L’euro-deputato del Partido Popular (centro-destra) Esteban González Pons ha affermato al Parlamento Europeo che quasi cinquemila bot russi stanno in questi momento agendo in favore della disgregazione della Spagna, diffondendo informazioni false e manipolate attraverso internet (la notizia è riportata da “Directe“: La paranoia sobre la ingerència russa a Catalunya alimentada per la caverna arriba a l’Eurocambra, 17 gennaio 2018).
Il fatto che non sia stata prodotta alcuna prova a convalida delle gravissime affermazioni ha offerto il destro a un altro deputato, Javier Couso (Izquierda Unida), per condannare la “patetica ossessione della destra europea per una presunta ingerenza russa”.
Couso ha inoltre ricordato che il Ministro degli Esteri spagnolo a dicembre in quella stessa sede aveva denunciato l’influenza russa (e anche venezuelana) senza portare alcuna prova.
In effetti questo è un leit motiv della recente politica spagnola (nonché di quella europa più in generale): pochi mesi fa Mariano Rajoy, in un’intervista all'”Handelsblatt Global” (Rajoy defends his policies in Catalonia, 12 novembre 2017) aveva denunciato l’ingerenza russa (anzi, russo-venezuelana) in Catalogna collegandola allo stesso di propaganda a sostegno della Brexit e del “populismo di destra anti-europeista” (mettendoci poi di mezzo pure Assange, “che sostiene l’indipendentismo catalano per motivi incomprensibili”).
In seguito il premier spagnolo è dovuto tornare sui suoi passi, confermando la presenza su Twitter di imprecisati bot russi ma al contempo “scagionando” il Cremlino e ponendo il governo di Putin al di sopra di ogni sospetto, probabilmente a seguito delle accorate reprimende dell’ambasciatore.
Tuttavia la storiella continua a essere ripetuta come un mantra, anche se in generale i politici europei sembrano così codardi da trovare il coraggio di raccontarla solo quando Vladimir è distratto (ma se egli ha occhi e orecchie dappertutto, non è questo un modo paradossale per dimostrarne l’inconsistenza?).