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E. Michael Jones: “Preghiamo per la fine pacifica dell’impero americano” (riassunto delle puntate precedenti)

Avevo iniziato a seguire gli interventi dell’intellettuale americano (di orientamento cattolico tradizionalista) E. Michael Jones su Cozy.Tv, ma vuoi che il Nostro si sia ammalato quasi subito e sia rimasto assente qualche settimana per una infezione polmonare (“Molto più temibile del covid”), vuoi che non mi sia accorto che le dirette scompaiono dopo poco tempo dall’archivio come se fosse una vera televisione (il che rende poco conveniente annotarsi tutto quel che dice negli interventi, se poi chi è interessato non può avere la possibilità di approfondirli), ho trascurato un po’ troppo le attività di Jones (che, ricordo, va in onda ogni venerdì alle 23 ora italiana).

Posso dunque solo proporre una breve sinossi delle puntate precedenti (senza poterle linkare, ché sono scomparse in questa sorta di nuovo gorgo post-catodico – solo alcune si possono ritrovare su suoi canali Bitchute, Rumble e Odysse): il 16 dicembre 2022 (quarta puntata) il dottor Jones ha discusso dei “pilastri del controllo mentale ebraico”, che a suo parere sono la pornografia e l’hate speech, strumenti con i quali negli Stati Uniti la rule of law è stata soppiantata dalla Jewish law enforcement. Lo scrittore propone di approfittare di qualsiasi occasione (le sparate di Kanye West, il ritorno di Trump) per mettere al centro del dibattito politico la Jewish Question, e conclude parlando del suo cardigan, che egli definisce un Irish sweater e considera una forma di “vestiario etnico” (qui critica Kanye che invece produce abbigliamento disdicevole), espressione che dalla sua prospettiva identifica i cattolici americani come un’etnia basata sulla religione e non sulla razza.

Negli ultimi minuti trova anche tempo di parlare dei fratelli Cohen, registi dei quali ha apprezzato A Serious Man (perché  suo parere affronterebbe la “questione ebraica”, ritraendo il dissidio tra Big Jews e Little Jews) mentre ha trovato profondamente deprimente il più recente A proposito di Davis.

Per quanto riguarda la quinta puntata, un dibattito con tale Robert Sungenis (uno che sostiene la teoria del geocentrismo…), non ho fatto in tempo a seguirla prima che sparisse (chiedo scudo, sono davvero male organizzato, e del resto nonostante fosse stata caricata su Bitchute è stata censurata persino da tale piattaforma “alternativa” per Incitement to Hatred), mentre la “quinta-bis” era una conferenza (il cui audio era inascoltabile) sulla Black-Jewish Alliance, argomento del quale Jones si è diffuso in numerosi luoghi (le sue tesi sono più o meno quelle che potete trovare in questo pezzo, o in questo podcast risalente al 2015).

La sesta puntata (che perlomeno si può recuperare su Rumble) rappresenta una pregevole “faida” all’interno della destra americana, tra Jones e lo psicologo Jordan Peterson, divenuto negli ultimi anni una star conservatrice del web. Quest’ultimo ha dedicato un suo intervento al Logos, espressione che Jones ha trasformato in una sorta di meme per diffondere la sua filosofia. L’intellettuale cattolico si è detto sconcertato dall’interpretazione del concetto offerta da Peterson, in quanto egli lo ridurrebbe a un problema di realizzazione personale, proponendo una sorta di gnosi in cui il caos fa parte della natura divina, mentre per Jones “Dio non usa il Logos, Dio è il Logos” e non impone un ordine al caos primordiale (a meno di non voler confondere la Genesi con la Teogonia di Esiodo). A suo parere è stato Ben Shapiro, altro pezzo grosso del conservatorismo americano (di origine ebraica), ad aver “suggerito” a Peterson di appropriarsi del concetto di Logos e distorcerne il significato. Qui la polemica è davvero scottante perché Jones è convinto che ogni personalità assurta agli onori del mainstream si ritrovi immediatamente al seguito un “controllore ebreo” (Jewish handler) ad assicurare ai centri di potere la sua “normalizzazione”. A tal proposito il polemista allarga il discorso agli evangelici, movimento religioso dotato di incredibile influenza sull’opinione pubblica americana, auspicando che si riesca a far abbandonare loro un po’ di zelo sionista attraverso il problema dell’aborto (che decine di associazioni ebraiche statunitensi considerano un “valore ebraico”).

Nella settima puntata (13 gennaio 2022) Jones discute dell’introduzione di una nuova legge contro il negazionismo dell’olocausto in Canada, a quanto pare inserita “di straforo” nella legge di bilancio senza alcuna discussione in Parlamento. Il commentatore collega indirettamente l’introduzione di tale provvedimento con la famosa “rivolta dei camionisti” sorta sull’onda delle proteste contro le politiche anti-pandemiche. Secondo la sua lettura, per il governo Trudeau i camionisti sarebbero dei “neonazisti” (dunque potenzialmente negazionisti), e oltre a ciò un’ulteriore de-sensibilizzazione dell’opinione pubblica riguardo la limitazione della libertà di parola potrebbe consolidare un potere ai limiti del totalitarismo (in senso cattivo).

L’ottavo episodio (21 gennaio 2022) verte su un’altra “faida” nel mondo conservatore, quella tra il commentatore Steven Crowder (in Italia penso non lo conosca nessuno, se non per il meme “Change My Mind” che ritrae un suo format in cui si piazzava fuori da una università invitando gli studenti a fargli cambiare idea su alcune opinioni controverse) e il Ben Shapiro di cui sopra, una delle sue “bestie nere”, il controllore dell’universo “conservatore”, che ancora per Jones sarebbe solo un’etichetta inventata nel dopoguerra per evitare di nominare la questione ebraica (gira che ti rigira si finisce sempre lì…).

Segnaliamo nel corso di queste puntate la perdita di interesse da parte di EMJ nei confronti di Kanye West dopo che l’artista si è giocato la “carta 88”, cioè ha dichiarato che “Hitler ha fatto cose buone”, classica affermazione che inficia qualsiasi altra (anche retroattivamente).

Dulcis in fundo, l’intervento recente più interessante di E. Michael Jones non è andato in onda su Cozy.tv, ma su un canale iraniano: un’intervista (in inglese) a causa della quale è finito nel mirino della nota Memri (qui l’intervento completo) per aver dichiarato che “la narrativa sull’olocausto è il mito fondamentale dell’impero americano”, attaccando anche Antony Blinken e Victoria Nuland in quanto discendenti di reduci dall’olocausto (ma l’affermazione è controversa) e chiamando in causa l’attitudine messianica dello spirito rivoluzionario ebraico, infine aggiungendo che anche Trump è “controllato dagli ebrei”, perché “il problema fondamentale della politica americana in questo momento… è il controllo ebraico”, concludendo con l’invito a “pregare per la fine pacifica dell’impero americano. Questo è ciò che deve accadere. E Dio mi esaudirà perché nessun impero dura per sempre”.

PS: A scanso di equivoci si precisa che le opinioni espresse dal dottor Jones non corrispondono perfettamente a quelle dell’ambasciator senza pene (in senso buono) che le riporta.

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