Elon Musk ha appena avuto una conversation con la leader di AfD Alice Weidel su X: è stato il solito evento all’insegna dell’autismo pesante dove sono state espresse le opinioni più surreali e contraddittorie. Non voglio offrire una ricostruzione della discussione perché tanto avrete già letto tutto sulla stampa mainstream (che peraltro rischia sempre di farci apparire affascinanti figure che non dovrebbero esserlo).
— Elon Musk (@elonmusk) January 9, 2025
Le note di colore potrebbe essere molte: la Weidel, per esempio, si fa chiamare senza problemi da Musk Elis Videl e accetta che anche la sigla del suo partito venga “americanizzata” (Ehi-Ef-Di). Inoltre per essere una lesbica cosmopolita ha un inglese piuttosto crauto (ze uz wiz), però al contempo ha quella bella risata tedesca “a trombetta” che è forse l’unica caratteristica accettabile del personaggio.
Per quanto riguarda le note politiche, invece, quelle scarseggiano: abbiamo dovuto sentirci dire che H1tler era contrario al free speech e che era un “comunista-socialista” perché ha “nazionalizzato l’industria”, mentre la “estrema destra” dell’AfD (EhiEfDi, scusate) è “libertaria e conservatrice” ed è esclusivamente interessata a “liberare le persone dallo Stato”.
Per il resto, si è parlato dei problemi di Elon Musk con la burocrazia teutonica, dell’immigrazione da una prospettiva più americana che tedesca e della questione del “furto legale” in California (un problema reale alla faccia dei fact-checkers, che però non riguarda almeno per il momento Berlino). Alla fine Musk ha cercato di non monopolizzare il confronto chiedendo ad Alice cosa ne pensasse di Israele, e la signora se ne uscita fuori con un imbarazzante “Troppo complicato, tu hai una soluzione?” rispendendo la domanda al mittente…
Al che Musk le ha semplicemente chiesto di “riconoscere l’esistenza di Israele” giusto per sfondare una porta aperta. Qui va fatta una precisazione: nonostante gli sdilinquimenti della Weidel per lo Stato ebraico (con altre affermazioni fantasmagoriche del tipo “AfD è l’unico difensore degli ebrei in Germania dai crimini islamici”), la posizione su Gaza è stata più equilibrata e lo stesso Musk è riuscito a non perdersi nel tipico delirio sionista.
Da questo punto in avanti la Weidel è diventata l’intervistatrice di Musk, e dopo aver toppato la domanda sull’Ucraina rivolgendosi al magnate come se fosse Trump (“la vostra amministrazione”…), consentendogli di glissare senza problemi, in ultimo è riuscita a coinvolgerlo con un lungo siparietto su Marte, letteralmente “Quando si va sul pianeta rosso?”.
Paradossalmente questa è stata la parte più interessante dell’intervista di Musk alla Weidel, cioè quando quest’ultima è rimasta ad ascoltare adorante il suo intervistatore mentre parlava di estinzione di massa, di colonie multiplanetarie ed extragalattiche e di spedizioni marziane ogni due anni minimo. Infine, la Weidel gli ha anche chiesto se crede in Dio: “Sono aperto all’idea”. Ok.
Le considerazioni politiche che si possono esprimere sull’intervista, come si diceva, sembrano poche: da una parte è probabile che l’AfD sia sempre stata questa roba sin dall’inizio e che solo l’idiozia della stampa abbia potuto farla passare come “estrema destra”, dall’altra non si comprende quanto tale “moderatismo” possa favorire alle urne un partito che proprio in campagna elettorale sta abbassando i toni fino all’estremo. Praticamente la Weidel si è presentata come una versione professorale di Milei senza riuscire a esprimere alcuna idea “estremista”.
Da tale prospettiva, è forse la “cornice” dell’intervista ad avere implicazioni più interessanti: è come se Musk, quasi in modo provocatorio, volesse assumere un ruolo di “Soros conservatore”. Ormai il meccanismo è talmente sfacciato da far balzare sulla sedia solo gli scribacchini, che peraltro parlano di “Internazionale Nera” senza capire che forse si dovrebbe discutere di “Internazionale Bianca” (dove l’aggettivo non riguarda il colore della pelle, nonostante i professionisti dell’informazioni siano talmente instupiditi che dubito possano capire).
Esiste infatti una singolare convergenza tra finanza e politica per cui il proprietario di Tesla, e SpaceX e Starlink, pur presentando ormai in modo sempre più esplicito i propri interessi commerciali al candidato di turno li inserisce in una visione del mondo che tende a incontrare quella di un “estremismo” sempre meno convinto delle proprie istanze ma costretto ad andare al potere prima di sparire.
È evidente che, in tale contesa, sia Musk ad avere il coltello dalla parte del manico, e non per una mera questione pecuniaria: più che altro, egli è davvero convinto dei suoi obiettivi. Chi a “destra”, del resto, si azzarderebbe mai a dirgli, tanto per fare un esempio, che la società ordinata ed efficiente che egli sogna dovrebbe forse contemplare un qualche criterio minimamente “etnocentrico” di regolazione?
Il buon Elon ha dalla sua l’appello al common sense che, pur essendo un’ovvia costruzione ideologica, perlomeno gode dell’alibi di rappresentare una risposta alle allucinazioni mainstream (che in questi frangenti, per esempio, si esprimono sulle copertine dei rotocalchi tedeschi dove l’imprenditore è immortalato con sguardo bieco accanto a Putin). Non è chiaro quanto ci sia di “sensato” nell’affidarsi a un “contenitore” come l’AfD ma probabilmente talune scelte dipendono più dal contesto attuale che non da dettagliati piani di strategia politica.
Nessuno vieta ai complottisti socialisti e communisti di andare a vivere in Cina, Cuba, Laos, Vietnam.
Buona utopia socialista.