Eugenio Montale
“L’intellettuale”
(da La poesia non esiste,
All’insegna del pesce d’oro,
1971)
L’intellettuale condisce la insalata con olio di limone.
L’intellettuale pensa che Verdi sia riuscito molto tardi a imparare il suo mestiere è che da vecchio abbia dato quel gran capolavoro che il Falstaff.
L’intellettuale preferisce la musica pura, soprattutto quella di Bach (di cui pronuncia il nome con forte frizione palatale).
L’intellettuale abbandona il P. C. ma non ammette che quelli che non ci sono mai entrati avessero ragione.
L’intellettuale può anche scoprire Verdi, ma allora i guai sono anche peggiori.
L’intellettuale pensa che la poesia moderna manchi di umanità, ma ha un debole per la pittura astratta.
L’intellettuale decide da ultimo che la poesia moderna è piena di umanità; ed ecco che il disastro è irreparabile.
L’intellettuale scambia il prologo dei Pagliacci con l’Inno alla Gioia ma lamenta che la lingua italiana sia poco musicale.
L’intellettuale decide di uscire dalla torre d’avorio. Per fortuna nessuno se ne accorge.
L’intellettuale è convinto che l’arte sia fatta per essere compresa da lui. Peggio quando pensa che sia fatta per il popolo.
L’intellettuale sogna stipendi in dollari e dice che “l’Europa deve unirsi o perire”.
L’intellettuale non ottiene lo stipendio in dollari e dice che “il tramonto dell’Occidente è prossimo”.
L’intellettuale ama i balletti, la musica dodecafonica e gli aperitivi con vitamine del gruppo B1.
“Ma il cocktail molto dry, mi raccomando”.
L’intellettuale indosso un caftano bianco con bottoni in forma di bastoncini e dice che Parigi è in decadenza.
Può darsi, ma la vera decadenza si avrebbe se Parigi pensasse a lui.
Disgraziatamente questo talvolta accade.
“Però St.Germain-des-Prés. Mantiene un certo carattere… “.
L’intellettuale dice che è ora di uscire dall’intellettualismo.
L’intellettuale dice che la Svizzera è un paese noioso.
L’intellettuale dice che in Inghilterra, dopotutto, non si mangia tanto male.
Niente caffelatte: rompe il digiuno come un tè cinese e un grape fruit (vulgo pompelmo).
L’intellettuale cerca il suo “secondo mestiere”. Ma il primo?
L’intellettuale difende la libertà partendo per Praga e per Varsavia; interrogato dice che “gliel’hanno fatto fare”.
L’intellettuale non vince il premio letterario e dichiara che tutti premi sono una camorra.
L’intellettuale vince il premio letterario e ammette che le camorre hanno del buono. (Anche i poeti del Dolce Stil Nuovo facevano parte di una gang).
L’intellettuale scrive poesie che nessuno legge e conclude che il nostro tempo non è fatto per la poesia.
“È un peccato che il M.S.I. non abbia un Uomo”.
L’intellettuale non vende i sui libri e chiede l’intervento dello stato.
L’intellettuale vuole una poesia per il popolo, una musica ” seriale ” (cioè a serie – o in serie?) e una pittura astratta, cioè concreta.
L’intellettuale dice che i critici che non si occupano di lui sono artisti falliti. L’intellettuale si converte al neo-realismo perché la borghesia è esaurita.
“Ma dopo bisognerà rifare l’uomo”.
L’intellettuale è stato o sarà tradotto in altre lingue. Il suo editore è riuscito a “collocargli” un libro.
L’intellettuale non ammette l’ingerenza dello stato nelle arti ma lamenta che il teatro e il cinema abbiano pochi sussidi.
L’intellettuale pensa che sarebbe bene rifare l’Accademia, purché ci entrasse lui è soprattutto non vi entrassero A., B., C…
L’intellettuale è contrario alla pianificazione delle arti ma opina che ad A., a B. e a C. si dovrebbe impedire di scrivere.
L’intellettuale detesta la terza forza perché il nostro è un tempo di masse.
L’intellettuale detesta le masse e pensa che l’hortus conclusus ha del buono.
L’intellettuale dice che se Shakespeare vivesse farebbe del cinema.
Intanto vorrebbe farne lui.
L’intellettuale giunge all’appuntamento con un pacco di giornali in mano; si scusa del ritardo si congeda dicendo che “deve andare in un posto”.
Dove andrà? È aperto un “concorso pronostici” per saperlo.