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L’esercito tedesco è diventato una barzelletta

Germany’s military has become a complete joke
(Ross Clark, “The Spectator”, 31 agosto 2019)

Non è difficile pensare a un momento in cui la debolezza militare tedesca sarebbe stata accolta come una buona notizia da tutto il resto d’Europa: non però quando il Ministro tedesco accusato di aver messo in ginocchio le proprie forze armate è stato appena nominato Presidente della Commissione Europea.

L’ultimo imbarazzo per la Bundeswehr – il fermo operativo di tutti i suoi 53 elicotteri Tiger a causa di guasti tecnici – è solo l’atto finale di una lunga serie di umiliazioni scaturite dalle “magie” di Ursula von der Leyen come Ministro della difesa. Un Paese un tempo temuto per la sua spietata efficienza militare è diventato la barzelletta dell’Europa. Per citare il suo collega democratico cristiano Rupert Scholz, Ministro della difesa sotto Kohl: “Le condizioni del Bundeswehr sono catastrofiche, tutta la nostra capacità di difesa è in sofferenza”.

Non è giusto addossare ogni problema dell’esercito tedesco alla von der Leyen, che è stata Ministro della difesa solo dal 2013. Per ragioni intuibili, lo sviluppo dell’esercito tedesco è stato contenuto tra il 1945 e il 1990, quando la difesa era effettivamente appaltata a potenze straniere. A tutt’oggi la Germania deve sottostare ad alcuni vincoli militari: ai sensi del famigerato Trattato sullo stato finale della Germania, che ha restituito la sovranità al Paese nel 1991, le forze armate tedesche sono limitate a 370.000 unità, delle quali non più di 345.000 possono essere impiegate nell’esercito e nell’aeronautica. Inoltre non può possedere armi nucleari. Dopo la Guerra fredda, i governi tedeschi di tutti i colori non hanno mai considerato la difesa una priorità, rifiutando di riconoscere che la Russia potesse mai risorgere come una minaccia.

Tuttavia, ciò non giustifica alcune inadeguatezze dell’esercito che sono emerse sotto la guida della von der Leyen. Sotto il suo controllo, infatti, le esercitazioni militari si sono ridotte a una pagliacciata: nel 2014, un battaglione durante una esercitazione della NATO in Norvegia è stato costretto a usare manici di scopa dipinti al posto dei mitra perché non ne aveva di veri. Quasi la metà dei soldati coinvolti nell’esercitazione non ha potuto ricevere armi.

Quest’anno le cose non sono andate meglio quando la Germania ha preso il controllo della Very High Readiness Joint Task Force della NATO, incaricata di combattere la minaccia russa. A fronte dei 44 carri armati Leopard 2 e dei 14 veicoli di fanteria corazzati Marder promessi per l’operazione, i tedeschi sono riusciti a radunare solo 9 carri armati e 3 blindati. Da un documento riservato trapelato è emerso che gli aerei Eurofighter e Tornado della Luftwaffe, insieme agli elicotteri da trasporto, sono disponibili per l’uso in media quattro mesi all’anno, mentre il resto del tempo necessitano di essere sottoposti a manutenzione continua.

Per quanto riguarda le fregate F-125 Baden-Württemberg che avrebbero dovuto entrare in servizio due anni fa, la Marina si è rifiutata di commissionarle dopo che hanno fallito le prove in mare a causa di problemi coi radar, col rivestimento ignifugo dei serbatoi e col sistema informatico centrale. Le fregate non era neppure dotate di tubi lanciasiluri o sonar, essenziali per affrontare la minaccia dei sottomarini.

Il report dell’anno scorso del Commissario parlamentare delle forze armate ha confermato l’incapacità dell’esercito tedesco di mantenere in funzione le proprie attrezzature, aggiungendo che dall’ottobre 2017 per un lungo periodo nessuno dei sei sottomarini in uso era disponibile a sostituire un sottomarino di tipo 212A col timone danneggiato. Il Commissario, il dott. Hans-Peter Bartels, ha definito la Bundeswehr un “mostro burocratico”, citando l’esempio del comandante di una squadriglia da ricognizione con 1500 membri di personale (militari e non) e una pattuglia da 3 miliardi di euro sotto i suoi comandi, al quale è stato impartito l’obbligo di non spendere più di 250 euro all’anno senza l’approvazione dall’alto.

Non che la centralizzazione dei finanziamenti abbia contribuito a migliorare la sicurezza: uno degli scandali dell’era von der Leyen è quello della Gorch Fock, storica nave scuola della Marina tedesca in revisione dal 2016 e non ancora operativa, a fronte di una lievitazione dei costi di riparazione dai 10 ai 135 (sic) milioni di euro.

Quello che si è limitata a fare la von der Leyen è aumentare il bilancio militare, passato da 38,5 a 43,5 miliardi di euro in un anno, con un aumento di altri 20 miliardi di euro previsto entro il 2024. Nonostante tali sforzi, la Germania non riuscirà comunque a rispettare l’obbligo NATO di investire il 2% del PIL all’anno nella difesa, poiché le sue spese passeranno solo dall’1,2 al 1,5%. È vero che pochi membri europei della NATO rispettano tale obbligo, ma forse dovrebbe essere la più grande economia del continente a dare il buon esempio. Dalla fine della Guerra fredda, la Germania ha avuto buon gioco a defilarsi, o a rivestire solo un ruolo simbolico, in operazioni militari congiunte in tutto il mondo: il suo passato è stato sempre utilizzato come una comoda scappatoia, come se stesse dicendo al mondo “mica vorrete che la Germania si metta a mostrare i muscoli?”.

Spendere soldi è una cosa, spenderli bene un’altra. Le forze armate tedesche non sono riuscite a trasformarsi in una forza professionale più piccola ed efficiente rispetto a quella classica “di leva”. La coscrizione obbligatoria fu sospesa nel 2011, due anni prima dell’arrivo di von der Leyen come Ministro della difesa. Ma da allora troppe volte il governo ha ventilato l’ipotesi di ripristinarla, più per motivi “sociali” che militari. Le forze armate tedesche contano 173.000 unità, ma non tutte detengono una formazione adeguata. Nel 2017, 19 dei 129 piloti di elicottero hanno perso la licenza perché non in grado di rispettare il numero minimo di ore di volo richieste.

Nel 2014, la von der Leyen ha dichiarato allo Spiegel che un’unica forza di difesa congiunta dell’UE “sarebbe la logica conseguenza di una cooperazione militare sempre più stretta in Europa”, un’idea che ha fatto rabbrividire persino i più convinti europeisti. Da quando è stato proposta come presidente della Commissione, la von der Leyen è ritornata sui suoi passi, forse consapevole del fatto che i suoi precedenti di gestione dell’esercito tedesco non possono ispirare molta fiducia.

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