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L’eccessivo allarmismo sull’influenza spagnola

Il termometro dell’influenza
(La Stampa, martedì 8 ottobre 1918)

La quotidiana lista dello Stato Civile, che con le nascite ed i pochi matrimoni reca i nomi e il numero dei morti in città nelle 24 ore precedenti, gode purtroppo, da qualche tempo, nei giornali cittadini, di un’attualità inconsueta. È divenuta un po’ come l’articolo di fondo, Tutti la cercano, tutti la leggono, tutti la commentano. E oggi quanti morti? Ah, più di ieri! Morti d’influenza, sottinteso. Perché è impossibile morire altrimenti, al giorno d’oggi… La influenza, i morti d’influenza, l’epidemia fanno le spese di tutti i discorsi, di tutte le curiosità, nelle famiglie, nei negozi, sul tram, e dappertutto, e sempre in base ad una sola cifra: il totale dei decessi annunciato dallo Stato Civile. È questo il termometro aritmetico su cui la cittadinanza regola il suo stato d’animo clinico, ogni mattina all’uscita del giornale: e pochi riflettono che quel termometro è unilaterale, non regolato, insufficiente, a dare una idea esatta dell’andamento, della mortalità per questa malattia del giorno.

Sappiamo, infatti, quotidianamente, il numero dei morti ma non conosciamo il numero degli ammalati d’influenza. Manca perciò, al retto giudizio, il rapporto necessario tra lo sviluppo della malattia e la mortalità da essa determinata. Che la cifra dei decessi cresca è doloroso, ma per assumerla a segnale d’allarme bisognerebbe sapere anche la cifra dei degenti. Si vedrebbe, allora, che se l’influenza è una malattia a larga diffusione, la mortalità relativa è tutt’altro che allarmante, si mantiene fortunatamente assai bassa, non cresce in ragione aritmetica, e tanto meno geometrica, al numero degli ammalati.

Non fosse che, per tranquillizzare il pubblico, per dimostrargli che i casi letali si mantengono in proporzione minima, rispetto al numero dei colpiti da questa forma epidemica, crediamo che sarebbe opportuno che il nostro Ufficio municipale d’igiene -come si fa altrove- notificasse al pubblico quotidianamente la cifra degli ammalati d’influenza, offrendo così, col rapporto tra ammalati e morti, un indice esatto della situazione sanitaria di Torino. Basterà, per questo, che medici curanti siano invitai a denunciare tutti i casi di influenza da essi constatali normalmente, come generalmente si usa per ogni malattia epidemica. È quanto si sta facendo a Milano e in altre città: non c’è ragione che a Topino non debbasi seguire l’esempio, inteso al provvido scopo di ricondurre il pubblico alla valutazione esatta dell’odierno stato della salute pubblica, evitando inadeguate apprensioni.

Voci del pubblico

Riceviamo: “La Commissione municipale di Sanità nel suo decalogo, pubblicato da tutti i giornali cittadini, ha raccomandato, fra l’altro, di evitare gli agglomeramenti di persone: il prefetto, con recentissimo suo decreto, ha sospeso l’esercizio, durante il presente periodo di epidemia, dei cinematografi, dei teatri, ecc., ma ha anche, portato restrizione alle funzioni religiose. Ora, perché il Municipio, tutore naturale e principale della pubblica salute della città, perché permette che sui trams, nelle ore in cui gli operai si recano o ritornano dal lavoro, si pigi una folla enorme di persone che, oltre ad essere di gravissimo pericolo, in questi giorni, alla salute pubblica, è altresì di pericolo alla stessa integrità personale per chi si trova costretto a rimanere letteralmente schiacciato dagli altri passeggeri? Perché non provvede ad aumentare, nelle ore suindicate, il numero, ora troppo ridotto, dei treni tranviari, o quanto meno a faro aggiungere una seconda carrozza ai trams ordinari, il che porterebbe un notevole sfollamento”.

Riceviamo: “Dal momento che. si fanno tante, proibizioni di teatri, cinematografi, caffè-concerto, funerali, ecc., non si potrebbe evitare l’affollamento alle macellerie, latterie e simili esercizi? Ad esempio, per citare un sol caso, sul corso Vittorio Emanuele, quasi angolo via Goito, nelle ore pomeridiane vi saranno centinaia di persone di tutti i ceti in attesa del latte. E questa affluenza non è forse da impedire?”

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