Lo scorso 8 marzo Emmanuel Macron, doppiando il puritanesimo anglosassone che i francesi si vantano di aborrire, durante l’incontro con le rappresentanti di un’associazione femminista per la festa della donna si era detto favorevole a inserire il concetto di “consenso” nella legislazione francese e riformare così la definizione penale di stupro.
Paradossalmente, Parigi un mese prima si era opposta a una proposta pressoché identica contenuta in una direttiva dell’Unione Europea, difendendo la definizione classica di “stupro”, che non fa menzione del “consenso”: per molti opinionisti questo concetto, di matrice per l’appunto anglosassone (Affirmative Consent) sarebbe del resto la pietra tombale sul modo in cui i francesi intendono la sessualità.
Non sembra casuale che proprio ora nel Paese si verifichi l’arresto eclatante di due registi, Jacques Doillon e Benoît Jacquot, accusati dall’attrice 52enne Judith Godrèche di uno “stupro” avvenuto nel 1986. Le virgolette sono d’obbligo perché lo “stupro” della Godrèche, all’epoca 14enne, da parte di Jacquot durò la bellezza di 6 anni (dal 1986 e dal 1992): si trattò a dirla tutta di una relazione tra un’attrice minorenne e un regista 39enne che a quanto pare includeva anche il consenso dei genitori di lei, che avevano pure accettato che i due convivessero in un appartamento a Parigi.
Diverso il caso di Doillon, perché la Godrèche lo accusa di aver abusato di lei durante le riprese di La Fille de 15 ans, film del 1987 in cui interpreta la protagonista. Gli avvocati di Jacquot e Doillon hanno sostenuto che non fosse necessario arrestarli durante l’interrogatorio e hanno sottolineato che dovrebbero essere considerati innocenti fino a prova contraria. L’avvocato di Doillon ha affermato che nessun criterio legale potrebbe giustificare la detenzione per accuse giunte con 36 anni di ritardo.
Non sembra neppure casuale che l’attrice parigina Judith Godrèche, figlia di due psicanalisti (il padre Alain Godrèche è nato da una famiglia ebraica di origini polacche), dopo un lungo apprendistato “americano”, non solo dal punto di vista professionale (tra le altre cose, si è convertita all’ebraismo), abbia deciso di “importare” il #MeToo in un contesto, quale quello francese, dove è realmente un’idea stravagante e inconcepibile, specie nel mondo dello spettacolo.
Ad ogni modo, non so se in Francia emergeranno altri casi del genere anche in ambiti meno “attenzionati” dai mass media: di certo inserire nella legislazione la nozione di “consenso” e darle valenza retroattiva potrebbe suscitare una valanga di processi, oltre che imporre una registrazione di tale “consenso” tramite trovate ben poco erotiche (un modulo? un messaggio via social? una app?).