Gli eredi di Roald Dahl si scusano per l’antisemitismo dello scrittore

Gli eredi di Roald Dahl, celeberrimo scrittore per l’infanzia britannica deceduto nel 1990, hanno espresso rammarico per alcune affermazioni “antisemite” del loro illustre avo.

Le opinioni incriminate riguardano una intervista al New Statesman del 1983, nella quale Dahl aveva sostenuto che

“C’è un tratto, nel carattere degli ebrei, che provoca una certa animosità, forse si tratta di una certa mancanza di generosità verso i non-ebrei. Voglio dire, ci deve essere un motivo se questo atteggiamento anti-qualcosa emerge ovunque. Anche quella canaglia di Hitler non se la prese con loro senza un motivo”.

Nel 1990, in un’intervista con l’Independent, Dahl ha ricordato che la sua avversione contro Israele nacque in seguito all’invasione del Libano nel 1982:

“Hanno ucciso 22mila civili quando hanno bombardato Beirut. È stato tutto insabbiato dalla stampa perché i giornali sono quasi tutti di proprietà ebraica. Sono certamente anti-israeliano e sono diventato antisemita nello stesso modo in cui un ebreo in un altro paese, come l’Inghilterra, sostiene con tutte le sue forze il sionismo. Penso che dovrebbero vedere entrambe le parti. È la solita vecchia storia: sappiamo tutto sugli ebrei. Non ci sono editori non-ebrei, gli ebrei controllano i media (mossa molto furba), ecco perché il Presidente degli Stati Uniti deve fare tutti questi regali a Israele”.

Sempre nel 1990, apostrofò in tal guisa un giornalista del “Jewish Chronicle” che gli aveva telefonato: “So bene come trattare gli stronzi come voi: no comment!”.

Ora tuttavia sul sito ufficiale sono comparse le scuse:

“La famiglia Dahl e la compagnia Roald Dahl Story si scusano profondamente per il dolore provocato da certe dichiarazioni di Roald Dahl in passato. Talune affermazioni, dense di pregiudizio, ci suonano ancora inspiegabili e sono in netto contrasto con l’uomo che abbiamo conosciuto in vita e con i suoi valori. Le storie di Roald Dahl hanno avuto una influenza positivo sui giovani per generazioni. In ogni caso, quello che Dahl ha detto e scritto, nel bene e nel male, ci ricorda quanto importanti siano le parole nella vita”.

Alla stampa però tutto questo non basta: le scuse sono tardive e comunque dovrebbero apparire nella prima pagina del sito. Inoltre sono state fatte illazioni sugli intenti della famiglia: dato che la “fabbrica” di Dahl (di soldi, non di cioccolato) vale milioni di dollari e Netflix ha appena annunciato un nuovo riadattamento proprio della Fabbrica di cioccolato, si pensa che tale mossa sia soltanto pubblicitaria, un modo per ingraziarsi il pubblico d’oltreoceano più “sensibile” alla questione dell’antisemitismo.

Poco prima di morire lo scrittore aveva ricevuto la lettera di due bambine americane di San Francisco che faceva:

“Caro signor Dahl, noi amiamo i suoi libri. Ma c’è un problema: siamo ebree! Amiamo i suoi libri ma lei non ci vuole bene perché siamo ebree. Ciò ci offende. Potrebbe cambiare idea sugli ebrei? Cari saluti, Aliza e Tamar”.

La replica dello scrittore fu: “Io sono contro le ingiustizie, non gli ebrei”.

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