Eros e magia nella Catalogna indipendentista

Negli ultimi mesi in Spagna si è discusso, tra le altre cose, dei risvolti “esoterici” dell’indipendentismo catalano: l’attenzione si è concentrata in particolare sulla moglie di Puigdemont, la giornalista e filologa di origine romena Marcela Topor, che per la sua passione per l’occulto si è vista affibbiare epiteti quali la bruja o la pitonisa (“la strega”, “la chiromante”).

La Razón”, per esempio, descrive la first lady catalana come una especie de maga, talmente coinvolta dal folklore romeno da aver voluto che il marito, prestando giuramento alla Generalitat, portasse con sé un amuleto portafortuna (della celebre ceramica di Horezu) raffigurante un gallo.

Le testate di orientamento nazionalista interpretano tale gesto come un vero e proprio rituale di magia nera: «Una evocazione di spiriti per illuminare il marito nel suo nuovo cammino», scrive “Alerta Digital”, che definisce Puigdemont mason y sionista e afferma che in gioventù il leader catalano «amava vestirsi da nigromante e leggere libri di magia nera».

Entrambi i coniugi condividono in effetti la passione per «i riti antichi e la mitologia della Transilvania», tanto da recarsi frequentemente in villeggiatura presso quei luoghi: due anni fa ci andarono persino con l’ex patron del Barça Joan Laporta, intimo amico della coppia.

Al di là tuttavia delle speculazioni, le voci sull’appartenenza di molti rappresentanti del catalanismo alla massoneria sono state corroborate dalla partecipazione di Puigdemont, nel marzo scorso, a una cena privata organizzata dalla Gran Logia Española, durante la quale, al cospetto di trentuno delegazioni latomistiche internazionali, il Presidente catalano ha attestato la sua fedeltà ai principi massonici del libero pensiero e della tolleranza: per parte sua, il Gran Maestro della Loggia Óscar de Alfonso ha espresso «immensa gratitudine e affetto verso la Catalogna, una terra che ci ha sempre accolto e con la quale saremo sempre in debito» (cfr. “La Vanguardia” e “Europa Press”).

In verità, pochi mesi dopo lo stesso De Alfonso (che aveva già ricevuto diverse critiche dai fratelli massoni per la sua iniziativa) è dovuto ritornare sulle sue “aperture” quando la giunta catalana, col pretesto della commemorazione per il trecentesimo anniversario della massoneria, ha tentato di trasformarlo in uno “sponsor” dell’indipendenza. Il Gran Maestro, indignato per la strumentalizzazione del buon nome della Gran Logia, ha così commentato: «Non siamo mai intervenuti nelle questioni politiche e tutto ciò potrebbe essere manipolato o male interpretato».

Evidentemente anche  i “fratelli” di Bruxelles, poco intenzionati a prestare soccorso all’esecutivo in esilio, condividono la stessa volontà di non farsi “tirare in mezzo”: visto che ne stiamo parlando, pare che Puigdemont si sia recato in Belgio non soltanto per cercare aiuto nella capitale dell’Unione, ma anche (forse soprattutto) per ottenere il sostegno dei separatisti fiamminghi, che non hanno alcuna simpatia per le logge (anzi tendono verso il cattolicesimo tradizionalista).

È difficile quindi leggere gli eventi in maniera univoca, poiché il catalanismo, al pari di tutti gli altri indipendentismi, è diviso tra varie anime: per esempio, Oriol Junqueras, pur appartenendo alla sinistra repubblicana, si proclama cattolico e si pregia anche di aver conosciuto Ratzinger quando era ancora cardinale.

Inoltre, gli “schieramenti” al giorno d’oggi sono molto più sfumati che non in passato e le varie retoriche politiche si stanno talmente omologando da rendere quasi impossibile afferrare i sottintesi (ammesso che esistano) di un discorso ispirato alla “fratellanza”, al “dialogo” e al “rispetto”: politici, preti e massoni ormai parlano un’unica, incomprensibile, “lingua di legno” (che sia magica o meno, resta comunque irritante).

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