oppressione della donna da parte dell’uomo.
[…] Il concetto di libertà è soggettivo e per questo è relativo. Per molti la libertà per la donna è sinonimo di mostrare le forme che ha; nemmeno di vestirsi come vuole, ma come qualcuno desidera. Io pensavo di essere libera prima, ma subivo un’imposizione da parte della società e questo si è rivelato nel momento in cui sono apparsa vestita diversamente e sono stata fatta oggetto di attacchi ed offese molto pesanti.
C’è qualcosa di molto sbagliato se l’unico ambito di libertà della donna sta nello scoprire il proprio corpo.
Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima.
Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale”.
E gli sbirri muti, come si diceva una volta. Non c’è nulla che le femministe possano dire. È incredibile questa forza dell’Islam, di mettere a tacere gli stessi “padroni della voce” in Occidente, di sottometterli come docili cagnolini. Ebbene sì, l’Islam ha ragione sulle donne, finalmente possiamo dirlo anche in Italia.
Si è convertita all’Islam, non dice mezza parola d’odio, sorride anzichè piangere. È una donna. Non glielo perdoneranno mai. #SilviaRomano
— Selvaggia Lucarelli (@stanzaselvaggia) May 10, 2020
La Botteri non va bene perché si veste sempre uguale.
La Rackete nemmeno, perché non indossa il reggiseno.
Silvia Romano no, perché mette abiti somali.
Le vittime di violenza no, se hanno le minigonne.A voi non vi va bene che una scelga, fine. #Aisha
— Elisa Ghidini (@ElisaGhi) May 11, 2020
A voi vanno bene solo quelle che si chiamano Giorgia, che sono donne, madri, cristiane. Quelli che hanno un genitore uomo ed un genitore donna. Quelle tutte uguali.
La vostra ossessione per la “normalità” non è altro che il sogno di ogni totalitarismo. #Aisha #SilviaRomanoLibera
— Fran Altomare (@FranAltomare) May 11, 2020
Avvertenza:
"islamica" non è il contrario di "italiana".
"#Aisha" non è il contrario di Silvia.
"tunica somala" non è il contrario di (boh) "abito italiano"
"persona rilasciata dietro riscatto" non è il contrario di "persona prigioniera per mesi e mesi".#SilviaRomano#11maggio— Mangino Brioches (@manginobrioches) May 11, 2020