In Italia dal 7 ottobre 2023 si sono moltiplicati i già numerosissimi “allarmi antisemitismo”, ai quali tuttavia la stessa comunità ebraica ha dovuto porre un minimo di sordina per non irritare l’ennesimo Golem da essa creato, quello degli immigrati di fede islamica. Sì, questa affermazione potrebbe risultare di per sé antisemita ma è un dato di fatto che la maggior parte degli “episodi” che si sono verificati in Italia e in Europa sono da attribuire ai musulmani di prima e seconda generazione.
Proprio per questo, metto subito le mani avanti precisando che la famigerata Anti-Defamation League dal 2014 sta conducendo dei sondaggi nazione per nazione (trascurando senza tema di contraddizione quelle arabe o “asiatiche” sempre per non rovinare l’immagine “accogliona” delle comunità ebraiche occidentali) e la nostra bella Italia ha avuto il privilegio di esser stata baciata dalla benevolenza ebraica nel 2014, nel 2015 e nel 2019, e di aver ottenuto risultati eccellenti nel giudeometro, raggiungendo con l’ultimo check-up un -11% di antisemitismo.
La classifica si basa sulle risposte a una serie di domande su alcuni stereotipi antisemiti. Agli intervistati è stato chiesto (per via telefonica) se una serie di affermazioni a loro parere fossero definibili “probabilmente vere” o “probabilmente false”. Tra queste: gli ebrei sono più fedeli a Israele che al Paese dove vivono; gli ebrei detengono un’influenza eccessiva nell’ambito della finanza internazionale; le persone odiano gli ebrei a causa del modo in cui si comportano; gli ebrei detengono un’influenza eccessiva sul governo degli Stati Uniti; gli ebrei detengono un’influenza eccessiva sui media globali; gli ebrei parlano troppo dell’Olocausto. Coloro che hanno risposto “probabilmente vero” alla maggioranza delle domande sono stati considerati antisemiti.
Bontà loro, i sondaggisti hanno esplicitato l’appartenenza religiosa degli intervistati, una “profilazione” che obiettivamente solo degli ebrei sionisti avrebbero potuto permettersi (in alcuni Paesi europei è addirittura reato). Il risultato è quello che chiunque si sarebbe potuto accettare:
Naturalmente, l’ADL ha tenuto altresì a precisare che l’antisemitismo tra gli immigrati musulmani in Unione Europea, tre volte più diffuso rispetto agli “autoctoni”, è comunque inferiore a quello dei musulmani in Medio Oriente e Nord Africa, ipotizzando un’influenza positiva della “educazione sull’Olocausto” e della vicinanza diretta agli ebrei europei (su questo punto avrei qualche dubbio…).
Per quanto riguarda invece le nazioni che hanno vinto il “campionato” dell’antisemitismo, bisogna precisare che da parte dei polacchi il sentimento di avversione è antico ma allo stato attuale su di esso influiscono le controversie sulla restituzione delle -presunte- proprietà sottratte agli ebrei durante la Seconda guerra mondiale (un patrimonio da 300 miliardi di dollari), nonché l’attenzione che i governi di entrambi gli schieramenti adottano nel respingere qualsiasi accusa di “collaborazionismo” con i nazisti (con diversi scontri proprio con i vertici israeliani, per esempio nei riguardi della “Legge sulla Memoria” che rende reato accusare Varsavia di complicità nei crimini di guerra tedeschi).
D’altro canto, la questione in Sudafrica è praticamente solo politica, visto che verte sulle relazioni diplomatiche tra Tel Aviv e a nazione africana sono da tempo ridotte al lumicino per l’attivismo di quest’ultima nel boicottaggio internazionale: una posizione che accomuna chi, da “destra”, sostiene che “gli ebrei vogliono indebolire la nostra cultura nazionale favorendo l’immigrazione” (41% degli intervistati) e chi, da “sinistra”, crede che gli ebrei siano responsabili della maggior parte delle guerre mondiali (39%).
Per quanto concerne gli altri Paesi, ricordo en passant che l’Ucraina gode, come è risaputo, di diversi “lasciapassare” ideologici per le note vicende belliche, come del resto gli ungheresi, verso i quali si presta un occhio di riguardo (diversamente dai polacchi), per il loro status di alleati di ferro dello Stato ebraico a livello europeo.
Un altro dato degno di attenzione è l’appartenenza ideologica (s’intende quella dichiarata) degli intervistati: nel report che comparte sul portale dell’ADL (non lo linko perché non voglio entrare in qualche loro lista nera – potete cercarvelo benissimo da soli, se proprio vi interessa), si evidenzia una generica tendenza verso l’antisemitismo da parte dei destrorsi (categoria nella quale saranno stati inclusi anche gli immigrati musulmani che mostrano opinioni conservatrici, per dire, sui diritti delle donne?), mentre si registra un’eccezione per Belgio e Paesi Bassi, dove gli intervistati de sinistra sembrano più portati a credere agli stereotipi antisemiti rispetto a quelli di destra.
Insomma, l’antisemitismo come è al solito è “tutto e niente”, e anche se siamo giunti al punto della storia in cui è diventato abbastanza pacifico (si fa per dire) affermare che Israele strumentalizza la questione dell’olocausto per perpetrare crimini di guerra, gli “stereotipi” sul “controllo ebraico dei mercati internazionali” e sulla “influenza eccessiva degli ebrei nell’ambito della finanza internazionale” (giusto per nominarne alcuni) generano ancora un dibattito piuttosto imbarazzante a fronte della chiara appartenenza etnico-religiosa (solo per limitarci a un esempio tra mille) della stragrande maggioranza dei fondi speculativi globali. Certo, sarà per la loro incredibile bravura nel fare affari, ma riconoscere anche tale eccellenza non è di per sé un’altra manifestazione di antisemitismo?
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