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Gli incel ora sono una nuova “minoranza sessuale”?

Ora che la questione incel è esplosa a “sinistra”, crediamo sia venuto il momento di esclamare “missione compiuta”: era da mesi che tentavamo di accelerare l’inevitabile momento in cui i vergini brutti sarebbero diventati anch’essi una minoranza sessuale (questa sì davvero “compromettente”, perché a quanto pare alla sinistrorsa media i maschi inchiavabili disgustano più di pedofili e incestuosi).

L’articolo che ha ufficialmente “aperto il dibattito”, Incel contro il patriarcato (Not, 7 luglio 2020) è opera di un vergine ventiquattrenne (bruh) che si è rotto le balle di vedersi sempre passare davanti “filosofi femministi felicemente sposati” e “incensate figure maschili libertarie che non fanno che vantarsi delle proprie continue conquiste sessuali”. È finita: non nel senso in cui gli incel utilizzano l’espressione (perché in realtà non è mai cominciata), ma nel senso che finalmente è caduto l’ultimo baluardo in cui la rivoluzione si era nascosta, il libertinismo di massa. I “femministi” esclusi dal baccanale stanno diventando una tribù ingestibile e basterà solo una piccola spinta per farli passare tutti a Casa Pound.

Allo stato dell’arte l’Autore, per ovvi motivi ideologici, deve biasimare l’idea di base dell’inceldom da egli stesso riassunta in modo efficace: “Eliminare la competizione sessuale restaurando un sistema patriarcale che imponga relazioni monogamiche prestabilite dall’alto”. Ma che c’è di male? Se consideriamo il femminismo come strategia di accoppiamento elaborata dalle brutte, perché non dovrebbe essere lecito per i brutti fare altrettanto? Dalla loro peraltro c’è una grande verità storica e anche biologica, espressa da Mary Harrington (autrice femminista):

Per quanto possa essere allettante pensare che in Occidente i valori progressisti abbiano in qualche modo abolito le tendenze verso la competizione intrasessuale e intersessuale, l’evidenza suggerisce il contrario. Nonostante il rapporto tra i sessi in Occidente sia un normale 105:100, esso non porta tuttavia alla formazione di nuove famiglie. Gli studiosi avevano auspicato che, con l’aumento del livello di istruzione e il raggiungimento dell’indipendenza economica da parte delle donne, l’ipergamia sarebbe sparita e esse avrebbero accettato qualche “compromesso” nell’accoppiamento.
Dopotutto, una donna in carriera potrebbe in teoria avere una vita più facile sposando un imbianchino dagli orari flessibili, in grado di occuparsi dei figli. Ma centinaia di migliaia di anni a dare priorità ai compagni con risorse e status hanno lasciato una eredità, e sembra che molte donne preferiscano ancora cercare il “miglior” partner potenziale. Un recente studio americano ha dimostrato che anche laddove le donne sono più istruite dei loro partner, esse mostrano comunque una preferenza per gli uomini che guadagnano più di loro. Insomma, le donne in carriera snobbano l’imbianchino e vanno alla ricerca di un marito con il loro stesso tenore economico o superiore.
Ad aggravare il problema, le norme sociali a protezione della monogamia si sono allentate a partire dagli anni ’60, ma ciò non ha reso le donne meno esigenti nei confronti dei loro partner. Il numero di americani sotto i 30 anni che non hanno mai fatto sesso è triplicato tra il 2008 e il 2018, ma non è aumentato altrettanto rapidamente tra le donne. L’unica spiegazione plausibile è che le donne continuano a fare sesso, ma sono in competizione per un gruppo più ristretto di uomini “desiderabili” e snobbano tutti gli altri.

In due parole, il patriarcato dal punto di vista sessuale era molto più egualitario del “matriarcato”, ma questo dato di fatto non verrà mai metabolizzato da chi riesce sempre a fuggire dalle aporie con la toppa del “maschio bianco privilegiato”.

Inoltre, nel pezzo si accenna alle “numerose stragi di massa” compiute dai brutti: in verità il famigerato “terrorismo incel” nemmeno esiste, a meno che non si voglia adottare la stessa forma mentis della stampa di destra quando parla di “bastardi islamici” (ma voi non siete così, vero?)

Detto questo, è prevedibile che a sinistra il tutto finirà un bagno di sangue, naturalmente in senso metaforico visto l’alto tasso di soia tra i contendenti (come del resto si evince dai dibattiti su Facebook): tra i maschi che si dichiarano “femministi” esiste in effetti un’altissima percentuale di predatori sessuali in incognito, per lo stesso motivo per cui un pedofilo decide di fare l’allenatore, il pediatra o il prete. A detta delle femministe stesse, i “femministi” sono quelli che si fanno spompinare e poi biasimano le donne per essersi “degradate”. Si tratta tutto sommato di un rituale di accoppiamento come un altro, ma il moltiplicarsi delle supercazzole genera vere e proprie psicosi tra i suoi praticanti.

Non possiamo “chiedere” alle donne di non essere tali: possiamo imporglielo attraverso una elaborata forma di monoteismo poi impetrata in diritto (dopo Casa Pound per gli incel resta solo la sharia) ma non possiamo “convincerle” che dovrebbero darla a uno che non piace loro in nome della parità di genere o del rispetto delle minoranze, nella stessa misura in cui, per dirne una, non si possono obbligare gli incel a contendersi i trans più belli (che è poi quello che accade regolarmente sulle app di appuntamenti). Per questo alla fine il tutto si riduce a uno scontro tra patriarcato e matriarcato: ma, come sostiene Janusz Korwin-Mikke, le donne sono mediamente più stupide e deboli dei maschi, dunque alla fine vinceremo sempre noi (capisco però che morire vergini sulla breve distanza non sia una grande prospettiva esistenziale).

Al di là delle battute, si tratta però sempre di una questione di ipergamia: le donne –anche le femministe– dal punto di vista riproduttivo sono molto più selettive degli uomini per motivi biologici ed evolutivi (siamo una specie neotenica e caratterizzata da alto dimorfismo sessuale, le nostre femmine devono portare la prole per nove mesi e accudirla a lungo dopo la nascita rispetto alle altre). Questo naturalmente non esclude che il “desiderio” sia un problema per tutt* (lel). Non è un caso che in coda al dibattito sia apparsa la testimonianza di una femminista (honestly I’d still hit if I could, come canta il bardo incel) che giustamente lamenta il fatto che anche una donna soffre quando viene rifiutata da Gigachad (ricevendo quasi 600 like in un giorno, non venitemi a dire che come mating strategy non funziona):

“Anche le donne si sentono rifiutate, anche le donne soffrono amaramente per i rifiuti, anche le donne, a volte, hanno una vita sessuale meno attiva di quella che vorrebbero e anche le donne si sentono frustrate, insicure, deformi, non belle, brutte, non desiderabili, repellenti.
[…] Visto che il dibattito continua ad essere bloccato nel dualismo tra “compagno femminista figo che quindi è sposato/ha le tipe” e “compagno femminista che non ha le tipe perché non si sente abbastanza figo”, ho un’altra notizia: ci sono (tanti) uomini che si occupano di femminismo, che lo studiano, ne scrivono e cercano di praticarlo e che NON sono etero (!!!). È incredibile che in questo dibattito sulla maschilità e il femminismo si riesca ad ignorare il contributo di chi, semplicemente, non vive un desiderio maschile incentrato sulla donna.
[…] Il desiderio ce lo abbiamo tuttx (sic), donne, uomini gay, lesbiche eccetera. Eppure, solo gli uomini cis etero diventano incel. C’è una differenza nel desiderio? No. C’è una differenza nel fatto che solo gli uomini cis etero crescono naturalizzando l’idea che il proprio desiderio sia un diritto. E questo, amici miei, si chiama esattamente privilegio.”

Si parte dal presupposto che il “maschio bianco etero cis” goda in automatico del privilegio e perciò non abbia nemmeno il diritto a esprimersi, quando invece gli unici che vogliono “trasformare il proprio desiderio in un diritto” sono proprio femministe, lesbiche, gay e trans, facendo terrorismo psicologico attraverso misoginia, omofobia e transfobia. Non è anche questo un modo di plasmare le leggi dell’attrazione sulla propria ideologia?

Come se non bastasse, notiamo che, nonostante la femminista di cui sopra sostenga che “solo gli uomini cis etero diventano incel”, in verità la stessa formula, seppur ispirata da una espressione in voga nella lingua inglese da qualche secolo (involuntary celibate), è stata “ufficialmente” coniata da una studentessa canadese bisessuale, che nel 1993 creò il sito Alana’s Involuntary Celibacy Project per “le persone di ogni genere che sono sole, non hanno mai fatto sesso o non hanno una relazione da lungo tempo”, con l’intento di formare una inclusive community. Anche questo dettaglio la dice lunga: gli “uomini cis etero” esprimerebbero il loro “privilegio”, identificandosi in una categoria inventata da una lesbica (per giunta canadese). Come a dire che la pretesa di un “diritto al sesso” è talmente pronunciata nelle minoranze sessuali “politicamente corrette” da aver influenzato sin dal principio, e addirittura modellato, le rivendicazioni maschili.

Per concludere, tutti vorrebbero ipergamare, tutti vorrebbero accoppiarsi con un/una più bello/a di loro (basta asterischi, siete ridicol*): come già detto, gli incel hanno dalla loro il fatto che il desiderio nei maschi è così forte da consentire di sorvolare su alcuni difetti (non tutti!) e ipogamare quel minimo indispensabile dal punto di vista estetico. Al contrario, le donne non ipogamano mai, o se lo fanno comunque ci deve esser sempre stata una qualche “compensazione” alle carenze estetiche in termini economici, di status, o di quella che loro chiamano “personalità” (da Ted Bundy a scendere).

Dunque gli incel hanno sempre ragione, e il motivo per cui la questione sta passando senza essere ridotta a complottismo e terrapiattismo è che va dritta al cuore della fantapolitica sessuale posta in essere dalla sinistra negli ultimi decenni: a un certo punto i ventiquattrenni vergini si accorgono che a chiunque viene consentito il “diritto al sesso” (tra poco persino a pedofili, necrofili e zoofili) tranne che a loro. Come si fa ancora a sostenere che il “maschio bianco etero cis” sia l’unico privilegiato dal punto di vista sessuale quando non può nemmeno bisbigliare “oh qui non si scopa mai” senza essere lapidato da ogni nicchia rosa fucsia o arcobaleno? Moltiplicate pure i tabù, la censura, le sfilate: non siamo più negli anni ’70. I tempi sono cambiati, è venuto il momento di accelerare. Julaybib avrà la sua sposa, in un modo o nell’altro.

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