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E se questa storia di OnlyFans finisse con un bel femminicidio?

OnlyFans è una piattaforma attraverso la quale dei “creatori” possono postare dei contenuti a pagamento di cui gli utenti possono “usufruire” tramite abbonamento mensile. Il “servizio” è stato lanciato nel 2016 ma è esploso nel corso della pandemia di covid. Finora non ho mai parlato di questa roba, nonostante si possa già stilare un “libro nero” sul male che ha portato nel mondo, tra pedopornografia, evasione fiscale (il suo proprietario, l’ebreo ucraino-americano Leonid Radvinsky, in precedenza si era perlopiù occupato di riciclaggio) e puttanesimo vario: il motivo è che mi illudevo che il fenomeno si sgonfiasse in pochi mesi, ma ora che è sulla bocca di tutti e i media mainstream lo stanno pompando con titoli del tipo “Facevo la cameriera e ora guadagno millemila dollari al mese con le foto delle mie narici”,  è giusto spendere due parole.

Prima di tutto, è un dato di fatto che, come dice Wikipedia, “il sito è per la maggior parte usato a scopo pornografico”, naturalmente al 99% da donne, che peraltro incassano anche la quasi totalità dei compensi (ecco cosa succede a ribaltare il fantomatico gender gap: una società di puttane e segaioli). Tuttavia, OnlyFans rappresenta esattamente l’antitesi della pornografia: il “mistero” del suo successo è la monetizzazione dello spazio tra desiderio e appagamento. Nulla di esplicito, se non si sgancia. Ma non si tratta comunque di pagare per del materiale che si può trovare gratuitamente ovunque (e ora persino produrre tramite l’intelligenza artificiale): a detta delle stesse “produttrici di contenuti”, ciò che si “vende” su OnlyFans sono relazioni immaginarie.

Sul New York Times, la modella Dannii Harwood afferma di conoscere “la data di nascita, i nomi dei figli e degli animali domestici” degli abbonati, perché a suo parere essi cercherebbero “esperienze più intime, esperienze da fidanzatini”. Lo ammette apertamente: “Chiunque può trovare pornografia gratuita, ma i miei abbonati non vogliono pagare per questo. Vogliono avere l’opportunità di conoscere qualcuno che hanno visto su una rivista o sui social media. Sono come la loro fidanzatina virtuale”.

Insomma, non si parla di “giornali di donne nude” (cit.) ma di qualcosa che ha più a che fare con la manipolazione psicologica e il ricatto emotivo. Per ora in Italia siamo ancora al momento in cui casalinghe e commesse offrono lezioni di business sul “Corriere”, ma nell’anglosfera siamo già allo stalking e alle minacce, nonché a una sfrenata competizione per cercare di attrarre a sé il maggior numero di psicopatici. E ci sono già decine, se non centinaia, di testimonianze di donne che ora non riescono più ad avere una relazione seria con un uomo (una delle “modelle” più celebri, della quale la stampa italiana ha parlato perché “fa un miliardo di euro lasciandosi crescere i peli delle ascelle”, afferma che è da cinque anni che praticamente non scopa perché tutti la vedono solo come un trofeo sessuale – non mi dire…).

La questione si può affrontare da varie prospettive, ma un punto deve essere chiaro: attraverso OnlyFans le donne vendono la loro anima prima dei loro corpi. E a comprarla c’è un’orda (davvero troppi) di maschi che vogliono fondamentalmente acquistare una “connessione intima” con una persona che, al di là delle apparenze, non può non disprezzarli. Non si tratta però di farsi beffe degli zerbini e dei simp: qui non siamo più al cospetto di “servi della gleba”, che almeno cercavano il “triangolino” che li esalta.

Al di là degli aspetti prettamente maniacali, come di chi paga una tizia per spappolarsi le uova sui piedi, la maggior parte acquista fotografie che non potrebbero nemmeno essere considerate soft porn. E per il resto, si abbona a un servizio di messaggistica che in molti casi non è nemmeno gestito dalla loro “fidanzatina immaginaria”: la pornoattrice Amouranth, per esempio, ha ammesso di riuscire a guadagnare circa un milione di euro al mese (Putin bombardaci) affidandosi a una fitta rete di “collaboratori”, che è implicito gestisca anche i rapporti con la cosiddetta fanbase.

I motivi di tale deriva sono numerosi. In generale, è sintomo della pura e semplice degenerazione, anche se il fatto che OnlyFans sia diventato popolare durante la pandemia è piuttosto indicativo. Una delle cause sicuramente va cercata nella desensibilizzazione indotta nei maschi dal consumo compulsivo di pornografia: il materialismo più sfrenato anche in questo ambito ha portato alla smaterializzazione totale. Dall’impotenza fisica all’impotenza psichica: il porno evidentemente non rende solo refrattari al sesso in carne e ossa, ma anche alla stessa interazione umana. E il problema si risolve trasformando le interazioni in un “servizio”.

L’unica soluzione, almeno sul breve periodo, sembra solo quella di sedersi sulla riva del fiume e aspettare che passino i cadaveri. Non vorrei però che il proverbio (in realtà basato su un’errata interpretazione di un motto confuciano) si traducesse nella realtà con un bel femminicidio perpetrato da qualche “abbonato”. Voglio dire, questo è ciò che succedeva regolarmente quando un certo tipo di manipolazione veniva messo in atto da puttane e papponi (che comunque offrivano almeno sesso in real life, ma riuscivano talvolta a sfruttare le debolezze psicologiche del cliente per spennarlo all’estremo); ora il distacco generato dal medium potrebbe forse aver creato anche un solco immaginario, ma a lungo andare la competizione per il controllo mentale di nuovi “abbonati” non potrà che portare a esiti estremi.

L’alternativa sarebbe quella di proibirlo almeno nei Paesi, non so come dire, di “cultura latina”. Vedo invece che se ne parla tutti i giorni come la più grande opportunità di lavoro a cui una donna italiana o occidentale possa aspirare. E quindi non ci sarà lieto fine.

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