Ieri era il mio compleanno (24 febbraio, stesso giorno di Bettino: ecco il perché del craxiposting), e Facebook mi ha fatto il bel regalo di oscurarmi la pagina. Il pretesto è stato un post, assolutamente satirico, in cui accompagnavo una foto di Alessandra Mussolini nelle vesti del nonno buonanima con questi versi: “Alza lo stereo | c’è Benito Mussolini | che non passa mai di moda | come i pompini”.
Per recuperare la mia pagina dovrei rivolgermi a un fantomatico Comitato per il Controllo (Orwell scansate) su un sito esterno a Facebook:
“Se non sei d’accordo con la decisione di Facebook, puoi inviare un ricorso al Comitato per il controllo usando questo ID di riferimento. Il Comitato sceglie alcune decisioni di Facebook da controllare nuovamente, focalizzandosi su quelle più impegnative e pertinenti a livello globale”.
Ok, tanti saluti all’ennesima pagina. Come al solito, ho perso tutti i contatti, ma chi non riesce neppure a far lo sforzo di mandarmi una email (bravomisterthot@gmail.com) ha probabilmente raggiunto un tale livello di accasciamento che non vale più la pena discuterci.
La cosa più triste è che non c’è modo di “piantarsi nel mondo”, come diceva Cesare Pavese, nemmeno attraverso l’effimero successo da social. La fascia di popolazione che più avrebbe bisogno di una valvola di sfogo, cioè quella dei maschi soli, è al contempo una delle più perseguitate sul web: come se l’accasciarsi dietro uno schermo fosse la forma più pericolosa di “proselitismo” del XXI secolo (in effetti sì, lol).
Nessuno peraltro vorrebbe essere un maschio solo: tutt’al più si accontenterebbe di memare come lui, ma se sapesse che il prezzo da pagare è l’autismo, sicuramente desisterebbe. Eppure questa coalizione alla soia offre a reietti e incel la possibilità di passare per perseguitati (dunque in minima parte statusmaxxare): qual è il motivo? È davvero così insopportabile per i padroni della voce che ogni tanto si dica nei loro dominii “E però anche le donne eh…”?
La censura, su Facebook, pare inevitabile: per Twitter, invece, il discorso, almeno per il momento, pare diverso (ma non vorrei parlare troppo presto). Nel senso che Jack Dorsey, dopo aver sospeso l’account di un presidente ancora in carica, sembra da una parte aver placato la sua sete di sangue e dall’altra aver messo in atto il tipico meccanismo sacrificale dell’immolazione ciclica di un re-sacerdote per risolvere i conflitti all’interno di una comunità. Il rogo dell’effige di Trump sta dunque garantendo una brevissima tregua a chi non si è ancora dichiarato al 100% super-ghei.
La grande purga però è dietro l’angolo, se pensiamo solo che Twitter ha i “termini di servizio” più isterici di tutti: come una d-parola qualsiasi, può lasciarti “per qualsivoglia motivo, o senza alcun motivo”. E tu ci devi stare perché le donne hanno sempre ragione.