Germany, Jewish funds help keep Mediterranean migrant rescue missions afloat
(Y. Schwartz, “Times of Israel”, 21 settembre 2019)
BERLINO – Al momento c’è un’unica nave di salvataggio che opera nel Mediterraneo centrale per aiutare le migliaia di rifugiati e migranti che tentano di attraversare il Nord Africa verso l’Europa. Questa nave, soprannominata Ocean Viking, è salpata all’inizio del mese scorso da Marsiglia ed è gestita dall’organizzazione umanitaria senza scopo di lucro SOS Mediterranée.
La notizia è che il Zentralwohlfahrtsstelle der Juden in Deutschland [Comitato per la tutela degli ebrei in Germania] ha aderito con altri gruppi a una iniziativa a sostegno dei suoi sforzi.
L’Ocean Viking il mese scorso è finita su tutte le prime pagine quando, a meno di due settimane dal suo “varo”, aveva già raccolto 356 migranti, principalmente dal Sudan, da imbarcazioni al largo della costa libica. Per eccesso di capacità, la nave è stata quindi costretta a rimanere inattiva in acque internazionali per quasi due settimane, finché i paesi europei riluttanti hanno stipulato un accordo per redistribuire i richiedenti asilo.
“Era agosto e la nave era estremamente affollata, bloccata in mezzo al mare col sole che tramontava e caldo insopportabile”, ha dichiarato David Starke, direttore generale di SOS Mediterranée in Germania. “Le condizioni a bordo erano molto pesanti, ma per più di dieci giorni la nave è rimasta bloccata tra l’Italia e Malta mentre aspettavamo che qualcuno le garantisse un porto sicuro. La nave non era equipaggiata per portare così tante passeggeri, ma abbiamo continuato a rispondere alle chiamate di soccorso perché non potevamo rifiutare di aiutare le persone in pericolo”. Alla fine, quando sei paesi europei (Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Portogallo e Romania) hanno accettato di ospitare i migranti a bordo, la marina maltese li ha fatti sbarcare.
Negli ultimi anni, è diventato quasi normale che i migranti affoghino nel tentativo di compiere il pericoloso viaggio dalla Libia a Malta o in Sicilia in barchette non adatte a resistere in alto mare. I migranti sono spesso in balia dei trafficanti pagati per trasportarli attraverso il Mediterraneo: pare che a queste persone importi poco della sicurezza dei propri “passeggeri”.
Dalla fine della missione di salvataggio italiana nell’ottobre 2014, non sono state intraprese altre operazioni militari da parte di uno stato dell’Unione Europea. La Libia, ancora impantanata nella guerra civile, è diventata una destinazione e un paese di transito per i rifugiati dall’Africa sub-sahariana e dall’Asia. L’attuale stato di illegalità rende queste decine di migliaia di rifugiati vittime della tratta di esseri umani, del lavoro forzato e di altre forme di sfruttamento. Insieme ai migranti che cercano migliori prospettive economiche, molti rifugiati fanno uso dei fragili barchini per tentare il pericoloso viaggio verso l’Europa.
“Noi come organizzazione ebraica ci sentiamo obbligati a non restare inerti di fronte a una crisi umanitaria in atto, soprattutto quando è così vicina all’Europa”, ha dichiarato al Times of Israel il direttore esecutivo del Comitato Aron Schuster. “Tutto ciò che facciamo come organizzazione sociale e assistenziale è ispirato naturalmente dall’umanitarismo, ma anche dai valori ebraici, perché come è scritto nel Talmud: Chi salva una vita, salva il mondo intero“.
La partecipazione del Comitato per la tutela degli ebrei in Germania avviene attraverso l’Aktion Deutschland Hilft (ADH), un gruppo composto da 23 organizzazioni, il quale invia un “invito all’azione” per varie cause che ritiene possano essere condivise dai membri. Le organizzazioni che ne fanno parte possono quindi scegliere se rispondere all’invito sotto forma di aiuti finanziari.
Nel caso dell’Ocean Viking, solo quattro/cinque gruppi hanno risposto all’invito dell’ADH. Il Comitato ebraico era tra questi. Aron Schuster ha chiarito subito che la sua associazione non ha scopi politici. Tuttavia, con la Brexit che incombe, la violenza antisemita perpetrata dagli immigrati e i partiti anti-immigrazione di estrema destra che prendono sempre più voti (Alternative für Deutschland è attualmente il principale gruppo di opposizione in parlamento), questa inziiativa non è naturalmente percepita come neutrale. “Se è una questione di aiuti umanitari siamo chiamati di intervenire e contribuire per quanto ci consentano le nostre risorse”, ha risposto Schuster alle eventuali critiche.
Secondo l’UNHCR, oltre 5 milioni di rifugiati hanno raggiunto le coste europee alla fine del 2016. Per l’Eurostat il numero di richiedenti asilo nel solo 2018 ha superato il mezzo milione.
Schuster sostiene che, poiché il Comitato per la tutela degli ebrei è un’organizzazione senza scopo di lucro, non può devolvere ingenti somme di denaro in missioni isolate come quella dell’Ocean Viking e dunque il finanziamento deve essere necessariamente limitato. Questo è il terzo anno che il Comitato sostiene SOS Mediterranée, avendo risposto due volte alla “chiamata” dell’ADH.
Come rivela lo stesso David Starke, l’ADH quest’anno ha donato 150.000 euro a SOS Mediterranée, alla quale l’Ocean Viking costa oltre 12.000 euro al giorno. È importante, in una missione come questa fare appello a un pubblico il più vasto possibile: “Il denaro è importante per realizzare questa costosa missione, ma il supporto morale è altrettanto importante per noi”, ha aggiunto Starke. “Stiamo affrontando molte sfide e conflitti all’interno di vari strati della società che credono che le nostre operazioni siano legate all’immigrazione, anche se dietro le polemiche c’è spesso il razzismo. Ecco perché è molto importante per noi avere una vasta platea di sostenitori, incluso il Comitato Ebraico, per dire al mondo che supportano la nostra missione e che alle persone non è permesso di morire”.
Il Comitato per la tutela degli ebrei in Germania, ha dichiarato Laura Cazes (consulente per lo sviluppo organizzativo dell’organizzazione), potrebbe non avere tutti i finanziamenti necessari che vorrebbe devolvere all’Ocean Viking, ma il sostegno economico è solo uno dei modi in cui il suo gruppo aiuta migranti e rifugiati.
“La questione della migrazione è sempre stata una delle missioni principali del Comitato, perché la comunità ebraica, anche prima dell’Olocausto, si è sempre sentita coinvolta dal problema: ricordiamo gli ebrei dall’Est che cercano una vita migliore in Occidente e finiscono in Germania “. Negli ultimi trent’anni il Comitato si è preso cura degli ebrei provenienti dall’ex Unione Sovietica, aiutandoli a trovare non solo un posto nella comunità ebraica, ma soprattutto nella società tedesca, assistendoli con la burocrazia, fornendo corsi di lingua e consentendogli di sviluppare infrastrutture.
L’esperienza accumulata negli ultimi decenni “finora ha sempre rappresentato una questione secondaria per la comunità ebraica”, dice ancora la Cazes. “Ora che così tante persone stanno arrivando in Germania in cerca di asilo, vediamo tuttavia sorgere gli stessi problemi. E noi possiamo mettere in pratica alcune iniziative per assicurare un ‘atterraggio morbido’ alle persone che cercano rifugio in Germania”
David Schuster ha voluto ricordare che se il Comitato Ebraico non aveva le risorse per costruire campi profughi o fornire soccorso immediato agli immigrati, è comunque riuscito a stringere una una partnership con l’organizzazione umanitaria israeliana IsraelAID e contribuire all’apertura di una sua filiale in Germania. IsraAID ha fornito esperti provenienti da Israele (assistenti sociali, psicologi) e “usato le sue connessioni con altre organizzazioni assistenziali per fornire la sua esperienza in questo campo”, afferma soddisfatto Schuster, che ora fa parte del consiglio di amministrazione di IsraAID Germania.
“Uno dei vantaggi offerti dagli psicologi israeliani è che alcuni di loro sono di lingua araba”, aggiunge Schuster. “Quindi, oltre alle competenze in materia, c’è anche una sensibilità culturale nei confronti delle persone che ad esempio provengono dalla Siria”.
Per questa iniziativa, il Comitato per la tutela degli ebrei in Germania nel 2018 ha ricevuto il prestigioso Premio nazionale per l’integrazione dalle mani della stessa Angela Merkel.
Ha concluso Schuster: “La collaborazione con un’organizzazione israeliana e il coinvolgimento di specialisti di lingua araba è stata una svolta molto innovativa, nonché una misura immediata, per poter mettere in campo il massimo di sensibilità culturale necessaria nella crisi migratoria, cosa che la maggior parte delle organizzazioni tedesche prima non erano in grado di fare. Non avevano abbastanza traduttori, non avevano abbastanza esperti in grado di comunicare direttamente con i rifugiati nella loro madrelingua, ed è qui che anche l’idea di prendersi cura dei bisogni fondamentali delle persone, ma formare strutture per potenziarle nella vita di tutti i giorni, è stata percepita come un approccio innovativo “.
Aron Schuster non ignora la grande preoccupazione all’interno della comunità ebraica riguardo ai sentimenti provati dagli immigrati mediorientali nei confronti degli ebrei e di Israele: “Esiste ovviamente il timore di una recrudescenza dell’antisemitismo con l’arrivo di sempre più persone da paesi arabi”.
Il Comitato, però, gestisce un centro per la prevenzione dell’antisemitismo e altre discriminazioni: “Siamo consapevoli del problema, ma allo stesso tempo, l’esperienza ci dice che l’antisemitismo si trova in ogni parte della società civile e in ogni caso la paura di un suo ritorno non giustifica l’indifferenza di fronte a una crisi umanitaria“, chiude la questione Schuster. “Quindi, se siamo obbligati a vigiliate sempre sull’antisemitismo, ancora più siamo obbligati ad adempiere al nostro ruolo di organizzazione assistenziale”.