Mi stupisce che tra gli articoli più letti degli ultimi anni di questo blog spicchino in cima alla lista tre pezzi che ho dedicato alla cosiddetta Trumponomics: Le conseguenze economiche di Donald Trump (1 Febbraio 2017); Il conto del trumpismo (10 Febbraio 2017); Donald Trump e il populismo economico (14 Luglio 2019).
Mi preme precisare subito una cosa: la Trumponomics non esiste, così come non esistono la Reaganomics o la Obamanomics.
Mi viene spesso rinfacciato di fare discorsi da bar sull’economia (come su tutto il resto), ma mi domando se esista qualche espertone che sappia cos’è l’onestà intellettuale nel momento in cui, per dirne una, presenta gli Stati Uniti come un Paese dove la cosiddetta “scuola austriaca” sia mai stata presa sul serio da uno solo dei suoi governanti. Per tutto il resto, vale ancora l’immortale principio del purus mathematicus, purus asinus.
In qualsiasi sistema economico, l’unico modo per “diminuire il debito” è fare più debito: intellettuali e giornalisti naturalmente nascondono il trucchetto quando a prendere tali iniziative sono i politici che a loro stanno simpatici (generalmente quelli di orientamento pseudo-sinistroide). Il Segreto di Pulcinella però emerge immediatamente quando c’è un destrorso qualsiasi al comando: ma il taglio fiscale comporta un deficit, dove andremo a finire di questo passo?
Chi comanda poi troverà una scusa per spendere di più: Reagan aveva la Guerra Fredda, Bush e Obama la crisi economica, Trump la globalizzazione. D’altro canto è un bene che Washington non si sia mai sognata di applicare le dottrine “austriache”, pena ridursi come il Cile di Pinochet, unico “miracolo” che i liberisti possono vantare in 200.000 anni di storia della specie. In effetti è piuttosto semplice tagliare la spesa pubblica “tagliando” direttamente le persone: tutto sommato una posizione politica legittima, se non fosse mascherata dal più squallido dei tartufismi (del tipo: molto bello il golpe militare, ma speriamo diventi presto una democrazia rispettosa dei più effeminati diritti civili).
Questo mi pare sia un punto che dovrebbe essere valido sia per i bar che per le aule universitarie, nonché per i bar delle università: tutti parlano di liberismo guardando all’America, ma nessun Presidente americano ha mai tagliato la spesa pubblica. Per ognuno di essi, a partire dalla nascita di John Maynard Keynes, la questione, sostanzialmente, è stata sempre quella di dirottare le risorse in settori percepiti come necessari, siano essi la difesa, la sanità, l’istruzione o l’integrazione.
Facciamo un esempio concreto: agli italiani viene spacciato come mito, al pari di Rambo o delle Harley Davidson, la decisione di Reagan del 1981 di licenziare circa 11.000 addetti di volo in sciopero. Il boomer che come lavoro ha fatto l’assenteista per unghia incarnita si eccita, al pari del sessantottino che in negativo la dipinge come primo atto di una fantasmagorica crociata del capitale contro il lavoro.
La realtà però è più semplice, e caratterizzata da una sacrosanta banalità: quella mossa non fu l’atto fondante della Reaganomics, ma una decisione tutta politica di ristabilire la rule of law in un Paese che dopo i bagordi dei vent’anni precedenti stava velocemente scivolando nell’anarchia. Ancor più significativo fu che il Presidente repubblicano fece rimpiazzare gli scioperanti non con crumiri o gente che voleva solo “rimboccarsi le maniche”, né con immigrati del Terzo Mondo o tossicodipendenti raccattati per strada, ma con… i militari.
Non so se è chiaro il “giochino”: mi auguro di sì, altrimenti non sarebbe possibile intavolare nemmeno un dibattito per assenza di basi logiche. Nella fiaba che ci si racconta, l’unica morale plausibile sarebbe che tutti quei controllori di volo venissero infine assorbiti nel settore militare, anche in assenza di una vera guerra. Con il buon Reagan, il nemico della burocrazia, il numero di impiegati pubblici negli Stati Uniti si è infatti oscenamente impennato, e da quel momento in avanti il Pentagono è diventato il primo datore di lavoro al mondo di assenteisti per alluce valgo. Vogliamo parlare poi del famigerato debito pubblico? I dati sono anche su Wikipedia: grazie a Reagan il federal debt è passato da circa 700 miliardi a oltre DUEMILA MILIARDI DI DOLLARI. Manco Draghi alle prese col covid!
Smettiamola dunque di ingannare i sempliciotti, le partite iva e i liberisti all’amatriciana (in una parola, i lombardoveneti): diciamo le cose come stanno, senza scadere in pose ciniche o finti “realismi”. Nessuna nazione che vuol definirsi tale è in grado di permettersi il liberismo economico.
E voglio chiudere con un esempio che una volta mi fece un compagno Gigachad paradossalmente d’accordo in toto con la mia prospettiva di “statalista dell’unghia incarnita” o “dell’alluce valgo”: per l’American Economic Association, la congrega che per gli economisti americani è un riferimento più valido che non l’Ayatollah per i pasdaran o Bergoglio per i cattolici (nel secondo caso poco ci vuole, ma lasciamo perdere), la cosiddetta “scuola austriaca” è ufficialmente classificata come Current Heterodox Approaches, a fianco dei “marxiani” (sic) e della Feminist Economics (lol). E questi sarebbero gli alfieri del darsi da fare, del lavorare sodo e del rimboccarsi le maniche. Altro che woke…
Due trilioni o duemila miliardi, non due miliardi.
Grazie, scrivendo in maiuscolo mi è saltato il cervello
Marcuse respingeva la definizione di “marxista”. Invece rivendicava quella di “marxiano”. La diofferenza?!? “Marxiano” dovrebbe indicare una sorta di “seguace” del pensiero originale di Marx e non necessariamente anche di quello dei suoi continuatori/discepoli/successori .
In verità negli ultimi vent’anni l’aumento del debito americano, oltre che da eventi particolari come la crisi dei mutui e poi la pandemia, è dipeso sopratutto dalla riduzione della tassazione delle società e dall’aumento del costo del debito. Fino al 2000 la spesa pubblica americana era tendenzialmente in diminuzione.
Se non l’hai ancora letto ti consiglio di Reappraisals di Tony Judt. La presa per il culo che fa del pensiero francomane e marxista dell’uxoricida Althusser è sublime. Al top dello humour britannico.